La bilancia della giustizia

In questo numero torniamo a parlare di una costellazione Zodiacale, anche se non sicuramente tra le più visibili e affascinanti.

La Bilancia si estende in una zona celeste tutta compresa nell’emisfero australe, tra la Vergine ad occidente, e Ofiuco a oriente, ma per individuarla è meglio riferirsi a due stelle di prima grandezza e cioè Spica, la stella principale della Vergine a nord-ovest, e Antares, l’astro più luminoso della costellazione dello Scorpione che si trova a sud-est.

L’origine di questa costellazione è abbastanza complicata. È certo infatti che anticamente la Bilancia non esisteva come costellazione, dato che le due stelle più luminose costituivano le estremità delle “chele” dello Scorpione. In altre parole la costellazione dello Scorpione era molto più estesa, come del resto anche quella vicina del Leone. Tuttavia pare però che già dal terzo secolo a.C. si parlasse della Bilancia, anche se Chelae venne considerato il vero nome ancora ai tempi di Ipparco e di Tolomeo. Tutto ciò pare testimoniato dai nomi, di origine araba, delle due stelle principali: Zube-el-Genubi (“la chela australe”) conosciuta anche come Kiffa Australis (“il piatto australe della bilancia”) e Zuben-Eschamali (“la chela boreale”) detta anche Kiffa Borealis.

Per i Sumeri, invece, tale costellazioni ha una storia slegata dal vicino Scorpione. Infatti tale popolo conosceva queste stelle col nome di “Bilancia nel cielo”.

Anche i Romani distinsero nettamente questa costellazione dalle altre e, benché ai tempi fosse l’unico gruppo stellare identificato con un oggetto inanimato, le attribuirono una grande importanza. In particolar modo essi affermavano che Roma era stata fondata mentre la Luna si trovava entro i confini di questo gruppo di stelle. Va sottolineato che tale costellazione non venne posta casualmente nella zona di cielo in cui si trova: due millenni fa, infatti, vi transitava il Sole nel giorno dell’equinozio di Settembre e i due piatti della Bilancia, in perfetto equilibrio fra loro, simboleggiavano anche l’eguale lunghezza del giorno e della notte.

Gli astronomi romani suggerirono anche che i piatti della bilancia fossero quelli della legge, così importante nell’emancipazione degli uomini dalle tenebre della barbarie da essere mitologicamente collegata a varie divinità della luce, oltre che a Zeus stesso. Espressamente la legge aveva un suo riscontro sacro nella dea Astrea (Dike per i Greci), la Giustizia, una delle Ore. Durante l’Età dell’Oro, quando regnava il dio Saturno (Crono), la Giustizia viveva in mezzo agli uomini. In quel periodo la primavera era eterna, i frutti e le messi crescevano spontaneamente senza che fosse necessario il lavoro dei campi, e gli uomini vivevano in una specie di paradiso terrestre. Poi a Saturno successe il figlio Giove e incominciò l’Era dell’Argento. La primavera si accorciò e prese avvio il ciclo delle stagioni. Gli esseri umani smisero di vivere beatamente e in armonia, sperimentando il selvaggio piacere della guerra. Astrea fu molto addolorata del cambiamento e annunziò agli esseri umani la sua volontà di ritirarsi fra le montagne, dove volò spiegando le sue grandi ali e voltò le spalle all’umanità da cui si sentiva tradita. Prima di andarsene fece però una terribile profezia, affermando che la barbarie dell’Età dell’Argento era solamente l’inizio di un lungo e fosco futuro per il genere umano. La profezia, purtroppo, si avverò: giunsero infatti le Età del Bronzo e del Ferro, durante le quali non c’era più limite ai misfatti umani. La dea della Giustizia allora dispiegò nuovamente le sue ali per trasferirsi, questa volta, fra le stelle, da dove guardava, notte dopo notte e con crescente tristezza, le miserie dell’umanità su questa Terra.

Cieli sereni a tutti!

 

NOS Magazine numero 4 del 2004

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