Mario si è laureato in Fisica con specializzazione di Astrofisica e Fisica dello Spazio il 15 luglio 2003 presso l'Università di Padova. La tesi è stata compiuta presso l'istituto ISAC del CNR (Centro Nazionale delle Ricerche) di Bologna. Il lavoro è durato circa una decina di mesi. Dato il lungo tempo la tesi non poteva non avere carattere sperimentale.
Analisi di sciami meteorici di origine cometaria attraverso tecniche e visuali
Sin dagli albori della civiltà umana, i fenomeni celesti sono sempre stati oggetto di osservazione, di studio e a volte di culto. Da sempre si è cercato di dare risposte ai quesiti posti dall’alternarsi del giorno e della notte, di spiegare l’esistenza del cielo stellato, dei pianeti e dei loro spostamenti o delle fasi lunari, anche perché certi eventi astronomici, come l’alba e il tramonto o il ciclo delle stagioni, influenzano profondamente le attività umane. Questo interesse è documentato da testimonianze di varia natura fin dal III millennio a.C. in moltissime civiltà. Allo stesso modo, eventi straordinari come le eclissi, l’apparizione di comete o le meteore avranno di certo attratto l’attenzione degli antichi osservatori. Tuttavia, mentre sulle eclissi e sulle comete esistono una bibliografia e soprattutto una iconografia abbondanti, l’attenzione nei confronti delle meteore prima degli ultimi due secoli è documentata in maniera molto frammentaria. Tali oggetti rivestono un’importanza estremamente elevata e il loro studio è strettamente correlato con la nostra stessa esistenza. Le meteore sono solo la manifestazione visiva di una categoria di oggetti estremamente vasta: i meteoroidi. Attualmente, la conoscenza delle caratteristiche e della dinamica della materia interplanetaria è utile per evitare il rischio di impatti potenzialmente dannosi soprattutto contro i satelliti e la Stazione Spaziale Internazionale. Tuttavia, non va dimenticato che col termine meteoroidi si identificano anche oggetti dalle dimensioni di qualche decina di metri che possono produrre pericolose esplosioni atmosferiche (airbust), nonostante l’atmosfera presenti un adeguato scudo protettivo. Le finalità del presente lavoro sono rivolte principalmente alla definizione delle caratteristiche principali di alcuni sciami meteorici attraverso l’utilizzo di un radar meteorico bistatico (radar BLM) e l’osservazione visuale del medesimo fenomeno. Il primo capitolo è una sorta di introduzione in cui vengono evidenziate le diverse tipologie di oggetti che comunemente vengono raggruppate sotto il nome di corpi interplanetari. In particolare, viene sottolineato il ruolo che i corpi interplanetari hanno avuto nella storia, prima del Sistema Solare e poi del nostro pianeta, evidenziando soprattutto la quantità di tali oggetti che colpisce la Terra in periodi più o meno lunghi. Ogni tipologia di questi corpi necessita di un differente metodo di indagine. Infine, questi oggetti non hanno tutti una medesima origine, che può essere cometaria, asteroidale o interstellare, e una stessa evoluzione. Nel secondo capitolo viene presentata una panoramica generale sugli sciami meteorici di origine cometaria. In primo luogo viene visto il meccanismo di nascita dei corpi progenitori, le comete appunto. Successivamente vi è l’analisi del fenomeno dell’eiezione dei meteoroidi da questi oggetti e la loro evoluzione come corpi indipendenti del Sistema Solare. Il fenomeno dell’espulsione è molto importante e, in base alle forze in gioco sul meteoroide, determina l’orbita iniziale di tali oggetti. Quando la Terra nel suo moto di rivoluzione interseca queste orbite si parla di sciame meteorico. Il terzo capitolo invece tratta il fenomeno meteorico partendo da considerazioni sulla struttura atmosferica. I meteoroidi entrando nell’atmosfera interagiscono con questa dando origine ad una scia di plasma e a quel complesso di fenomeni luminosi e, a volte acustici, a cui si da il nome di meteore. Oltre a sottolineare il meccanismo attraverso il quale tale fenomeno trae origine, viene evidenziato anche