Dopo due mesi di analisi accurate, un gruppo di astronomi europei del Very Large Telescope (VLT) dell'ESO ha misurato la distanza della più remota galassia mai osservato finora. Per la galassia UDFy-38135539 è stato determinato un redshift di 8,6 corrispondente a una sorgente di radiazione osservata come era 600 milioni di anni dopo l'evento che ha dato origine all'universo.
Lo studio di queste prime galassie è estremamente difficoltoso. Si tratta, infatti, di oggetti che appaiono molto piccoli e che emettono una luce molto debole. A rendere il quadro ancora più difficile vi è il fatto che fino a un miliardo di anni dal Big Bang l'universo non era completamente trasparente perché riempito di gas idrogeno che assorbiva l'intensa radiazione ultravioletta delle galassie giovani.
Nonostante queste difficoltà la nuova Wide Field Camera 3 montata sul telescopio spaziale Hubble ha scoperto nel 2009 diversi candidati al ruolo di galassie che brillavano nell'epoca della reionizzazione, cioè del periodo in cui la nebbia di idrogeno ha cominciato a diradarsi.
A quel punto è cominciata la campagna di misurazioni spettroscopiche del redshift dai grandi telescopi a terra.
“Dopo l'annuncio delle galassie candidate di Hubble e dopo un veloce calcolo, ci siamo resi conto dell'incredibile capacità di raccolta della radiazione del VLT che, combinata con la sensibilità dello spettroscopio a infrarossi SINFONI e associata a un tempo di esposizione estremamente lungo, ci avrebbe permesso di rivelare il bagliore debole di una di queste galassie remote e misurare la sua distanza da noi”, ha spiegato Matt Lehnert, che ha guidato la ricerca.
La sua scoperta è stata formalmente dettagliata nell'articolo “Spectroscopic Confirmation of a Galaxy at Redshift z=8.6” sul giornale Nature il 21 ottobre 2010, a firma di un team di scienziati tra cui Matthew Lehnert, Nicole Nesvadba, Mark Swinbank, Jean-Gabriel Cuby, Simon Morris, Benjamin Clement, C. J. Evans, M.N. Bremer e Stephane Basa.