Nuova misura per la costante di Hubble

In astronomia e cosmologia, la Legge di Hubble afferma che esiste una relazione lineare tra il redshift (termine anglo-sassone per designare lo “spostamento verso il rosso”) della luce emessa dalle galassie e la loro distanza: tanto maggiore è la distanza della galassia e tanto maggiore sarà il suo redshift.

La legge fu scoperta dall'astronomo Edwin Hubble nel 1929 e confermata con migliori dati nel 1931 in un articolo congiunto con Milton Humason. Confrontando le distanze delle galassie più vicine con la loro velocità rispetto a noi, Hubble trovò una relazione lineare fra velocità e distanza (ottenendo H0 = circa 500 km/s per Mpc, un valore 7 volte maggiore del valore attualmente accettato).

All'epoca del suo annuncio questo risultato era in realtà piuttosto dubbio: Hubble aveva sottostimato gravemente gli errori di misura, al punto che se oggi si ripetesse la sua analisi sul medesimo campione di oggetti, usando però i dati più aggiornati per le loro distanze e velocità di recessione, non si otterrebbe un risultato statisticamente significativo, poiché le galassie considerate sono troppo vicine a noi. Questa incertezza si manifesta nel fatto che il valore oggi comunemente accettato per H0 è quasi 10 volte inferiore a quello inizialmente stimato da Hubble stesso. Ciononostante, il fatto che fra distanza e velocità di recessione esista una relazione lineare è stato ripetutamente confermato da tutte le osservazioni successive.

Il telescopio spaziale, anch'esso intitolato allo scienziato, ha permesso ora di stimare il valore della costante in 74,2 chilometri al secondo per megaparsec, con un margine di errore di ± 3,6 chilometri al secondo per megaparsec. Il risultato è in accordo con la misura precedente (72 ± 8 km/sec/megaparsec) ma è ora due volte più accurata.

Le misurazioni del telescopio Hubble, condotte dal gruppo SHOES (Supernova Ho for the Equation of State of Dark Energy) coordinato da Adam Riess, dello Space Telescope Science Institute e della Johns Hopkins University, hanno consentito di perfezionare la scala delle distanze cosmiche che gli astronomi utilizzano per determinare la velocità di espansione dell'universo.

Le osservazioni si sono concentrate sulle stelle giganti pulsanti note come variabili Cefeidi nella galassia NGC 4258 e sulle galassie che hanno ospitato recenti supernove: l'uso del solo Hubble ha permesso di eliminare gli errori sistematici che sono talvolta inevitabili se si utilizzano differenti telescopi.

Lucas Macri, docente di fisica e di astronomia della Texas A&M University e coautore dello studio, ha spiegato che “le Cefeidi sono un elemento fondamentale della scala delle distanze cosmiche poiché il loro periodo di pulsazione è direttamente correlato alla loro luminosità, e da quest'ultima è possibile risalire facilmente alla loro distanza e quindi a quella galassia in cui sono comprese; inoltre nel vicino infrarosso, in cui sono state effettuate le nostre osservazioni, le Cefeidi rappresentano indicatori di distanza ancora più precisi rispetto alle lunghezze d'onda ottiche.

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