Progetto Mandrone

Ormai è passato un po’ di tempo dall’uscita della rubrica. L’estate ormai è passata ed io sono finalmente tornato alla vita di sempre, lasciando alle spalle i viaggi e i magnifici cieli africani (magari in un prossimo numero vi racconterò). Come potete vedere la rubrica ha subito un cambiamento. Si cercherà di parlare di attività astronomiche che hanno a che fare con le nostre valli.

Vorrei parlarvi di una bella iniziativa che si è svolta dal 3 al 5 settembre a ridosso del magnifico ghiacciaio dell’Adamello. L’Istituto di Istruzione “Russell” di Cles ha organizzato per quei giorni un “campo alpino” presso il rifugio Mandrone. Gli studenti partecipanti sono stati un gruppo di volontari tra tutti i membri delle classi quinte.  L’attività è stata alquanto intensa. Accompagnati dai professori Claudio Chini e Tiziano Camagna, la mattina è stata dedicata al raggiungimento a piedi del rifugio. Questo si trova nel Parco Naturale Adamello Brenta ed è uno dei punti di partenza delle classiche scalate al Monte Mandrone, alle Lobbie ed all'Adamello.

Il sentiero attraversa alcune strette cenge poco esposte. Alle spalle si ha la vista del ghiacciaio delle Presanella mentre a sinistra si comincia ad intravedere la parte finale della vedretta del Mandrone. A mezzacosta si giunge al vecchio Rifugio Mandrone, base austriaca durante la Grande Guerra, ora rinominato "Centro Studi Adamello Julius Payer" ed adibito ad osservatorio glaciologico. All'interno si trova un modellino plastico della zona e tante tavole glaciologiche informative ed illustrate. Circa a quota 2400 m, alla sinistra, si intravedono i resti di un cimitero di guerra, testimonianza dei drammatici combattimenti della Prima Guerra Mondiale fra Italiani ed Austriaci. Le lapidi sono semplici lastre di roccia, quasi tutte anonime, erette e scolpite dai sopravvissuti in onore e memoria dei commilitoni deceduti.  In leggera salita si giunge al nuovo Rifugio Mandrone "Città di Trento" (2449 m), punto di riferimento per le ascensioni dei giorni seguenti.

Lo spettacolo che si è aperto davanti ai nostri occhi al momento dell’arrivo al rifugio è stato incredibile: si gode di uno splendido panorama sulle Lobbie (3196 m), sul Monte Mandrone (3281 m) e sulla cascata che nasce dalla vedretta soprastante e che si riversa in un lago di recente formazione mentre altri laghetti circondano il rifugio.

Il pomeriggio è dedicato alla visita della zona circostante, con i suoi laghi e le sue cascate, precedute da una interessante spiegazione geologica presso il “Payer”.

La prima sera è stata abbastanza avara di emozioni per le nostre speranze di osservare il cielo da quote così elevate in un contesto così orfano di luci della città. Sfortunatamente il tempo è stato alquanto brutto. Si è deciso di procedere ad una lezione teorica di astronomia all’interno della sala da pranzo del rifugio. I ragazzi hanno montato il telescopio per familiarizzare con questo strumento. I molti ospiti sono stati ovviamente sorpresi nell’osservare una quarantina di ragazzi che hanno assistono ad una lezione di astronomia in un contesto così poco affine con la classica lezione scolastica.

Il giorno successivo è stato dedicato alla visita del rifugio “Ai Caduti dell’Adamello”. Questo si trova a 3040 tra il ghiacciaio della Lobbia e del Mandrone. Per raggiungerlo non ci sono bastati i nostri scarponi, ma un’attrezzatura d’alta montagna. Infatti abbiamo dovuto attraversare un ghiacciaio. Le nostre guide, sopraggiunte la sera prima, Lorenzo Iachelini e Italo Menapace hanno portato con loro tutto il necessario. Abbiamo indossato l’imbrago, i ramponi, legati in due cordate e…  …via. L’ascesa al rifugio è stata piacevole. Abbiamo superato ponti di ghiaccio, crepacci, ma ne è valsa la pena.  Camminare sul ghiacciaio è un’esperienza affascinante per i ragazzi che solo in alcuni casi hanno potuto cimentarsi in un’esperienza simile. Anche il ritorno ha trasmesso le stesse magnifiche sensazioni.

Anche la sera ha regalato emozioni. La serata, questa volta, è stata abbastanza limpida. La temperatura è stata proibitiva, ma nonostante ciò abbiamo affrontato i rigori di una notte non proprio di fine estate. Dietro il rifugio abbiamo montato il telescopio. Immaginate di poter toccare le stelle, vederle come delle fiammelle nel nero cielo. Allungando la mano vi sembrerà di poterle toccare. Lì, sopra la testa, scorgere una scia lattiginosa, la Via Lattea,  che vi dà solo l’idea dell’immensità di corpi celesti che popolano la nostra Galassia. E quasi sull’orizzonte brillare come un faro un oggetto, un pianeta, Giove. Questo spettacolo è ciò che è stato possibile osservare da un luogo così lontano dall’inquinamento luminoso. La serata, coi più temerari, si è prolungata all’osservazione delle costellazioni, ascoltando la storia e la mitologia associata a questi asterismi. La spiegazione astronomica è poi proseguita all’interno. Il freddo pungente non ha permesso di poter osservare ancora più a lungo.

L’ultimo giorno è stato dedicato ad una attività inusuale per i ragazzi. È stata raggiunta cima Payer (3056 m) utilizzando come via d’accesso l’agevole, non per tutti, ferrata. Il tempo non è stato certamente clemente in quanto abbiamo potuto apprezzare la prima nevicata di settembre, anche se non molto abbondante e composta da pallidi fiocchi.

La giornata si è conclusa con un’indimenticabile pranzo presso il rifugio e con la discesa a valle, accompagnati da un caldo Sole. Quanto può essere bizzarro a volte il tempo!

A volte per fare astronomia può essere sufficiente una notte serena, a volte ci basta poter osservare per qualche minuto quei puntini luminosi e immaginare scenari fantascientifici. Tuttavia quando le condizioni climatiche lo permettono e quando la mano dell’uomo non pone impedimenti rischiarando le nostre notti a giorno, allora sì, in quei momenti si può avere una percezione e un’incommensurabile gioia e soddisfazione nell’osservare il cielo.

Cieli sereni a tutti!

 

NOS Magazine numero 9 del 2007

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