In uno studio pubblicato su Monthly Notices della Royal Astronomical Society un team di ricercatori dell’Università John Moores di Liverpool e dell’Università di Montpellier descrive come le stelle supergiganti rosse, progenitrici delle supernove di tipo II, subiscano pochi giorni prima dell’esplosione un calo di luminosità dell’ordine di cento volte. Questa brusca diminuzione del flusso luminoso permette di prevedere, da analisi spettroscopiche di luminosità, quando la stella sta per entrare nella sua ultima fase di vita prima di diventare una supernova. Una firma, questa, che può essere rilevata attraverso le moderne tecniche di fotometria a largo campo, le quali permettono di monitorare l’evoluzione della luminosità di molte stelle in tempi brevi. In questo modo sarà possibile stabilire quali – tra le molte supergiganti rosse – sono in procinto di diventare supernova, e puntare i telescopi per osservarne la drammatica esplosione.
Quello che succede a una stella nella fase di supergigante rossa è di finire il silicio, l’ultimo carburante che permette ad una stella massiva di rimanere in equilibrio termico tramite reazioni di fusione, che viene convertito in ferro nella parte più interna del nucleo stellare. Nelle supergiganti rosse che hanno una massa superiore a nove volte quella del Sole a un certo punto la massa del nucleo ferroso, che man mano viene prodotto dalla fusione del silicio, arriva a superare il limite di Chandrasekhar. Avviene così il collasso del nucleo: la pressione del plasma di elettroni degeneri non è più in grado di resistere alla terribile forza gravitazionale della massa della stella e la supergigante rossa diventa una supernova. L’onda d’urto generata scaglia nello spazio tutta la parte esterna degli strati stellari, lasciando come residuo stellare una stella di neutroni.
Benjamin Davies, primo autore dello studio, e colleghi hanno creato dei modelli idrodinamici per ricostruire l’evoluzione degli ultimi di stadi di vita della stella prima che entri in questa fase catastrofica ed esplosiva. «L’attenuazione della luminosità della supergigante rossa è causata da un improvviso accumulo di materiale circumstellare intorno all’atmosfera della stella che diventa quasi totalmente opaca», dice Davies. «Il materiale denso che circonda la stella la oscura completamente, facendo diminuire la luminosità nella parte visibile dello spettro fino a cento volte. Questo significa che, qualche giorno prima che la stella esploda, è possibile che un osservatore non riesca letteralmente più a vedere la stella, a causa di questo repentino aumento di opacità del mezzo circumstellare».
Il problema è che, osservativamente parlando, è difficile capire quando una supergigante rossa sta per entrare nella fase di supernova. Le supernove che osserviamo vengono rilevate perlopiù quando che l’esplosione è già avvenuta, perché vediamo la stella incrementare enormemente il suo flusso luminoso. All’interno di un raggio di 30 megaparsec (corrispondente a un raggio di circa cento milioni di anni luce), solo per poche dozzine di supernove è stato possibile avere delle registrazioni della precedente luminosità prima dell’esplosione: di solito, le osservazioni hanno ripreso la stella solo molti anni prima dell’esplosione. Non ci sono quindi evidenti testimonianze della curva di luce della supergigante rossa in una scala temporale di pochi giorni prima dell’innesco della supernova, quando secondo i modelli avviene questo improvviso calo di luminosità.
«Finora siamo riusciti a fare osservazioni dettagliate dello spettro di una supernova solo diverse ore dopo l’esplosione del nucleo», continua Davies. «Con la scoperta di questa fase di oscuramento della luminosità giorni prima del passaggio della stella dalla fase di supergigante rossa a supernova, possiamo prepararci in tempo per puntare i telescopi verso la stella che sta per esplodere e e assistere in diretta all’esplosione successiva al collasso del nucleo». Statisticamente è difficile, infatti, identificare dallo spettro di luce di una supergigante rossa se è negli stadi finali di vita in cui sta fondendo elementi pesanti e si prepara a diventare una supernova o se, invece, è in una fase ancora immatura e ha davanti a sé ancora milioni di anni vita.
Dai modelli idrodinamici sviluppati dai ricercatori è stato quindi possibile ricostruire la dinamica della luminosità stellare pochi giorni prima dell’esplosione. I modelli trovati nello studio indicano che il materiale circumstellare che circonda la supergigante rossa diventa improvvisamente molto più denso a causa dell’onda d’urto prodotta dal collasso del nucleo stellare che comprime il materiale circumstellare esterno all’atmosfera della stella. Quello che succede è che i fotoni incontrano una resistenza maggiore nel fuoriuscire dall’atmosfera della stella a causa di questo aumento di densità, e questo spiega l’improvviso calo del flusso di luminosità. I fotoni impiegano molto più tempo ad attraversare lo strato di materia esterno all’atmosfera, che agisce come da coperchio.
Il team di ricercatori ha ricostruito due modelli idrodinamici per spiegare l’improvviso addensamento del materiale circumstellare, chiamati rispettivamente outburst e superwind. Il primo descrive l’evento successivo al collasso del nucleo come un improvviso rilascio di energia che si trasferisce e si propaga attraverso gli strati della stella fino a raggiungere la parte esterna dell’atmosfera. Nel modello superwind, invece, a causare l’abbassamento della luminosità è un continuo flusso di potente vento stellare che addensa il materiale intorno alla stella. I due modelli differiscono però nel scala dei tempi: il modello outburst prevede una diminuzione di luminosità nell’arco di pochi giorni, mentre il modello superwind causerebbe una diminuzione della luminosità molto più lenta e costante, impiegando diverse decine di anni – a seconda della massa della gigante rossa – prima di entrare nella fase esplosiva.
Ciascuno scenario descrive l’addensamento di uno spesso strato di materiale circumstellare che attenua il flusso nella banda ottica di diversi ordini di magnitudine. La supergigante rossa, nell’ultima fase di vita in cui si innesca il collasso del nucleo, diventa ancora più rossa e molto debole nello spettro visibile. «Quello che cambia è la scala dei tempi in cui ciò avviene», dice Davies. «Nel modello superwind si ha un abbassamento di luminosità molto più lento, che causerebbe una decrescita di luminosità della stella progenitrice della supernova decadi prima dell’esplosione. Ma dalle osservazioni finora compiute non si è mai visto questo attenuamento nelle supergiganti rosse con così largo anticipo. Il processo deve avvenire in una scala di tempi molto breve, descritta da uno scenario outburst, che porta la stella a compattare il materiale esterno alla sua atmosfera in un arco temporale molto limitato, circa un mese o forse addirittura pochi giorni. La stella prima di esplodere si oscura e potrebbe addirittura scomparire dai nostri telescopi se è abbastanza lontana: questo risultato ci permetterà di avere tempo sufficiente per puntare i telescopi verso l’imminente esplosione di una supernova».
Fonte: Media INAF