Seguire un meteorite a ritroso fino a trovare il punto esatto sulla superficie marziana dal quale si è staccato. È quello che hanno fatto – in maniera meno romanzata, ovviamente – un gruppo di ricercatori per circa la metà dei duecento meteoriti marziani raccolti sulla Terra, ed espulsi durante circa dieci impatti sulla superficie del Pianeta rosso. Lo studio è stato pubblicato la settimana scorsa su Science Advances.
I meteoriti marziani altro non sono che rocce che si staccano dalla superficie del pianeta in seguito a un impatto. Se, in seguito all’impatto, queste rocce vengono accelerate fino a superare la velocità di fuga del pianeta su cui si trovano (in questo caso Marte), possono uscire dal suo campo gravitazionale e mettersi in orbita attorno al Sole. Da qui, alcuni pezzi finiscono per essere catturati dalla gravità della Terra e cadono sul nostro pianeta come meteoriti. Eventi simili sono accaduti circa dieci volte nella storia recente di Marte.
«Pensiamo di aver trovato i crateri di origine per la metà di tutti i dieci gruppi di meteoriti marziani, e questo cambierà radicalmente il modo in cui li studiamo», commenta Chris Herd, curatore della Collezione di meteoriti dell’Università di Los Angeles e primo autore dell’articolo. L’esplosione che genera i meteoriti, infatti, lascia un cratere da impatto sulla superficie di Marte. Quelli presenti nelle regioni Tharsis ed Elysium, secondo Herd e coautori, sarebbero proprio i luoghi di provenienza di molti dei meteoriti giunti sulla terra.
Ma c’è di più. La promessa pronunciata dallo scienziato si riferisce al fatto che questo studio, combinando osservazioni e modelli, ha messo a punto un metodo per determinare la provenienza dei meteoriti applicabile in futuro ad altri corpi.
«L’idea di prendere un gruppo di meteoriti che sono stati espulsi tutti nello stesso momento e poi fare studi mirati su di essi per determinare dove si trovavano prima di essere espulsi – questo per me è l’emozionante passo successivo».
Lo studio pubblicato ha determinato che i gruppi di meteoriti accoppiati all’espulsione derivano da flussi di lava non più profondi di 26 metri sulla superficie di Marte, permettendo di associare gruppi di meteoriti accoppiati all’espulsione a specifici crateri di origine e unità geologiche, e fornendo così un contesto per inquadrarli nel loro territorio di provenienza, e per vincolare – grazie agli studi microscopici – l’età delle unità geologiche di origine. Nello studio, inoltre, si dimostra che ci sono crateri che potrebbero aver prodotto meteoriti marziane non ancora presenti nelle collezioni mondiali di meteoriti e che devono ancora essere scoperte.
Con queste nuove conoscenze in mano, ora, sembra inevitabile guardare alle meteoriti marziani con occhi diversi. “È la cosa più vicina a quella che possiamo avere andando davvero su Marte e raccogliendo una roccia”, dice Herd.
Fonte: Media INAF