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Con i nuclei radioattivi sveliamo la nascita del Sole

Un isotopo instabile potrebbe riscrivere la storia della formazione del Sistema solare. Pubblicato oggi su Natureuno studio condotto da un team internazionale di fisici e astrofisici indaga su alcuni nuclei radioattivi con tempi di decadimento di milioni di anni, capaci di svelare informazioni cruciali sull’origine del nostro sistema planetario e sugli eventi nucleari che hanno determinato la nascita di stelle simili al Sole. Un’importante collaborazione di scienziati guidata dal Centro nazionale canadese per gli acceleratori di particelle Triumf ha infatti ottenuto la prima misurazione del decadimento beta a stato legato degli ioni di tallio completamente ionizzati (205Tl81+) – in condizioni simili a quelle di un plasma astrofisico – presso il Gsi Helmholtzzentrum für Schwerionenforschung, un centro di ricerca sugli ioni pesanti a Darmstadt, in Germania. Questa misurazione ha effetti profondi sulla produzione di piombo radioattivo (205Pb) nelle stelle del ramo gigante asintotico e può essere utilizzata per aiutare a determinare il tempo di formazione del Sole.

Il decadimento beta a stato legato è una modalità rara di decadimento (processo attraverso il quale un nucleo atomico instabile si trasforma in un altro nucleo, emettendo radiazioni e particelle, fino a raggiungere uno stato più stabile) che si verifica solo in ioni altamente carichi. Finora, questa forma è stata osservata solo all’Experimental Storage Ring, un apparato unico nel suo genere capace di immagazzinare milioni di ioni completamente ionizzati per diverse ore. L’esperimento ha rivelato che il tempo di dimezzamento del 205Tl81+ è di 291 giorni, due volte superiore rispetto alle stime precedenti.

Come detto, il risultato dell’esperimento ha significative implicazioni per la generazione dell’isotopo radioattivo del piombo (205Pb) nelle stelle del ramo asintotico delle giganti (Asymptotic Giant Branch, Agb). Di cosa si tratta? Parliamo di quelle stelle, con una massa compresa tra 0,5 e 8 volte quella del Sole e quindi giunte alla fine del loro ciclo vitale, che, oltre a produrre circa la metà degli elementi più pesanti del ferro, sono le principali fornaci cosmiche di carbonio, elemento chiave alla base della biologia umana.

Lo studio della produzione degli elementi chimici nelle stelle è parte di quella branca dell’astrofisica chiamata nucleosintesi stellare. A differenza degli elementi cosiddetti leggeri (facilmente identificabili perché sono tutti quelli prima del ferro nella tavola periodica degli elementi), che sono prodotti attraverso reazioni nucleari tra particelle cariche (ad esempio, ioni di idrogeno o di elio), per produrre gli elementi pesanti (pensiamo ad argento, oro e piombo) sono necessari i neutroni. Queste particelle sono piuttosto rare negli interni stellari, anche perché un neutrone decade rapidamente in un protone.

Al centro dello studio pubblicato su Nature, a cui ha partecipato anche l’Istituto nazionale di astrofisica (Inaf), c’è appunto il piombo-205 (205Pb), un isotopo già presente al momento della formazione del Sistema solare, prodotto principalmente attraverso un processo di cattura neutronica lenta (in inglese s process) e che decade con un’emivita di 17,0 milioni di anni. Questo isotopo, le cui tracce sono state trovate nelle meteoriti più antiche, può fornire informazioni preziose sulle sorgenti stellari che hanno contaminato la nebulosa da cui si è formato il Sole e il Sistema solare. Tuttavia, fino a oggi, predire con precisione la produzione di 205Pb negli interni stellari è stato difficile e calcolare con precisione l’abbondanza del 205Pb è stato estremamente complesso, a causa dell’incertezza sui tassi di decadimento a temperature stellari.

«La misurazione del 205Tl81+ era stata proposta negli anni ’80, ma ci sono voluti decenni di sviluppo degli acceleratori e il duro lavoro di molti colleghi per realizzarla», spiega Yury Litvinov di Gsi/Fair, portavoce dell’esperimento. «Il fascio di 205Tl è stato creato nel separatore di frammenti (Frs) attraverso una reazione nucleare, con numerose iniezioni necessarie per raggiungere un numero sufficiente di ioni immagazzinati. Il team dell’Frs ha sviluppato una nuova impostazione rivoluzionaria per ottenere l’intensità del fascio richiesta per il successo dell’esperimento».

L’esperimento è stato condotto nel 2020, nelle prime settimane dei lockdown a causa della pandemia di Covid-19. «La pandemia ha creato molte difficoltà, ma la dedizione del team ha permesso di salvare la situazione», ricorda Guy Leckenby, dottorando presso il centro di ricerca Triumf e primo autore dell’articolo. «Abbiamo perfezionato l’analisi per tre anni, uno sforzo che si è rivelato fruttuoso, dato che il tempo di dimezzamento misurato di 291 giorni è il doppio rispetto a quanto stimato teoricamente. Questo dimostra quanto sia importante effettuare misurazioni sperimentali».

Il contributo dei ricercatori dell’Inaf è stato determinante per la complessa interpretazione astrofisica della nuova misura. «In una prima fase», dice Sergio Cristallo, ricercatore di Inaf d’Abruzzo, «abbiamo partecipato al calcolo dei modelli teorici di stelle in fase di ramo asintotico delle giganti, ossia la categoria di oggetti che ha “contaminato” la nube protosolare con svariati isotopi radioattivi (come il palladio 107Pd, il cesio 135Cs e il 205Pb). Questi modelli sono stati confrontati con gli equivalenti di altri due gruppi di ricerca teorica, mostrando in generale un buon accordo».

«In una seconda fase», continua Diego Vescovi, anche lui ricercatore presso lo stesso osservatorio, «il nostro gruppo Inaf ha apportato un contributo ancora più importante, partecipando all’identificazione nel dettaglio della fase stellare in cui domina il decadimento beta del 205Pb (in 205Tl) e quella in cui invece domina il processo inverso (la cattura elettronica sul Tl205). L’abbondanza superficiale del 205Pb dipende infatti in modo sostanziale dall’interazione reciproca dei due processi».

Grazie a queste nuove misurazioni, gli autori hanno avuto modo di determinare il tempo di “isolamento” del materiale che ha formato il Sole all’interno della sua nube molecolare madre, confermando che la nostra stella è nata in una nube molecolare gigante a lunga vita. Questa scoperta non solo rafforza l’attuale teoria sulla nascita del Sole, ma apre la strada all’utilizzo del sistema di decadimento 205Pb–205Tl come cronometro per tracciare la storia della formazione del Sistema solare.

 

Fonte: Media INAF

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