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Cascata di molecole eruttata da un quasar

Che certe galassie un po’ irrequiete eruttassero nubi di gas dalle regioni nucleari non è una novità. Nel corso degli anni si sono susseguite numerose osservazioni che hanno rivelato, in galassie più e meno lontane dalla nostra, ingenti espulsioni di materiale utilizzando i traccianti chimici più svariati. Questi eventi sono stati registrati in galassie contraddistinte da una poderosa attività di formazione stellare (galassie starburst) e in quelle ospitanti buchi neri supermassici alimentati dalla caduta di gas (galassie attive). Le enormi quantità di energia sprigionate in queste fasi generano infatti espulsioni rapidissime di materiale, con il gas che viene scagliato via anche a diverse migliaia di chilometri al secondo.

Tuttavia, se proviamo a riavvolgere il nastro, ben poco si sa in questo senso di ciò che accadde nel primo miliardo di anni di vita dell’universo, epoca ardua da investigare anche con le tecnologie attuali. Ad oggi, di questo periodo remoto della storia del cosmo, si registrano infatti solo poche evidenze di espulsioni di gas, alcune delle quali ancora controverse.

Adesso un team internazionale di astronomi sembra aver rivelato per la prima volta un’eruzione di gas molecolare in un quasar lontanissimo dalla Terra. J2054-0005 è il nome del protagonista di questa vicenda uscita la scorsa settimana su The Astrophysical Journal. La scelta di tale oggetto non è stata casuale. Come affermato da Takuya Hashimoto, uno dei coautori del lavoro, «J2054-0005 è uno dei quasar più brillanti dell’universo lontano, così abbiamo deciso di osservarlo in quanto rappresenta un candidato eccellente per studiare poderose espulsioni di gas». Le sorgenti estremamente energetiche sono infatti gli oggetti ideali per ospitare tali fenomeni.

La scoperta è stata compiuta studiando la molecola di idrossile (OH). In particolare, il gas espulso si sta muovendo a una velocità di oltre 600 km/s. «L’espulsione di gas molecolare è stata scoperta in assorbimento», dice Dragan Salak dell’Università di Hokkaido (Giappone) e primo autore dello studio. «Questo significa che le molecole di OH hanno assorbito parte della radiazione emessa dal quasar. Così è stato come rivelare la presenza del gas vedendo l’ “ombra” che genera davanti alla sorgente luminosa». Una tecnica analoga viene utilizzata per individuare le galassie situate per caso davanti ai quasar.

Le osservazioni sono state realizzate con l’interferometro Alma, localizzato nel nord del deserto di Atacama, in Cile. Questo strumento è attualmente l’unico in grado di raggiungere la sensibilità necessaria per rivelare le espulsioni di gas molecolare in oggetti remoti come il quasar al centro di questa scoperta. Per raccogliere i dati sono state utilizzate dalle 41 alle 46 antenne, puntate sul quasar per oltre sette ore.

Fenomeni di questo tipo potrebbero avere un’importanza cruciale nell’evoluzione delle galassie. Un vero e proprio rompicapo per gli astronomi è senza dubbio l’interruzione della formazione stellare nelle galassie sferoidali. Per ragioni che ancora non si comprendono sembra che questi oggetti abbiano cessato di produrre nuovi astri già svariati miliardi di anni fa. Alcuni modelli teorici prevedono che le eruzioni di gas, come quella osservata in J2054-0005, possano avere un ruolo determinante nell’inibire il processo di formazione stellare. Il gas molecolare costituisce infatti la materia prima da cui si formano le stelle. Le espulsioni di questo ingrediente finirebbero dunque per ripulire le galassie del combustibile per alimentare la nascita di nuovi astri, spiegando perché certe galassie massicce sono state di colpo “sterilizzate”. In particolare, gli astronomi hanno stimato che la galassia che ospita J2054-0005 potrebbe venire svuotata della sua riserva di gas molecolare in dieci milioni di anni, un’inezia per le tempistiche astronomiche.

Tuttavia le cose non sono così semplici. Così come espellono il gas, le galassie possono rifornirsi di nuovo materiale dal mezzo circumgalattico. Le galassie non sono infatti oggetti sospesi nello spazio vuoto, ma sono circondate da estesi aloni di gas. È dunque fondamentale trovare dei meccanismi che inibiscano l’accrescimento di nuovo materiale, che potrebbe riaccendere la formazione stellare. Resta il fatto che quella riportata nello studio rappresenterebbe la prima forte evidenza di eruzioni di gas molecolare nell’infanzia dell’universo.

 

Fonte: Media INAF

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