Grazie al telescopio spaziale James Webb, gli astronomi hanno scovato una nana bruna (un oggetto celeste più massiccio di un pianeta come Giove ma meno massiccio di una stella come il Sole, con una massa vicina al limite necessario perché si verifichi il processo di fusione nucleare dell’idrogeno tipico delle stelle) con emissioni infrarosse caratteristiche del metano.
Si tratta di una scoperta inaspettata perché la nana bruna in questione, W1935, è fredda e non ha una stella ospite. Pertanto, non sembra esserci una fonte ovvia per l’energia che si suppone essere presente nella sua atmosfera superiore. Il team ipotizza che l’emissione di metano possa essere dovuta a processi che generano aurore.
Lo studio e i suoi risultati sono stati presentati in una conferenza stampa tenutasi il 9 gennaio al 243° meeting dell’American Astronomical Society, a New Orleans.
Per spiegare il mistero dell’emissione infrarossa del metano, il team ha preso spunto dal Sistema solare, dove l’emissione di metano è una caratteristica comune ai giganti gassosi come Giove e Saturno. Il riscaldamento dell’atmosfera che alimenta questa emissione potrebbe essere legato alle aurore.
Sulla Terra, le aurore si formano quando le particelle energetiche “soffiate” nello spazio dal Sole vengono catturate dal campo magnetico terrestre, scendono a cascata nella nostra atmosfera lungo le linee di forza del campo magnetico vicino ai poli terrestri e, scontrandosi con le molecole di gas, creano impressionanti cortine di luce sfavillante. Giove e Saturno hanno processi aurorali simili che implicano l’interazione con il vento solare, ma ricevono anche contributi aurorali da lune attive vicine come Io (per Giove) ed Encelado (per Saturno).
Per le nane brune isolate come W1935, l’assenza di un vento stellare che contribuisca al processo aurorale capace di giustificare l’energia nell’atmosfera superiore necessaria per l’emissione di metano è però un mistero. Il team ipotizza che l’emissione possa essere dovuta a processi interni non considerati, come i fenomeni atmosferici di Giove e Saturno, oppure a interazioni esterne con il plasma interstellare o con una luna attiva vicina.
Ma veniamo alla storia di questa scoperta, che assomiglia a un giallo. Un team guidato da Jackie Faherty, astronoma dell’American Museum of Natural History di New York, ha ottenuto tempo di osservazione al telescopio Webb per studiare 12 nane brune fredde. Tra queste c’erano W1935 – un oggetto scoperto dal citizen scientist Dan Caselden, che ha lavorato con il progetto Backyard Worlds di Zooniverse – e W2220, un oggetto scoperto grazie al Wide Field Infrared Survey Explorer della Nasa. Webb ha rivelato in modo estremamente dettagliato che le due nane brune – W1935 e W2220 – sembrano essere cloni l’una dell’altra per composizione. Condividono anche luminosità, temperature e caratteristiche spettrali simili di acqua, ammoniaca, monossido di carbonio e anidride carbonica. L’eccezione più evidente è che W1935 ha mostrato un’emissione di metano, contrariamente alle caratteristiche di assorbimento rilevate in W2220. L’emissione è stata osservata a una distinta lunghezza d’onda dell’infrarosso, alla quale Webb è particolarmente sensibile.
«Ci aspettavamo di vedere del metano, perché il metano è presente in tutte queste nane brune. Ma invece di assorbire la luce, abbiamo visto esattamente il contrario: il metano brillava. Il mio primo pensiero è stato: che diavolo è? Perché questo oggetto emette metano?», racconta Faherty.
Il team ha impiegato simulazioni numeriche per dedurre cosa potesse esserci dietro tale emissione. Il loro lavoro ha mostrato che W2220 è effettivamente caratterizzata dalla distribuzione di energia prevista in tutta l’atmosfera, diventando più fredda con l’aumentare dell’altitudine. Invece W1935, no. Il risultato, per questa nana bruna, è stato sorprendente. Il modello migliore predilige infatti un’inversione di temperatura, in cui l’atmosfera si riscalda con l’aumentare dell’altitudine. «Questa inversione di temperatura è davvero sconcertante», afferma Ben Burningham dell’Università di Hertfordshire in Inghilterra. «Abbiamo riscontrato questo tipo di fenomeno nei pianeti con una stella vicina che può riscaldare la stratosfera, ma vederlo in un oggetto senza un’evidente fonte di calore esterna è sorprendente».
Per trovare indizi, il team ha guardato nel nostro “cortile”, ai pianeti del Sistema solare. In particolare, i pianeti giganti gassosi possono servire come proxy di ciò che si vede accadere a più di 40 anni luce di distanza, nell’atmosfera di W1935. Il team si è reso conto che in pianeti come Giove e Saturno le inversioni di temperatura sono importanti. Si sta ancora lavorando per capire le cause del loro riscaldamento stratosferico, ma le principali teorie per il Sistema solare riguardano il riscaldamento esterno da parte delle aurore e il trasporto interno di energia dalle profondità dell’atmosfera.
Non è la prima volta che un’aurora viene utilizzata per spiegare le osservazioni di una nana bruna. Gli astronomi hanno rilevato emissioni radio provenienti da diverse nane brune più calde e hanno invocato le aurore come spiegazione più probabile. Per caratterizzare ulteriormente il fenomeno, sono state condotte ricerche con telescopi a terra, come l’Osservatorio Keck per individuare le firme infrarosse di queste nane brune che emettono radio, ma non hanno dato risultati.
W1935 è la prima candidata al di fuori del Sistema solare con la firma di emissione di metano. È anche il candidato aurorale più freddo al di fuori del nostro sistema solare, con una temperatura effettiva di circa 200 gradi Celsius, circa 300 gradi più caldo di Giove.
Riassumendo, nel Sistema solare, il vento solare è il principale responsabile dei processi aurorali, con lune attive come Io ed Encelado che svolgono un ruolo per pianeti come Giove e Saturno, rispettivamente. W1935 non ha una stella compagna, quindi il vento stellare non può contribuire al fenomeno. È ancora da verificare se una luna attiva possa giocare un ruolo nell’emissione di metano su W1935.
«Con W1935, ora abbiamo un’estensione spettacolare di un fenomeno del Sistema solare senza alcuna irradiazione stellare che possa aiutare nella spiegazione», conclude Faherty. «Con Webb, possiamo davvero “aprire il coperchio” della chimica e capire quanto simile o diverso possa essere il processo aurorale al di fuori del nostro sistema solare».
Se volete contribuire alla scoperta di un nuovo mondo, potete partecipare al progetto di citizen science Backyard Worlds: Planet 9 e cercare nuove nane brune e pianeti oltre Nettuno. Oppure potreste provate il nuovo progetto di citizen science Burst Chaser della Nasa, lanciato il 9 gennaio, per aiutare gli scienziati a classificare le curve di luce dei lampi gamma.
Fonte: Media INAF