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Su Bennu ci sono carbonio e acqua

L’asteroide Bennu, i cui composti sono vecchi circa 4.5 miliardi di anni, è arrivato sulla Terra. Lo vedete nell’immagine: i suoi frammenti sono quei sassolini scuri sulla destra. Li ha raccolti la missione della Nasa Osiris-Rex il 20 ottobre 2020 a più di 331 milioni di chilometri dalla Terra, e li ha consegnati a noi dopo un viaggio circa tre anni. E (quelli che vedete) sono solo una piccola parte del bottino, che si trova invece all’interno della capsula di raccolta, che verrà aperta nelle prossime settimane. Le prime analisi dicono che questi frammenti di asteroide contengono un’elevata percentuale di carbonio e acqua.

«Bennu è un asteroide primitivo, e il fatto che sia ricco di composti del carbonio era in qualche modo atteso. Sono stati trovati anche minerali che contengono idrogeno e ossigeno, e questo è un aspetto degno di nota», dice a Media Inaf Maurizio Pajola, ricercatore all’Inaf di Padova e fra i primi italiani – assieme a Filippo Tusberti – che studierà i campioni di Bennu nelle prossime settimane. «Questi sono solo risultati preliminari, ma il potenziale di Osiris-Rex è davvero impressionante, se consideriamo quanto materiale ha raccolto e soprattutto se pensiamo all’enorme successo che hanno avuto le missioni giapponesi Hayabusa 1 e 2, raccogliendo rispettivamente pochi microgrammi e poco più di 5 grammi di materiale asteroidale. Un’altra cosa da sottolineare, poi, è la rapidità con la quale la Nasa ha effettuato queste prime analisi: siamo tutti impazienti di scoprire il resto».

Torniamo all’immagine: quella che vedete qui è la prima foto pubblicata dagli scienziati del Johnson Space Center della Nasa a Houston che mostra il materiale dell’asteroide dopo il suo arrivo a Terra lo scorso 24 settembre. Il campione di Osiris-Rex è il più grande campione di asteroide ricco di carbonio mai consegnato sulla Terra, e ha superato di gran lunga l’obiettivo minimo della raccolta di 60 grammi di materiale asteroidale. Ci si aspettano infatti fra i 150 e i 250 grammi di raccolta. Al Johnson Space Center, gli esperti stanno lavorando in stanze pulite appositamente costruite per la missione, e quando hanno aperto la prima volta la copertura del contenitore scientifico, hanno scoperto che c’era del materiale bonus dell’asteroide che copriva l’esterno della testa del campionatore (il Tagsam, quello che vedete in figura), la copertura del contenitore e la base. Sono quindi partiti proprio da questo per fare un’analisi preliminare sull’asteroide: l’hanno osservato con un microscopio elettronico a scansione, raccogliendo immagini infrarosse, di diffrazione dei raggi X e facendone una prima analisi chimica. Hanno anche utilizzato la tomografia computerizzata a raggi X per produrre il modello computerizzato 3D di una delle particelle, che ne ha evidenziato l’eterogeneità interna. Hanno trovato, dicevamo, materiale ricco di carbonio e molti minerali argillosi contenenti acqua.

«I risultati riguardano solo il materiale trovato all’esterno della capsula di raccolta Tagsam. Dalle prime analisi sui grani già vediamo che questi hanno forme e albedo differenti. A breve, e siamo tutti emozionatissimi, verrà aperta la ghiera che nasconde il materiale all’interno e che non lascia intravedere nulla, al momento. Non abbiamo idea di quale sia la massa totale, esattamente. E poi, il prossimo passo toccherà a noi, qui a Padova».

Pajola e Tusberti avranno infatti il compito di cominciare lo studio della cosiddetta size frequency distribution, che prevede di catalogare i frammenti in base alle loro dimensioni. Il materiale raccolto verrà disposto su appositi vassoi in modo che non ci siano strati sovrapposti, raggruppamenti né polvere, e si comincerà a contare i sassolini più grandi. Quest’analisi darà molte informazioni sia sul luogo del campionamento, e quindi sugli eventuali effetti di selezione del campionamento stesso, sia sui possibili effetti meccanici dell’ingresso in atmosfera, che potrebbe aver distrutto alcuni frammenti riducendoli in pezzi più piccoli. Nel corso dei prossimi due anni, il team scientifico della missione continuerà a caratterizzare i campioni, distribuendoli anche in altri istituti nel mondo.

«Sul rientro dei campioni in Italia, i tempi e i modi non sono ancora stati stabiliti. Verranno fatte delle call internazionali, un po’ come quando si richiede tempo al telescopio, ma sono sicuro che avremo dei campioni all’Inaf di Arcetri, a Firenze, dove abbiamo dei laboratori adeguati all’analisi. Qui a Padova, invece, facciamo esclusivamente l’analisi delle immagini perché non abbiamo i laboratori per accogliere e analizzare i campioni», dice Pajola. «Ci tengo poi a dire che il 70 per cento dei campioni non verrà toccato dalle analisi, ma rimarrà ai futuri ricercatori. Non abbiamo idea di quali tecniche riusciremo a sviluppare nei prossimi cinquanta o cent’anni; quindi, è giusto preservare parte del campione. Siamo comunque tutti eccitatissimi».

 

Fonte: Media INAF

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