I buchi neri sono strutture teoriche nello spazio-tempo previste dalla teoria della relatività generale. Nulla può allontanarsi dall'attrazione gravitazionale di un buco nero dopo aver attraversato il suo orizzonte degli eventi. Calcoli quantistici approssimati prevedono che i buchi neri evaporino lentamente, anche se in un modo che crea paradossi. I fisici sono ancora alla ricerca di una teoria completa e coerente della gravità quantistica per descrivere i buchi neri. In contrasto con l'opinione comune tra i fisici, un effetto quantistico detto polarizzazione del vuoto potrebbe diventare tanto rilevante da arrestare la formazione di un buco nero e creare invece una cosiddetta “stella nera”.
Un gruppo di astronomi dell'Università della California a Berkeley diretti da Dovi Poznanski hanno scoperto una nuova classe di supernove. L'esistenza di questo tipo di supernove era stata prevista teoricamente da Lars Bildsten, dell'Università della California a Santa Barbara nel 2007, ma finora non era mai stato osservato un evento di questo tipo.
La fine della maggior parte delle stelle tipo Sole alla fine della loro morte vanno a formare nane bianche, cioè stelle la cui massa, paragonabile a quella del Sole, viene concentrata in un raggio analogo a quello della Terra. Pur essendo molto densi, questi oggetti sono formati per lo più da una miscela di carbonio e ossigeno o di elio ed hanno una temperatura troppo bassa per sostenere reazioni di fusione termonucleare.
Tuttavia in alcuni rari casi due oggetti di questo tipo possono ruotare così vicini uno all'altro che l'elio della più piccola delle due subisce forze di marea gravitazionale così intense da far sì che venga strappato dalla stella d'origine per andare a depositarsi sulla superficie dell'altra. In questo caso si riformano le condizioni per l'innesco di reazioni termonucleari, che portano all'esplosione dell'intera stella. La supernova di tipo Ia che così si forma determina la produzione di un'enorme quantità energia che la fa brillare quanto un'intera galassia per tempi che possono superare il mese.
Gli eventi previsti da Bildsten hanno solamente un decimo della brillantezza e della durata di queste esplosioni: per questo è stato proposto di indicarli con la sigla “.Ia”. L'identificazione di un evento di questo tipo, avvenuto nella galassia NGC 1821 nella costellazione della Lepre, è frutto di un riesame da parte di Poznanski di una serie di dati registrati nel 2002 dal Katzman Automatic Imaging Telescope (KAIT) presso il Lick Observatory, nei pressi di San Jose.
La classificazione datane all'epoca cioè di identificare il fenomeno come una supernova di tipo II, meno luminosa di quella di tipo Ia, si è rivelata erronea sia a una più attenta analisi dello spettro sia alla luce della sua durata: l'evento era durato meno di 20 giorni, mentre le supernove di tipo due permangono visibili per durate superiori a quelle di quelle di tipo Ia.
Qualche giorno fa mi è stata fatta una segnalazione da una mia collega la quale affermava che suo marito aveva avvistato in cielo un oggetto molto grande che si andava ingrandendo e che si muoveva lentamente. Probabilmente a molti è capitato di osservarlo. Il fenomeno è avvenuto verso le 21 di domenica scorsa, 18 ottobre.
Oltre alla splendida fotografia qui accanto, degli italiani Federico e Chiara Bellini, ne potete vedere altre immagini grazie a Spaceweather.com, che segnala avvistamenti immortalati in Croazia, Italia, Ungheria, Francia, Finlandia e Creta.
Il fenomeno è stato dunque reale, e poiché è stato visto contemporaneamente da luoghi così distanti si deve essere verificato a grande altezza. Naturalmente gli astrofili dotati di sistemi che registrano automaticamente e in continuazione tutto quanto avviene in cielo non si sono lasciati sfuggire l'evento. C'è una impressionante sequenza di fotogrammi ripresi ad intervalli di un minuto da due astrofili francesi, Claudine Rinner e François Kugel. Su Astrosurf.com trovate un'altra serie magnifica di immagini.
Che cos’era? Spaceweather.com indica che si è trattato di un effetto prodotto dallo scarico del carburante in eccesso di un razzo statunitense Atlas Centaur, partito poco prima (18:12 ora italiana) dalla base di Vandenberg in California, che ha collocato in orbita un satellite meteorologico militare, il DMSP F18.
Lo scarico, avvenuto nel vuoto e in assenza di peso, ha prodotto una nube finissima di forma sostanzialmente sferica che si espandeva progressivamente. L'impressione di un cerchio è dovuta al fatto che quando si osserva una tenue nube sferica, la regione che riflette maggiormente la luce solare è quella dove lo sguardo incontra il maggior numero di particelle per porzione di cielo, cioè l'insieme delle tangenti alla sfera passanti per l'osservatore. La nube non è pericolosa, dato che il carburante del Centaur è costituito da idrogeno e ossigeno, e si è diluita in uno spazio enorme sostanzialmente al di fuori dell'atmosfera terrestre.
Un nuovo studio che ha preso in esame 28 galassie mette in dubbio l'esistenza della materia oscura. I valori ottenuti sono inattesi e difficili da spiegare con i tradizionali modelli di evoluzione delle galassie. Ecco quindi che tornano ala ribalta teorie azzardate: forse c’è una forza ancora sconosciuta che agisce sulla materia oscura facendola espandere in modo diverso dal previsto. Forse la materia oscura non esiste e le perturbazioni sulla materia visibile dipendono dal fatto che su grandi distanze la forza gravitazionale segue una legge diversa da quella classica.
O forse esistono spiegazioni più semplici, ma ancora non le abbiamo capite.
La pressione ram è la forza di resistenza che si produce quando qualcosa si muove attraverso un fluido, una sensazione che abbiamo ben presente quando ci mettiamo a correre e percepiamo il movimento dell’aria sul viso anche in una giornata senza vento. Negli spazi intergalattici, invece dell’aria che ci circonda, si trovano enormi quantità di gas non rilevabili nello spettro del visibile, ma estremamente caldi e in grado di emettere raggi X. Le galassie compiono i loro movimenti attraverso questi gas che sono dunque in grado di condizionarne la forma e in alcuni casi di compromettere la formazione di nuove stelle.
Il fenomeno è chiaramente visibile nell’immagine della galassia NGC 4522, immortalata da Hubble e distante circa 60 milioni di anni luce dalla Terra. La galassia a spirale sta perdendo i propri gas, spazzati via dalla pressione ram. Il suo rapido moto all’interno dell’Ammasso della Vergine comporta la produzione di venti molto forti che portano alla dispersione dei gas. Stando alle ultime stime, infatti, la galassia si muove a circa 10 milioni di km/h. Ora l’occhio attento del telescopio astronomico Hubble ha catturato l’immagine della formazione di nuovi cluster di stelle all’interno del gas così strappato. Sebbene si tratti di un’istantanea, si colgono abbastanza bene le deformazioni e i drammatici processi che stanno interessando la galassia.
Anche la galassia NGC 4402 mette in luce, inoltre, nuovi presunti effetti della forza di trascinamento nella forma convessa del disco di gas e polvere, determinata nello specifico dalle alte temperature che si sviluppano nel gas.
Si tratta, a detta degli astronomi dell’Advanced Camera for Surveys on Hubble, che hanno effettuato le osservazioni, di risultati che non possono che portare a una migliore comprensione dei meccanismi che governano l’evoluzione delle galassie, e di come il tasso di formazione stellare venga fortemente influenzato nelle regioni più dense di materia dell’universo quali sono i cluster.