Nei giorni scorsi su Media Inaf abbiamo pubblicato diverse news sulla collisione della sonda Dart della Nasa con l’asteroide Dimorphos (satellite del near-Earth Didymos), nel primo test di deflessione orbitale della storia per mezzo della tecnica dell’impattore cinetico. In generale la mitigazione del rischio di collisione di un asteroide con la Terra usando questa tecnica prevede uno o più impatti ad altissima velocità – in genere superiore a circa 5 km/s – di un veicolo spaziale (“impattore”) sull’asteroide stesso. Questi impatti cambiano la velocità dell’asteroide di una piccola quantità, ma sommati insieme tutti i contributi, ne può risultare una nuova orbita eliocentrica in grado di portare l’asteroide a fare solo un passaggio ravvicinato con la Terra, invece di una collisione. In un certo senso è un po’ come nel gioco del biliardo in cui, con urti successivi, si può mandare una palla in buca.
In un impatto cinetico quello che conta ai fini del risultato è la velocità relativa fra sonda e asteroide: maggiore questo valore, più grande sarà la variazione dell’orbita. Per questo motivo Dart ha colpito Dimorphos frontalmente, ossia nel verso opposto a quello di movimento dell’asteroide, raggiungendo una velocità relativa di 6,3 km/s. Tuttavia la variazione della velocità dell’asteroide dipende anche dalla quantità di detriti che sono espulsi nell’impatto: più sono e maggiore sarà l’effetto razzo che spingerà l’asteroide nella direzione opposta accentuando l’effetto di cambiamento dell’orbita.
Dopo l’impatto di Dart è stata osservata una grande nube di polvere e detriti espulsi nello spazio in seguito alla formazione di un cratere da impatto sulla superficie di Dimorphos, ripresa sia dal LiciaCube dell’Asi e sia dai telescopi spaziali e al suolo. Tuttavia il raggiungimento dell’obiettivo della missione dipendeva da quanto è stata effettivamente alterata l’orbita che Dimorphos segue attorno a Didymos. Avendo colpito frontalmente il satellite, quindi avendogli fatto perdere energia cinetica, quello che ci si aspettava era una diminuzione del periodo e del raggio orbitale. Nella conferenza stampa congiunta Asi/Nasa di questa sera – martedì 11 ottobre – sono stati resi noti i primi risultati delle osservazioni post-impatto sull’orbita di Dimorphos: il periodo orbitale attorno a Didymos è diminuito di ben 32 minuti, passando da 11h 55m a 11h 23 m, con un’incertezza di due minuti. Rispetto alla variazione attesa di circa 10 minuti si tratta di un risultato strabiliante: il raggio orbitale di Dimorphos è diminuito di circa 30 metri rispetto al valore originario. Il nuovo periodo orbitale è stato misurato sia usando i telescopi al suolo di diversi osservatori fra cui Lowell, Las Cumbres, Las Campanas e Danish Telescope dell’Eso, sia usando il radar di Goldstone ossia con due metodo indipendenti.
L’incontro dell’11 ottobre, aperto dall’amministratore della Nasa, Bill Nelson, che ha confermato la deviazione dell’asteroide, ha visto la partecipazione del presidente dell’Agenzia Spaziale Italiana, Giorgio Saccoccia, che ha mostrato le ultime immagini elaborate provenienti dal satellite LiciaCube, con dei video in timelapse che mostrano l’impatto a partire da alcuni secondi prima fino a circa 30 dopo.
Abbiamo raggiunto Elisabetta Dotto dell’INAF-Osservatorio Astronomico di Roma per un commento a caldo dopo la conferenza stampa:
«La missione Dart è stata un vero successo: il periodo con cui Dimorphos, il piccolo satellite dell’asteroide binario Didymos, orbita attorno al corpo centrale è stato modificato di circa mezz’ora. Testimone d’eccezione è stato LiciaCube, il cubeasat tutto italiano gestito da ASI, realizzato dall’italiana Argotec e con un team scientifico tutto italiano, coordinato da INAF. Le immagini ottenute sono in totale 627 di cui circa la metà ancora in fase di scaricamento e ci permetteranno di acquisire informazioni sulla struttura e le proprietà di questo asteroide binario oltre che sulla nube di polvere sollevata dall’impatto e la sua evoluzione».
Per la prima volta nella storia dell’umanità è stata dimostrata sul campo la possibilità di cambiare l’orbita di un piccolo asteroide di circa 160 metri di diametro, un oggetto che – se colpisse la Terra – potrebbe creare un cratere d’impatto di 1,3 km di diametro e cancellare una città di milioni di abitanti. Infatti anche un piccolo cambiamento, se si propaga per un tempo sufficientemente lungo, può permettere di passare dallo scenario di impatto a quello di flyby. Da qui discende l’importanza di scoprire il maggior numero di NEA possibile.
Ovviamente ora non bisogna dormire sugli allori, la missione Dart è stato solo un primo test, il rischio asteroidi è ancora presente e tantissimo lavoro resta da fare. Per gli amanti delle osservazioni ricordo che la coda di polvere di Dimorphos è tuttora visibile da Terra, anche con piccoli telescopi: approfittatene!
Fonte: Media INAF