Uno dei modi più corretti per definire cos’è una costellazione consiste nell’affermare che essa è un gruppo arbitrario di stelle che occupano una certa regione della volta celeste. L’arbitrarietà non è secondaria: la decisione di riunire alcuni astri in un gruppo piuttosto che in un altro non dipende, infatti, da criteri oggettivi, ma piuttosto da elementi che possono essere estranei a considerazioni di tipo astronomico.
Per convincersi di tutto ciò basterebbe leggere la storia delle costellazioni adottate ai giorni nostri. Anche quelle che risalgono a periodi remoti sono state spesso soggette a ritocchi nei loro confini, e di conseguenza nel numero di astri che le compongono. A tutto questo si deve aggiungere che per la stragrande maggioranza le costellazioni dell’emisfero australe sono state introdotte solo a partire dal secolo XVI, periodo in cui cominciarono i grandi viaggi per mare che portarono alla scoperta dei cieli meridionali, e anch’esse subirono variazioni rispetto alle forme originali. La maggior parte delle costellazioni a noi note, e in particolare le costellazioni dello Zodiaco, venne inventata circa tremila anni fa da un popolo vissuto in Mesopotamia, i Caldei.
Tra quelli che assorbirono gli asterismi caldei vi furono gli Egizi, ma prima di venire in contatto con l’astronomia mesopotamica essi introdussero i loro raggruppamenti stellari. Il popolo che abitò la valle del Nilo aveva infatti sviluppato un suo sistema di costellazioni indipendente; tuttavia, esso finì per adottare quello escogitato dalle vicine genti mesopotamiche. Antichi dipinti mostrano costellazioni associate a figure umane, sia ad animali; si è così riusciti ad identificare nell’attuale Grande Carro un asterismo raffigurato con un toro, mentre altre costellazioni venivano collegate ad animali tipici dell’ambiente egizio, come il coccodrillo e l’ippopotamo.
Certo non poterono essere in alcun modo influenzati dalle costellazioni caldee i popoli che vissero in America prima dell’arrivo di Cristoforo Colombo. Delle grandi civiltà precolombiane, però, non ci resta granché sulla loro suddivisione del cielo in costellazioni. Tale oblio è dovuto essenzialmente alla distruzione operata dai conquistadores di gran parte dei documenti appartenenti alle popolazioni lontane. Nel caso degli Incas, inoltre, bisogna ricordare che essi non lasciarono alcun documento scritto, essendo tutta la loro cultura tramandata per via orale, e gli unici registri giunti fino ai nostri giorni sono delle cordicelle annodate, di difficile decifrazione e pressoché inutili per scoprire alcunché dell’astronomia incaica. Di fatto, la principale fonte di informazione sono i racconti di Garcilaso de la Vega, spagnolo di sangue inca, vissuto a cavallo tra il XVI e il XVII secolo. Da questa e da altre fonti risulta che gli Incas avessero inventato alcune costellazioni, e che, fatto abbastanza originale, ritenessero di qualche importanza anche le zone oscure della Via Lattea, oltre ai veri e propri gruppi di stelle. Alcune delle figure celesti, infatti, erano costituite sia da nubi oscure, come il Sacco di Carbone, sia da singole stelle, a formare dei veri e propri e propri dipinti in cielo.
Qualcosa di più invece sappiamo invece dell’astronomia dei Maya, grazie ai pochi codici sopravissuti fino ai giorni nostri. Oltre ad aver sviluppato un complesso sistema di calendari, uno civile, uno religioso e uno legato al periodo siderale di Venere, i Maya introdussero una serie di costellazioni. La curiosità maggiore, probabilmente, consiste nello scoprire che anch’essi videro uno scorpione nel gruppo di stelle che dà vita all’omonima costellazione da noi conosciuta. Verosimilmente, ciò fu dovuto alla particolare disposizione in cielo delle stelle, che ricordano molto la figura di questo animaletto velenoso; in molti altri casi, però, le costellazioni dei Maya si discostano dalle nostre. Tanto per citare un esempio, la parte della costellazione di Orione compresa tra le ginocchia e la cintola del mitologico gigante corrispondeva verosimilmente a quello che i Maya indicavano come il focolare sacro, mentre figure di animali erano associate alle stelle Castore e Polluce, della nostra costellazione dei Gemelli.
Il popolo che ci ha lasciato con maggior dettaglio la propria visione del cielo è sicuramente quello cinese. Sono infatti state rinvenute carte celesti in cui viene riportata la visione della volta celeste, così come era stata organizzata dagli astronomi cinesi. Gli imperatori avevano istituito un vero e proprio sistema di sorveglianza del cielo che doveva tenere sotto osservazione tutta la volta celeste giorno dopo giorno, e registrare qualsiasi avvenimento accadesse in cielo, principalmente con scopi divinatori. Quello che colpisce, delle costellazioni cinesi, sono le ridotte dimensioni in confronto alle nostre: il popolo del Celeste Impero preferì suddividere il cielo in un numero elevato di piccoli asterismi, piuttosto che adottare costellazioni estese. Addirittura alcuni asterismi sono formati da una sola stella. Tale scelta è anche visibile nel numero delle cosiddette case lunari, cioè dalle costellazioni attraversate dalla Luna. Le case sono infatti ventotto, e spesso sono formate da pochissimi astri, quando invece il nostro Zodiaco considera solo dodici costellazioni. Le case lunari, inoltre, appaiono molto disuguali tra di loro, con estensioni che variano moltissimo, mentre le nostre costellazioni dello Zodiaco hanno estensioni molto più omogenee. Ogni costellazione, inoltre, veniva identificata tramite una stella guida, che non era necessariamente la più luminosa del gruppo. A proposito di Zodiaco, bisogna osservare che i Cinesi non conferirono ad esso una particolare importanza, sviluppando una visione del cielo i cui elementi fondamentali erano il polo e l’equatore celeste (proiezione in cielo dell’equatore terrestre). Al di là delle case lunari, di particolare interesse erano pertanto le costellazioni circumpolari (cioè quelle che non tramontano mai), più ancora di quelle strettamente attraversate dall’eclittica (la linea del cielo su cui si muovono i pianeti e il Sole). In totale il cielo cinese prevedeva circa trecento costellazioni, molte di più delle ottantotto considerate attualmente; bisogna poi tener conto del fatto che non tutto il cielo era osservabile dagli astronomi cinesi, e che le carte a noi giunte ne riportano la posizione osservabile da una latitudine di 35 gradi nord (come dalle coste della Tunisia).
Culture differenti hanno immaginato nel cielo costellazioni dalle forme differenti da quelle da noi adottate. Purtroppo non tutti i popoli hanno lasciato tracce permanenti delle costellazioni adottate.
NOS Magazine numero 2 del 2003