Gli isotopologhi sono molecole che differiscono solo per la loro composizione isotopica. Hanno dunque la stessa formula chimica, ma almeno uno degli elementi costitutivi è un isotopo, cioè un atomo di uno stesso elemento chimico con un numero diverso di neutroni. Esempi di isotopologhi sono l’acqua leggera e l’acqua semi-pesante. Nella prima, che conosciamo semplicemente col nome di acqua, ci sono due atomi di idrogeno e uno di ossigeno (H2O). Nell’altra, invece, un atomo di idrogeno è sostituito da uno di deuterio, un isotopo dell’idrogeno con un neutrone in più nel nucleo (HDO). Sono molecole utilizzate in molti campi della scienza. L’astronomia non fa eccezione.
Gli isotopologhi del monossido di carbonio – in particolare quelli contenenti il carbonio 12 e il carbonio 13 – sono utilizzati ad esempio per studiare l’atmosfera degli esopianeti e ottenere indizi sui loro meccanismi di formazione. Un team di ricercatori guidato dal Centro de Astrobiología di Madrid, in Spagna, ha ora rilevato nell’atmosfera di una nana bruna nuovi isotopologhi che, al pari di quelli del monossido di carbonio, possono essere utilizzati per studiare la formazione planetaria, in particolare quella dei giganti gassosi. Le molecole in questione sono varianti dell’ammoniaca contenenti gli isotopi dell’azoto N14 e N15, e sono state trovate nell’atmosfera di Wise J1828, una delle nane brune più fredde che si conoscono al di fuori del Sistema solare. I risultati della ricerca sono pubblicati su Nature.
Le nane brune sono corpi celesti a metà strada tra stelle e pianeti. Sono infatti troppo piccole per essere classificate come stelle vere e proprie, ma troppo grandi per essere considerate pianeti. Questa loro natura “ambigua” le rende tuttavia degli ottimi laboratori per studiare le atmosfere dei giganti gassosi, in quanto i processi fisici e chimici che vi avvengono sono quasi identici. Nello studio David Barrado, ricercatore presso il Centro di astrobiologia di Madrid, e colleghi si sono concentrati su Wise J1828, una nana bruna situata a 32,5 anni luce dalla Terra nella costellazione della Lira. Per osservare il corpo celeste, l’estate scorsa i ricercatori gli hanno puntato addosso il James Webb Space Telescope.
Nell’intervallo di lunghezze d’onda compreso tra 4,9 e 27,9 μm, lo spettrometro a media risoluzione (Mrs) dello strumento Miri – l’unico del telescopio in grado di spingersi alle lunghezze d’onda del medio infrarosso – ha registrato uno spettro della nana bruna dove, oltre a molecole d’acqua e metano, i ricercatori hanno rilevato gli isotopologhi dell’ammoniaca 14NH3 e 15NH3, costituiti rispettivamente dall’azoto 14 e dall’azoto 15, i due isotopi stabili dell’elemento.
Il passo successivo è stato quello di determinare nell’atmosfera della nana bruna il rapporto di queste due varianti dell’ammoniaca, una misura il cui valore, spiegano i ricercatori, è importante in quanto fornisce indicazioni su quale sia, tra l’accrescimento del nucleo e l’instabilità gravitazionale, il meccanismo di formazione di questo corpo celeste in particolare e dei giganti gassosi in generale. Il numero che è venuto fuori è 670, un valore che, osservano i ricercatori, suggerisce che la nana bruna non si sia formata per accrescimento del nucleo ma piuttosto attraverso il collasso gravitazionale.
Un altro risultato ottenuto dai ricercatori riguarda la variazione del rapporto 14NH3/15NH3 al variare della distanza tra il corpo celeste e la sua stella. È quindi probabile, aggiungono i ricercatori, che l’instabilità gravitazionale svolga un ruolo importante nella formazione dei giganti gassosi, soprattutto per quelli che si muovono su orbite molto grandi.
Ora che grazie al Jwst l’ammoniaca è diventata rilevabile, il rapporto 14NH3/15NH3 può essere utilizzato in futuro come indicatore per studiare formazione di stelle e pianeti, concludono i ricercatori. Si tratta di un nuovo strumento che aiuterà a discriminare tra i diversi meccanismi conosciuti di formazione dei giganti gassosi.
Fonte: Media INAF