In questo numero ancora una costellazione zodiacale: il Capricorno. La si individua tra le costellazioni zodiacali dell’Acquario a oriente e del Sagittario ad occidente, a sud di Pegaso e a sud-ovest dell’Aquila. La disposizione delle stelle più brillanti ricorda un triangolo isoscele e rettangolo rovesciato, cioè avente la base a nord e il vertice opposto a sud.
La storia ricorda che il 25 settembre 1846, in questa costellazione, l’astronomo Galle scopriva a Berlino il nuovo pianeta Nettuno, previsto sia da Le Verrier che da Adams con i calcoli basati sulla teoria delle perturbazioni.
Macrobio (V secolo d.C.) affermava che il simbolo del Capricorno si doveva collegare col fatto che una volta che il Sole era giunto al suo minimo, si doveva poi arrampicare sull'eclittica, proprio come fa una capra. Ai tempi dell'introduzione della costellazione, il Sole era infatti al solstizio d'inverno proprio nel Capricorno ed a quello d'estate nel Cancro. Ecco perchè ancora oggi i geografi chiamano Tropici del Cancro e del Capricorno i due circoli paralleli all'equatore terrestre, situati a 23°,5 a nord e a sud di esso; il Sole arriva allo zenit di questa località rispettivamente intorno al 20-21 giugno e al 21-22 dicembre, cioè ai due solstizi. Il fenomeno secolare della precessione degli equinozi ha fatto sì che il solstizio d'inverno cada ora, come è noto, nel Sagittario e quello d’estate tra il Toro e i Gemelli. Per tale ragione i poeti latini gli affibiarono, tra i vari appellativi, anche quello di “altra porta del Sole”.
I Greci chiamavano la creatura immortalata fra le stelle del Capricorno Egocero, la capra cornuta, e la identificavano con Pan, il dio protettore della campagna dalle corna e dalle zampe caprine. Divinità dai natali oscuri, Pan trascorreva la maggior parte del suo tempo sonnecchiando, dando la caccia alle ninfe e spaventando la gente con il suo grido possente, da cui trasse origine l’espressione timor panico. Uno dei suoi figli, nato dall’unione con Eufeme, nutrice delle Muse, fu Croto, identificato con la costellazione del Sagittario, nella sua forma di satiro (essere dall’aspetto umano con orecchie, coda e zoccoli caprini) anziché di centauro (essere per metà uomo e per metà cavallo).
Tra le vittime degli assalti di Pan vi fu la ninfa Siringa che, per sfuggire alle sue attenzioni, si trasformò in un fascio di canne. Mentre Pan le abbracciava, iniziò a spirare un forte vento, che fece produrre alle canne un suono tanto melodioso che il dio ne fece, unendole con la cera, una “siringa” o flauto, ancora oggi ricordato nella tipologia degli strumenti musicali come flauto di Pan. Fra le imprese di questo irriducibile seduttore vi furono però anche due iniziative meritorie. La prima ha a che vedere con l’aiuto che prestò agli dei dell’Olimpo quando furono assaliti dai Titani. In quell’occasione mise in fuga le gigantesche creature soffiando dentro a una conchiglia, che emise un suono così terrificante da spaventarli a morte. Questo sembra essere il motivo per il quale Pan venne anche raffigurato come creatura parzialmente marina, benché altre fonti ricolleghino questo particolare al fatto che Pan avrebbe lanciato contro i Titani dei crostacei. Nella seconda impresa avvisò gli dèi dell’arrivo del mostro Tifone, mandato contro di loro da Gea. Gli dèi allora si trasformarono, su suggerimento dello stesso Pan, in animali, per ingannare il mostro oppure, nella versione a loro meno favorevole, per paura. Pan, da parte sua, trasformò la parte posteriore del suo corpo in pesce, e poté così fuggire tuffandosi nel fiume Nilo. L’unica divinità che non si perse d’animo di fronte al mostro e lo affrontò fu Zeus, e Tifone, durante la terribile lotta che ne seguì, lo ferì gravemente, strappandogli i nervi degli arti inferiori e superiori. Ermes e Pan, allora, corsero in suo aiuto, recuperarono i tendini strappati e consentirono così a Zeus di riprendere la lotta. Questi, poi, riuscì ad avere ragione della terribile creatura, che atterrò con una delle sue micidiali folgori e seppellì sotto l’Etna in Sicilia, la cui periodica attività continua a segnalare la rabbia di Tifone per la sconfitta subita. Per ringraziare Pan dell’aiuto prestato, Zeus lo pose in cielo sotto la forma assunta per tuffarsi nel Nilo.
I poeti e mitografi greci conoscevano il Capricorno come la Capra Cornuta, per distinguerlo dalla capra Amaltea, che ha a che fare con la costellazione dell’Auriga. Per i filosofi platonici era il ponte verso gli dei, poiché attraverso questa costellazione, a detta loro, passavano le anime dei defunti per ascendere al cielo.
Il Capricorno, come Pesce Capra, era una figura dello Zodiaco egizio, nella zona del cielo opposta a Sirio. Era spesso raffigurato sormontato da un ibis (uccello sacro per gli Egizi), con la testa di un uomo. E un ibis, non a caso, veniva sacrificato all’inizio dell’estate alla dea Iside, moglie di Osiride e collegata alla stella più brillante del Cane Maggiore. Talvolta veniva raffigurato anche come un semplice pesce, senza sottolineare la sua natura caprina. Non va infine ignorata la sua relazione con Knum, il dio delle acque, portatore delle piene del Nilo.
Anche i Babilonesi, affascinati dagli esseri poliformi, vedevano in questo gruppo di astri un animale con testa e zampe anteriori di capra e coda di pesce. Si deve ricordare in proposito che i sacerdoti babilonesi usavano pelli di capra come abiti sacri. A loro volta i Sumeri chiamavano il nostro Capricorno con il nome di Pesce Capra, mentre gli Assiri lo identificavano con il decimo mese dell’anno, Dhabitu, che cadeva tra dicembre e gennaio, e vi facevano riferimento con l’appellativo giogo dei buoi. Per gli Accadi era invece la doppia nave. I Persiani, i Turchi e i Siriani lo conoscevano come il caprone; per gli Arabi infine era uno stambecco, la torre di Dio, o ancora la porta meridionale del Sole. Secondo alcuni studiosi gli antichi abitanti del Golfo Persico lo interpretavano come il Signore della Luce, in riferimento al Solstizio d’Estate, che circa 15000 anni fa cadeva con il transito del Sole nel Capricorno. In molti zodiaci orientali, inoltre, viene rappresentato come un pesce che ingoia un’antilope. Nelle credenze delle antiche popolazioni semite la fine del mondo si sarebbe verificata in un giorno in cui il Sole si sarebbe trovato in questo segno.
Gli Aztechi lo conoscevano come Cipactli, una divinità associata alla figura del narvalo, cetaceo dal dente canino sinistro allungato come l’appendice di un unicorno.
Il Capricorno non contiene molti oggetti telescopici di particolare rilievo. Entro i suoi confini troviamo però uno degli oggetti del catalogo Messier, M30, un ammasso globulare, scoperto dall’astronomo francese nel 1764 e successivamente identificato nel 1783 da William Herschel. Sempre in questa costellazione è osservabile anche una galassia dalla forma a spirale barrata, NGC 6907.
Cieli sereni a tutti!
NOS Magazine numero 5 del 2006