Un astuto cocchiere

In questo numero ci occupiamo di una costellazione che inizia a fare capolino nei mesi autunnali per poi manifestare tutta la sua bellezza in quelli invernali. Stiamo parlando della costellazione dell’Auriga chiamata anche del Cocchiere.

Trovare questo gruppo di stelle è alquanto facile: la sua parte sud-occidentale giace sulla Via Lattea e si colloca ad ovest di Andromeda e a nord del Toro e dei Gemelli. Inoltre si individua facilmente per due caratteristiche: la prima è data dalla presenza di Capella (la capretta), la stella principale della costellazione che è la sesta stella più luminosa del cielo; la seconda è la configurazione a pentagono.

Secondo un’antica tradizione, Capella sarebbe Amaltea, la ninfa che si prese cura di Giove quando questi era bambino e viveva presso i pastori del monte Ida. Era stata la madre, Gea, a nasconderlo lì per farlo sfuggire alla voracità del padre, Saturno, che divorava i propri figli appena nati. Amaltea fece nutrire Giove da una capretta e il Dio volle poi ricompensarla ponendola in cielo tra gli astri. Un’altra versione attribuisce il nome Amaltea all’animale che alimentò direttamente con il proprio latte il futuro sovrano degli dei.

Tra gli oggetti non stellari si trovano tre ammassi aperti. M38 fu scoperto nel 1749 da Le Gentil e con un binocolo è possibile vedere un centinaio di stelle. M36, invece, non presenta un numero elevato di astri. Con piccoli strumenti è possibile identificare unicamente una decina di componenti, ma estremamente brillanti e dunque di origine recente. Infine, ancora più luminoso è M37 scoperto da Messier nel 1864 che presenta circa 150 stelle al suo interno. Si ritiene che quest’ultimo sia il più vecchio tra i tre ammassi aperti citati.

Una leggenda greca vedeva nella costellazione dell’Auriga Mirtilo, il cocchiere di Enomao, re di Pisa in Elide e figlio di Ares. Enomao, noto per la sua passione per i cavalli, era molto possessivo nei confronti della figlia Ippodamia e non voleva che si sposasse. Un giorno, però, indisse una gara di carri trainati da cavalli nella quale ogni pretendente avrebbe gareggiato contro di lui. Se lo sfidante avesse vinto, gli sarebbe toccata la mano della figlia, ma, se fosse stato sconfitto, avrebbe perso la vita. Il re di Pisa era sicuro della vittoria, perché i cavalli che avrebbe guidato gli erano stati donati dal padre Ares e pertanto erano imbattibili. Quando venne il turno di Pelope, figlio di Ermes, gli dei decisero di intervenire per evitargli il tragico destino. Posidone procurò a Pelope una biga dorata trainata da destrieri alati. Per essere certo di prevalere su Enomao, il pretendente, con la complicità della stessa Ippodamia, si accordò con Mirtilo, il cocchiere reale. Questi manomise la biga del re. Il premio del tradimento sarebbe stato la cessione a Mirtilo di metà del suo regno, nonché il privilegio della prima notte di nozze con Ippodamia. Nel momento cruciale della contesa, le ruote del carro di Enomao volarono via e il re morì. Prima di spirare lanciò tuttavia una maledizione contro l’astuto cocchiere. Infatti, quella stessa sera Pelope uccise con un terribile calcio Mirtilo. Ermes, che apprezzava i trucchi astuti e che comunque era grato al povero cocchiere perché aveva collaborato alla buona sorte del figlio, onorò Mirtilo portandolo in cielo fra le stelle.

Anche nell’antica Mesopotamia questo gruppo di stelle era rappresentato come un cocchiere nell’atto di serrare nella destra le redini dei suoi destrieri e con la sinistra una capretta, appoggiata sul braccio. Gli Arabi conoscevano la costellazione come il guardiano delle Pleiadi o la tenda settentrionale (quella meridionale corrispondeva alla costellazione del Corvo). In un antico globo rinvenuto in Turchia in questa zona di cielo compare invece un mulo. Per gli Egizi rappresentava, invece, Horus, figlio di Iside e di Osiride, il primo mitico sovrano dell’Egitto da cui discesero tutti i faraoni.

Cieli sereni a tutti!

 

NOS Magazine numero 8 del 2005

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