Nel centro della maggior parte delle galassie, compresa la nostra, dimora un buco nero supermassiccio. Come facciano questi oggetti a crescere fino a “pesare” l’equivalente di milioni o miliardi di stelle è ancora un mistero. Per cercare di capirlo, un team di scienziati guidato da Mark Gorski della Northwestern University e Susanne Aalto della Chalmers ha scelto di studiare la galassia Eso320-G030, distante solo 120 milioni di anni luce. È una galassia molto attiva, che forma stelle a una velocità dieci volte superiore alla nostra.
«Poiché questa galassia è molto luminosa nell’infrarosso, i telescopi possono risolvere dettagli sorprendenti nel suo centro. Volevamo misurare la luce delle molecole trasportate dai venti provenienti dal nucleo della galassia, sperando di tracciare il modo in cui i venti vengono accelerati da un buco nero supermassiccio che si sta accrescendo, o che è in procinto di farlo. Utilizzando Alma, siamo riusciti a studiare la luce proveniente da strati spessi di polvere e gas», spiega Susanne Aalto, docente di radioastronomia alla Chalmers.
Per focalizzarsi sul gas denso, il più possibile vicino al buco nero centrale, gli scienziati hanno studiato la luce emessa dalle molecole di cianuro di idrogeno (HCN). Grazie alla risoluzione angolare di Alma, ossia alla sua capacità di distinguere dettagli fini, e di tracciare i movimenti del gas (utilizzando l’effetto Doppler) hanno scoperto pattern che suggeriscono la presenza di un vento magnetizzato e rotante.
Mentre altri venti e getti al centro delle galassie spingono il materiale lontano dal buco nero supermassiccio, il vento rilevato qui suggerisce un ulteriore processo che, al contrario dei precedenti, potrebbe alimentare il buco nero e contribuire a farlo crescere. Prima di cadere nel buco nero, la materia gli ruota attorno come l’acqua intorno a uno scarico. Quella che si avvicina si raccoglie in un disco rotante, dove si sviluppano e si rafforzano i campi magnetici che aiutano a spostare materia dalla galassia, creando il vento a spirale. La perdita di materia in questo vento rallenta la rotazione del disco e questo facilita il fluire della materia verso il buco nero.
Per Gorski, il modo in cui ciò avviene ricorda in modo impressionante un ambiente su scala molto più piccola nello spazio: i vortici di gas e polvere che portano alla nascita di nuove stelle e pianeti. «È assodato che le stelle nelle prime fasi della loro evoluzione crescono con l’aiuto di venti rotanti, accelerati da campi magnetici, proprio come il vento di questa galassia. Le nostre osservazioni mostrano che i buchi neri supermassicci e le piccole stelle possono crescere con processi simili, ma su scale molto diverse», afferma Gorski.
Potrebbe questa scoperta costituire un indizio per risolvere il mistero della crescita dei buchi neri supermassicci? Per rispondere, occorre studiare altre galassie che potrebbero ospitare deflussi a spirale nascosti nei loro centri. «Nelle nostre osservazioni vediamo una chiara evidenza di un vento rotante che aiuta a regolare la crescita del buco nero centrale della galassia», conclude Gorski. «Ora che sappiamo cosa cercare, il passo successivo è scoprire quanto sia comune questo fenomeno. E se questa è una fase attraverso la quale passano tutte le galassie con buchi neri supermassicci, cosa accadrà loro in seguito?».
Fonte: Media INAF