Eravamo ormai quasi convinti di abitare un sistema assolutamente fuori dal comune, in cui una serie di coincidenze evolutive più o meno probabili avevano portato alla formazione di alcuni pianeti rocciosi più internamente, di una Terra nella zona abitabile, e di alcuni pianeti giganti gassosi (o simil-gioviani) più esternamente. Un articolo appena uscito su Nature Communications, invece, cambia le carte in tavola: in un giovane gruppo di stelle vicino al Sistema solare, il Beta Pictoris moving group, almeno il 50 per cento delle stelle simili al Sole potrebbe ospitare un pianeta simil-gioviano. Attorno a tre di queste, ne sono già stati trovati quattro con massa poco superiore a quella di Giove.
Se dovessimo guardare il Sistema solare da fuori, da una stella poco lontana, certamente non vedremmo la Terra, non vedremmo Marte, né Mercurio o Venere. Vedremmo, forse, Giove e Saturno: pianeti giganti che si trovano a una distanza dal Sole un po’ oltre la linea dei ghiacci (la linea immaginaria oltre la quale l’acqua sopravvive al calore del Sole in forma di ghiaccio). Per questo, la prima cosa da fare per trovare sistemi simili al nostro attorno a stelle di massa simile al Sole, è cercare pianeti simil-gioviani, con massa e orbite simili a quelle di Giove e Saturno.
Finora però, statistiche alla mano, gli studi che cercavano questi sistemi mediante la tecnica delle velocità radiali dicevano il contrario: solo il 6 per cento circa delle stelle simili al Sole sembrava ospitare pianeti simili a Giove. Tuttavia, questa tecnica riesce a rilevare pianeti attorno a stelle vecchie almeno qualche miliardo di anni, per le quali è molto difficile risalire all’ambiente e alle condizioni di formazione. E che quindi, poco riescono a dirci sull’ambiente e sulle condizioni in cui si è formato il Sistema solare.
Ma il Beta Pictoris moving group è diverso: innanzitutto, perché si tratta di un’associazione di circa 150 stelle nate tutte in un unico episodio di formazione stellare circa 20 milioni di anni fa. Praticamente appena nate, considerando i tempi di vita delle stelle. E poi, perché si trova ad appena 115 anni luce da noi, nella direzione della costellazione del Pittore. Caratteristiche, queste, che lo rendono estremamente adatto ad essere osservato direttamente con strumenti avanzati come Sphere al Very Large Telescope in Cile, o Il Gemini Planet Imager, al telescopio Gemini Sud anch’esso in Cile.
Alcuni mesi fa, usando i dati di questi strumenti, lo stesso gruppo di ricercatori aveva pubblicato la scoperta di un quarto pianeta simil-gioviano attorno a una stella del gruppo Beta pictoris. Fino a quel momento, erano tre le stelle attorno a cui erano stati osservati simili a Giove poco oltre la linea dei ghiacci: la stessa Beta Pictoris (β Pic), AF Lec, e 51 Eri.
«Secondo i risultati del nostro nuovo studio, però, sarebbero molte di più», dice Raffaele Gratton, ricercatore all’Inaf di Padova e primo autore dello studio pubblicato su Nature Communications. «Innanzitutto, perché circa una trentina di stelle nel gruppo ha una massa che è almeno l’80 per cento di quella del Sole; poi, perché fra queste 17 avrebbero le caratteristiche giuste per ospitare pianeti simil-gioviani. Il fatto che non siano ancora stati trovati è una mera concomitanza di limiti fisici (pianeti non abbastanza massicci da essere rilevati, oppure configurazioni orbitali sfavorevoli) e tecnologici. La conclusione, secondo noi, è che questi pianeti sarebbero sì difficili da trovare in generale, ma sarebbero frequenti in sistemi come Beta Pictoris: giovani e poco densi».
Sistemi planetari simili al nostro si formerebbero quindi in ambienti poco densi, dove avrebbero il tempo per crescere indisturbati, senza il disturbo di molte stelle vicine. Il meccanismo preferito per la formazione dei pianeti dal disco proto-planetario, infatti, è l’accrescimento di gas e polvere su un nucleo centrale roccioso, un processo che richiede alcuni milioni di anni per formare pianeti massicci come Giove. L’ipotesi avanzata nello studio è che un disco proto-planetario possa sopravvivere così a lungo solo in ambienti poco densi, dove non ci sono stelle massicce vicine la cui perturbazione possa distruggere il disco prima che possa completare il processo.
«Il nostro studio mostra quindi la formazione di sistemi simili al nostro – dominati da pianeti giganti poco oltre la linea dei ghiacci – è molto comune e probabilmente è la norma in ambienti di bassa densità, dove il processo di formazione può procedere abbastanza indisturbato. Ci aspetteremmo, quindi, che anche il Sistema solare si sia formato in un ambiente a bassa densità», conclude Gratton. «Tuttavia, si pensa che solo una frazione abbastanza piccola delle stelle si formi in questo tipo di ambienti. Se si tiene conto di questo, in media solo una frazione di circa il 10 per cento delle stelle sembra ospitare sistemi simili al Sistema solare. Le osservazioni future, e in particolare quelle fornite dal prossimo rilascio dei dati del satellite Gaia, forniranno un quadro più chiaro, e comunque questo studio può orientare la futura ricerca di pianeti come la Terra».
Fonte: Media INAF