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Getti in tempo reale dal buco nero del Dragone

A 270 milioni di anni luce da noi, in direzione della costellazione del Dragone, c’è un buco nero da 1,4 milioni di masse solari che negli ultimi anni ha catalizzato l’attenzione di molti astronomi. Di conseguenza è stato immortalato più volte da numerosi telescopi, dallo spazio e da terra. È il buco nero supermassiccio al centro della galassia 1ES 1927+654, del quale abbiamo appena dato notizia: in base ai dati raccolti dal telescopio spaziale Xmm-Newton dell’Esa, mostra anomale emissioni in banda X variabili nel tempo e in frequenza, dette oscillazioni quasi periodiche (Qpo) e ascrivibili – questa l’ipotesi più recente – ai “morsi” di materia con i quali sta consumando una nana bianca che gli orbita attorno. 

Non ci sono però solo queste oscillazioni a stuzzicare la curiosità degli astronomi: osservazioni in banda radio compiute nei mesi di febbraio, aprile e maggio 2024 – riportate in un articolo pubblicato oggi su ApJ Letters e guidato da Eileen Meyer della University of Maryland Baltimore County – hanno messo in evidenza strutture che si estendono da entrambi i lati del buco nero, lunghe in totale circa mezzo anno luce, che sembrano essere getti di gas ionizzato, o plasma, emesso a circa un terzo della velocità della luce. Gli astronomi si chiedono da tempo perché solo una frazione dei buchi neri produca potenti getti di plasma e queste osservazioni potrebbero fornire indizi fondamentali per arrivare a una risposta.

«Nel 2018 il buco nero ha iniziato a cambiare le sue proprietà proprio sotto i nostri occhi, con un importante outburst ottico, ultravioletto e a raggi X, e da allora molti team lo tengono d’occhio», ha ricordato oggi Meyer al meeting dell’American Astronomical Society, in corso in questi giorni a National Harbor (Maryland, Stati Uniti). «La formazione del getto di un buco nero non è mai stata osservato prima in tempo reale. Pensiamo che l’emissione abbia avuto inizio prima del brillamento in banda radio, quando i raggi X sono aumentati, ma che il getto sia stato inizialmente schermato alla nostra vista dal gas caldo, finché all’inizio dell’anno scorso non è emerso».

E se all’origine dei “singhiozzi” in banda X pare esserci la consumazione d’una nana bianca, anche per quanto riguarda i getti radio le ipotesi non mancano. «La spiegazione che per ora ci siamo dati per descrivere ciò che sta accadendo», dice a Media Inaf una delle coautrici dello studio su ApJ LettersFrancesca Panessa dell’Istituto nazionale di astrofisica, «è che probabilmente la responsabile del lancio del getto osservato in banda radio sia una riconfigurazione del campo magnetico – ad esempio, da toroidale a poloidale – nei pressi del buco nero».

«Questa scoperta», ribadisce un altro dei coautori, Gabriele Bruni, dell’Istituto nazionale di astrofisica, «è il risultato di una massiccia campagna osservativa che coinvolge un grande numero di osservatori a terra e nello spazio, incluso lo European Vlbi Network». E proprio la varietà e la quantità di telescopi coinvolti nelle osservazioni di 1ES 1927+654, dalla banda radio fin su all’X, passando per ottico e ultravioletto, è argomento di un terzo studio su questo buco nero, sottoposto la settimana scorsa a The Astrophysical Journal.

 

Fonte: Media INAF

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