quello con il quale la scia di plasma viene dissipata. Questi, visti insieme, si traducono anche in una diversa morfologia che gli echi radar, prodotti dalla meteora, presentano: echi ipodensi e iperdensi. Nel quarto capitolo viene innanzitutto considerata la regione dello spettro elettromagnetico analizzata dal radar: le onde radio e in particolare la banda VHF. I radar attraverso cui si osservano gli sciami meteorici possono essere di due tipi: a back-scatter e a forward-scatter. È a questa seconda tipologia che appartiene lo strumento utilizzato per questa indagine, il radar BLM, che ha la stazione trasmittente a Budrio, nei pressi di Bologna, e quelle riceventi a Lecce e Modra, in Slovacchia. I due sistemi riceventi non sono perfettamente identici e per tale ragione è opportuno conoscere le caratteristiche dei radar in generale e quelle specifiche degli strumenti adottati, prima fra tutte la sensibilità. Il quinto capitolo mostra la fisica che sta alla base del funzionamento di un radar meteorico introducendo l’equazione radar. Il parametro che gioca un ruolo fondamentale per la risoluzione di tale formula è la densità elettronica lineare che, tra le altre cose, determina la distinzione tra echi ipodensi e iperdensi. Nel sesto capitolo viene affrontata la questione dell’analisi dei dati. Quelli ricavati dal sistema radar subiscono una prima selezione attraverso un processo di preelaborazione durante la loro fase di acquisizione. Nonostante ciò essi devono subire ulteriori riduzioni e correzioni, come la sottrazione del background, il recupero del dead-time e la correzione per gli effetti chimici. I dati così ottenuti servono per ricavare il profilo di attività dello sciame e il suo indice di massa. I dati visuali, invece, sono stati reperiti dall’archivio dell’International Meteor Organization e, dopo una opportuna scrematura, sono stati utilizzati per ricavare il tasso orario zenitale o ZHR e l’indice di popolazione che è direttamente collegabile con quello di massa. Il settimo capitolo è dedicato allo studio dello sciame delle Liridi, attivo nella terza decade del mese di aprile. Innanzitutto viene descritta la storia di tale sciame, dalle prime osservazioni ai giorni nostri. In seguito viene presentata una panoramica sul suo corpo progenitore: la cometa C/Thatcher G1, che ha fatto la sua ultima e unica apparizione documentata nel 1861. Infine vi è l’analisi vera e propria dei dati acquisiti dall’anno 1996 al 2001 per verificare le ipotesi che nel corso degli anni hanno riguardato questo sciame. Nell’ottavo capitolo è protagonista lo sciame meteorico delle Eta-Acquaridi, che presenta il suo massimo di attività nella prima decade di maggio, subito seguente a quello delle Liridi. Tale sciame non è mai stato intensamente studiato come dimostra la bibliografia a suo riguardo, nonostante il suo corpo progenitore fosse la famosa cometa 1P/Halley, che ha solcato i nostri cieli per l’ultima volta nel 1986. Molta attenzione è stata rivolta a tale corpo che appare molto importante, in quanto rappresenta uno dei pochi della sua famiglia che è stato osservato da sonde spaziali. L’analisi di tale sciame, però, è stata effettuata, per mancanza di dati, unicamente per il 1997 e il 1998. Il nono capitolo, quello conclusivo, è infine dedicato allo studio delle Orionidi la cui attività si colloca tra la seconda e la terza decade del mese di ottobre. Molto si è discusso riguardo a tale sciame considerato come il fratello delle Eta-Acquaridi, avendo in comune lo stesso corpo progenitore. Tale sciame è stato indagato dal 1995 al 1999, ma sfortunatamente unicamente attraverso i dati raccolti dalla sola direttrice Bologna-Lecce del radar BLM. La ricerca è stata centrata sullo studio di tre sciami che presentavano, in condizioni normali, una attività definita “media” e che avevano in comune la medesima origine, quella cometaria. Uno degli obiettivi è stato quello di ampliare le conoscenze su di essi e di verificare le ipotesi che nel corso degli anni si sono susseguite e migliorate.