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Con Eht, dritti al cuore d’un quasar

quasar (abbreviazione di quasi-stellar radio source) sono sorgenti di radiazioni estremamente potenti che si trovano al centro di galassie lontane. I motori che li alimentano sono enormi buchi neri supermassici che trascorrono buona parte del loro tempo ingurgitando materia ed emettendo dai loro poli, a velocità prossime a quelle della luce, potenti getti relativistici, esplosioni di plasma ed energia che emergono dal disco che accresce il buco nero. Sono dei veri e propri laboratori di astrofisica. Nel mare magnum di sorgenti celesti che popolano il cosmo, una delle più affascinanti.

Un gruppo internazionale di ricercatori ha osservato uno di questi oggetti esotici, ottenendo l’immagine radio del cuore della sorgente con dettagli senza precedenti. Il quasar in questione è Nrao 530, un blazar – cioè un quasar i cui getti sono orientati lungo la nostra linea di vista – luminoso nei raggi gamma, contenente al centro un buco nero supermassiccio con una massa stimata tra i trecento milioni e i due miliardi di masse solari, scoperto nel 1966 dal Green Bank Telescope.

Lo strumento, o meglio, gli strumenti utilizzati dai ricercatori per osservarlo sono le antenne radio, sparse in tutto il mondo, che fanno capo alla collaborazione Eht (Event Horizon Telescope) – la stessa che nel 2019 ci ha regalato la prima immagine di un buco neroM87*, e tre anni dopo l’immagine del buco nero al centro della nostra galassiaSagittarius A*.

Ed è proprio grazie alle osservazioni di Sagittarius A* che gli astronomi hanno ottenuto l’immagine radio di Nrao 530. Per garantire che uno strumento scientifico fornisca una misura accurata è necessario calibrarlo. Per calibrare le antenne dei radiotelescopi gli astronomi utilizzano sorgenti puntiformi note. Tra queste ci sono anche i quasar. Nrao 530 è una delle sorgenti che la collaborazione Eht ha utilizzato per calibratore le antenne dell’array di radiotelescopi che, tramite interferometria a lunghissima base (Vlbi, dall’inglese very-long-baseline interferometry), hanno permesso di ottenere l’immagine del buco nero al centro della nostra galassia. E questo grazie alla sua luminosità, compattezza e posizione ravvicinata rispetto al Centro galattico, il luogo dove si trova Sagittarius A*.

Il team di ricercatori ha preso i dati di calibrazione ottenuti dalle antenne di tutti e otto i radiotelescopi di Eht 2017 dislocati in sei diversi siti geografici del pianeta – l’Atacama Large Millimeter/submillimeter Array (Alma) e l’Atacama Pathfinder Experiment (Apex) in Cile, il Large Millimeter Telescope Alfonso Serrano (Lmt) in Messico, il telescopio Iram in Spagna, il Submillimeter Telescope (Smt) in Arizona, il James Clerk Maxwell Telescope (Jcmt) e il Submillimeter Array (Sma) alle Hawaii, e il South Pole Telescope (Spt) in Antartide –, li ha analizzati e infine combinati per mappare l’emissione della luce, polarizzata e non, nel cuore della sorgente e ottenere così un’istantanea della sua regione centrale, che svela dettagli inediti della struttura della sorgente.

Descritte in un articolo pubblicato la settimana scorsa su The Astrophysical Journal, le immagini rivelano la presenza di un getto relativistico che si estende per 1.7 anni luce e altre strutture mai viste prima nella regione centrale del Quasar.

«L’immagine a 230 GHz del quasar Nrao 530 ottenuta con Eht rivela una regione brillante e compatta, che identifichiamo come il “radio core” della sorgente, da cui parte un getto relativistico che si estende per circa 60 micro-arcosecondi», spiega a Media Inaf  Rocco Lico,  ricercatore postdoc all’Instituto de Astrofísica de Andalucía, in Spagna, associato Inaf e membro della collaborazione Eht, all’interno della quale svolge la mansione di coordinatore del gruppo di lavoro sui nuclei galattici attivi e guida due team responsabili della calibrazione e imaging dei dati. «Sia il core che il getto mostrano delle sotto-strutture su scala dell’ordine di un anno luce, con una risoluzione senza precedenti. Il core, quattro volte più brillante del getto, mostra una stratificazione complessa, dovuta principalmente a effetti di opacità, mentre le due sotto-strutture che compongono il getto hanno angoli di polarizzazione ortogonali tra di loro: un forte indizio della presenza di un campo magnetico elicoidale lungo il getto, in accordo con i modelli teorici».

Nrao 530 è l’oggetto più distante ripreso finora da Eht. La sua immagine è la prima della sorgente a 230 GHz, la frequenza alla quale opera Eht. «La luce che vediamo ha viaggiato verso la Terra per 7.5 miliardi di anni attraverso l’universo in espansione, ma con la potenza dell’Eht vediamo i dettagli della struttura della sorgente su una scala piccola quanto un singolo anno luce», dice Maciek Wielgus, ricercatore del Max Planck Institute for Radio Astronomy di Bonn, in Germania, tra gli autori dello studio.

La collaborazione Eht ha in programma ulteriori osservazioni del quasar. L’obiettivo è per capire come le caratteristiche del getto e la produzione di fotoni ad alta energia cambino nel tempo, dal momento che Nrao 530 è una sorgente nota per emettere potenti raggi gamma.

«Con questo studio abbiamo rivelato per la prima volta la morfologia delle regioni più interne del getto relativistico del quasar Nrao 530, a una risoluzione record di circa 20 micro-arcosecondi (su scale lineari dell’ordine di un anno luce)», conclude Lico. «Questo ci ha permesso di connettere la struttura più interna del getto con quella su più larga scala ottenuta da osservazioni a più basse frequenze. Inoltre, abbiamo trovato chiari indizi della presenza di un campo magnetico elicoidale. Un risultato, questo, che assieme alla distribuzione dell’emissione polarizzata e alla variazione dell’angolo di polarizzazione nelle diverse regioni del getto ci permette di comprendere il ruolo del campo magnetico nel processo di formazione dei getti relativistici e la connessione con il buco nero centrale».
 
Fonte: Media INAF

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