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Dall’esterno con furore

Se c’è un’estinzione di massa nota a tutti è senz’altro quella dei dinosauri, avvenuta circa 66 milioni di anni fa. Per la verità non furono solo i dinosauri a scomparire dalla scena dell’evoluzione, ma circa il 75 per cento delle specie viventi all’epoca. Questo evento è noto come estinzione del Cretaceo-Paleogene (o evento K-Pg), ed è uno dei pochi di cui sia stato possibile stabilire, con ragionevole certezza, anche la causa. La svolta per capire il perché di questa estinzione di massa, si ebbe nel 1980 in seguito alle analisi effettuate dal fisico e premio Nobel Luis Walter Alvarez su antichi sedimenti marini – databili fra 185 e 30 milioni di anni fa – affioranti nella Gola Del Bottaccione nell’Appennino umbro a poca distanza da Gubbio. Alvarez e colleghi scoprirono, infatti, la presenza di uno strato di argilla scura (databile a circa 66 milioni di anni fa), dello spessore di circa 1 cm, con una concentrazione di iridio circa 30 volte superiore al normale.

L’iridio è un metallo che appartiene agli elementi del gruppo del platino (Pge, Platinum Group Elements) che sono rutenio, rodio, palladio, osmio, iridio e platino. Si tratta di elementi altamente siderofili quindi sono inglobati nel nucleo terrestre e hanno una scarsa abbondanza nelle rocce crostali. Al contrario, i Pge hanno alte concentrazioni nella maggior parte dei materiali di origine extraterrestre perché provenienti da corpi non differenziati come sono gli asteroidi.

Da qui la formulazione dell’ipotesi che l’estinzione dei dinosauri fu causata dalla caduta di un asteroide di circa 10 km di diametro che alterò il clima terrestre portando all’estinzione dei meno adatti a sopravvivere. L’ipotesi di Alvarez e colleghi fu pubblicata in un famoso paper sulla rivista Science. Nel 1980 però non erano note strutture da impatto compatibili con questa ipotesi. Nel decennio successivo alla scoperta dell’anomalia dell’iridio, furono identificati depositi di detriti intorno al Golfo del Messico e ai Caraibi e il cratere da impatto dello scenario ipotizzato da Alvarez venne scoperto nel 1991: ora è noto come cratere di Chicxulub. Si tratta di una struttura circolare di circa 180-200 km di diametro, parzialmente sepolta al di sotto della penisola dello Yucatan. Il cratere non è direttamente visibile, ma la sua presenza può essere messa in evidenza dalle anomalie gravitazionali e magnetiche che genera. La massa totale di iridio dello strato K-Pg è stimabile in circa 250 milioni di kg e si può dimostrare che un asteroide con una composizione simile a quella di una condrite carbonacea del diametro di 10 km può depositare circa 230 milioni di kg di iridio, in buon accordo con quanto si osserva. Che fosse un corpo simile a una condrite carbonacea è provato anche dal recupero di una meteorite fossile di questo tipo dai sedimenti K-Pg che si trovano nell’Oceano Pacifico; inoltre, anche il rapporto fra i Pge, specialmente quello rodio/iridio è coerente con una condrite carbonacea.

Un paper recente pubblicato su Science torna sulla determinazione della natura dell’asteroide di Chicxulub utilizzando come “tracciante” la composizione isotopica del rutenio (Ru), che ha sette isotopi stabili con numeri di massa che vanno da 96 a 104. I ricercatori hanno scelto il Ru perché, in diversi gruppi di meteoriti, presenta composizioni isotopiche che differiscono tutte da quella terrestre e quindi può fungere da “impronta genetica” per determinare la sorgente della componente extraterrestre. Nel caso delle rocce da impatto terrestri, ci si aspetta che la firma isotopica del Ru dell’impattore sia preservata, anche se i rapporti di abbondanza con gli altri elementi Pge vengono modificati durante l’impatto o da successivi processi geologici. Se il Ru nello strato limite K-Pg e in altre strutture da impatto terrestri ha origine da corpi extraterrestri, allora la composizione isotopica sarà diversa da quella della Terra, ma simile a una delle classi associate di meteoriti. La cosa interessante è che le firme isotopiche del Ru tra i meteoriti dipendono dalla distanza eliocentrica dove si sono formati i rispettivi asteroidi nel Sistema solare primordiale, quindi è possibile risalire alla natura dell’asteroide responsabile dell’impatto: si possono distinguere due classi principali di meteoriti, le condriti carbonacee e tutte le altre.

Utilizzando campioni dal confine K-Pg è stata così misurata la composizione isotopica del Ru per determinare le origini dell’impattore di Chicxulub. I campioni sono stati prelevati da diversi siti europei, per coprire tutta la possibile gamma dello strato di ejecta. Per confronto è stata applicata la stessa analisi ad altre strutture d’impatto del Fanerozoico, a strati di sferule legate ad antichi impatti dell’Archeano (da 3,5 a 3,2 miliardi di anni fa) e a due meteoriti carbonacee. Tutti i campioni dello strato limite K-Pg presentano le stesse variazioni della concentrazione relativa dell’isotopo 100 del Ru, praticamente indistinguibili l’una dall’altra. Le variazioni delle concentrazioni sono diverse dalle rocce terrestri, dalle condriti ordinarie o delle enstatiti, ma sono coerenti con la composizione media delle condriti carbonacee. In base a questo risultato l’impatto di Chicxulub è stato causato da un membro della popolazione degli asteroidi di tipo C che si sono formati nel Sistema solare esterno. Lo stesso vale per le sferule legate agli antichi impatti dell’Archeano. Al contrario, per cinque delle sei strutture da impatto del Fanerozoico, le composizioni isotopiche del Ru e i rapporti fra i Pge sono molto simili a quelle delle condriti ordinarie, quindi gli impattori erano asteroidi di tipo S formatisi nel Sistema solare interno. Questi risultati mostrano che negli ultimi 500 milioni di anni la Terra è stata colpita nell’80 per cento dei casi da asteroidi di tipo S e che l’impatto di un asteroide come quello di Chicxulub è un evento unico nella scala del tempo geologico.

Anche se la composizione isotopica del Ru è compatibile con i valori medi delle condriti carbonacee, ci sono degli scostamenti significativi per quanto riguarda il gruppo CI. Le condriti carbonacee CI sono ricche di sostanze volatili: acqua, sostanze organiche e altri elementi leggeri ossia hanno una composizione simile a quella delle comete. Se le condriti CI sono un “proxy” per la materia cometaria, allora le misurazioni degli isotopi del Ru escludono un’origine cometaria per l’impatto di Chicxulub, come lo aveva già escluso il ritrovamento della meteorite fossile trovata nei sedimenti oceanici. Inoltre, i dati sul Ru escludono anche le eruzioni vulcaniche dei Trappi del Deccan come origine delle elevate concentrazioni di Pge all’interno del confine K-Pg, perché se l’anomalia fosse una conseguenza delle eruzioni avrebbe una composizione isotopica del Ru uguale a quella terrestre che è marcatamente diversa rispetto a quella delle condriti carbonacee.

Come si vede l’analisi degli isotopi del rutenio dello strato K-Pg ha confermato che l’asteroide responsabile di Chicxulub era di tipo C, quindi proveniente dal Sistema solare esterno, che non era una cometa e che i Trappi del Deccan non hanno avuto nessun ruolo nell’estinzione di massa di 66 milioni di anni fa.

 

Fonte: Media INAF

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