L’incompatibilità fra relatività generale e meccanica quantistica ha i giorni contati? È quanto lasciano sperare due articoli pubblicati questa settimana – uno su Physical Review X e l’altro su Nature Communications – da un ristretto gruppo di fisici dello University College London (Ucl) guidati da Jonathan Oppenheim. Come? Proponendo che lo spazio-tempo non abbia alcuna necessità di essere governato dalla teoria quantistica, e possa dunque continuare a essere un campo “classico”. Quella che va modificata sarebbe invece la teoria quantistica stessa.
«La teoria quantistica e la teoria della relatività generale di Einstein sono matematicamente incompatibili tra loro, quindi è importante capire come si risolve questa contraddizione. È lo spazio-tempo che deve essere quantizzato, oppure dobbiamo modificare la teoria quantistica, o ancora si tratta di qualcosa di completamente diverso? Ora che abbiamo una teoria fondamentale coerente in cui lo spazio-tempo non viene quantizzato», dice Oppenheim, riferendosi alla sua proposta, «possiamo azzardare scommesse».
Un approccio radicale, in un certo senso rivoluzionario: è da quasi un secolo che i fisici stanno tentando in tutti i modi di unificare le due grandi teorie del Novecento, e i due approcci che vanno per la maggiore – quello della teoria delle stringhe e quello della gravità quantistica – hanno sempre suggerito che sia la teoria della gravità di Einstein a dover essere rivista, o “quantizzata”, per adattarsi alla teoria quantistica. Non viceversa.
Un approccio radicale al punto che due tra i più noti esponenti dei due approcci – Geoff Penington per la teoria delle stringhe e Carlo Rovelli per la gravità quantistica – sono talmente scettici riguardo alla nuova teoria “postquantistica” – così è stata chiamata – da aver accettato una scommessa uno a cinquemila con Oppenheim. Nel caso in cui si dovesse dimostrare la natura quantistica dello spazio-tempo, prevede l’accordo, Oppenheim regalerà a ciascuno dei due colleghi un item a loro scelta. Se invece risultasse corretto il contrario, Penington e Rovelli daranno ciascuno 5000 items a Oppenheim. Dove per item si intende un qualsiasi oggetto a scelta del vincitore, di valore non superiore a 25 cents. Viene anche suggerito qualche esempio: un sacchetto di patatine, una modesta quantità d’olio d’oliva, di aceto balsamico, di vino o… una bazinga ball!
Insomma, anche nella peggiore delle ipotesi, Oppenheim dovrebbe cavarsela con poco. Ma come stabilire chi vincerà? È qui che la vicenda si fa interessante: la teoria postquantistica dei fisici dell’Ucl promette di essere falsificabile sperimentalmente. Anzi, ci sarebbe più d’un modo per metterla alla prova. Lo illustra il secondo articolo, quello pubblicato su Nature Communications, che già nel titolo riporta “testing the quantum nature of gravity”.
Fra gli autori di questo secondo articolo c’è anche un giovane ricercatore italiano, Carlo Sparaciari, nato a Varese, laureato alla Statale di Milano e oggi ricercatore all’Ucl. Ed è a lui che abbiamo chiesto come si potrebbe mettere alla prova la teoria postquantistica. «Il nostro lavoro», spiega Sparaciari a Media Inaf, «parte dall’idea che la gravità e lo spazio-tempo siano classici, mentre la materia sia quantistica. Per poter mantenere questa differenza tra gravità e materia, l’interazione tra loro deve introdurre un certo grado di “casualità” – come quando si gioca a dadi – nel comportamento dello spazio-tempo. Questa casualità nello spazio-tempo si rivelerebbe nella variazione del “peso” di oggetti come una mela, o un atomo».
Ad esempio, al Bureau international des poids et mesures, in Francia, si pesa a più riprese, e con estrema precisione, il prototipo del chilogrammo, una massa di riferimento da 1 kg che dal 1889 – e fino al 2019 – è stata usata appunto per la definizione di chilogrammo. «Se per esempio la fluttuazione della massa in questo esperimento fosse minore di una certa soglia», spiega Sparaciari, «la nostra teoria verrebbe falsificata».
Oppenheim e colleghi sottolineano inoltre come la teoria postquantistica possa avere implicazioni che vanno oltre la gravità. Il “postulato della misura” della teoria quantistica, per esempio, non sarebbe più necessario, poiché le sovrapposizioni quantistiche – spiegano – si localizzerebbero necessariamente attraverso la loro interazione con lo spazio-tempo classico.
Vale infine la pena osservare che all’origine dell’elaborazione teorica di Oppenheim c’è un fenomeno legato anche all’astrofisica: è infatti “figlia” del tentativo di risolvere il paradosso dell’informazione nei buchi neri. Secondo la teoria quantistica standard, un oggetto che entra in un buco nero dovrebbe poter essere in qualche modo irradiato all’esterno, poiché l’informazione non può essere distrutta, ma ciò viola la relatività generale, secondo la quale non è possibile conoscere gli oggetti che attraversano l’orizzonte degli eventi del buco nero. La perdita assoluta dell’informazione sarebbe invece ammessa dalla teoria postquantistica, sciogliendo così i presupposti del paradosso. Bazinga!
Fonte: Media INAF