Una caratteristica delle prime galassie formatesi nell’universo è la loro elevata luminosità. Queste galassie primordiali erano talmente brillanti da oscurare qualsiasi cosa si trovasse nei dintorni. Una peculiarità, questa, associata all’onnipresenza nei loro spettri di emissione di righe molto intense che gli astronomi chiamano ‘righe di emissione estrema’ (extreme emission lines, in inglese). Le galassie con queste caratteristiche sono dunque chiamate extreme emission line galaxies (Eelg), cioè galassie a righe di emissione estrema, a sottolineare, appunto, la presenza di simili righe negli spettri di queste sorgenti. Ma a che cosa sono dovute, queste righe di emissione? Un team di astronomi guidati dalla Curtin University, in Australia, ha cercato di rispondere a questa domanda.
Per farlo, i ricercatori hanno studiato alcune giovani galassie a righe di emissione estrema e i loro ambienti circostanti, utilizzando i dati fotometrici ottenuti dallo strumento NirCam del telescopio spaziale James Webb. In particolare, hanno focalizzato la loro attenzione su un campione di 19 giovani galassie con un redshift di circa 3, cioè galassie risalenti a quando l’universo aveva più o meno 2 miliardi di anni, circa 12 miliardi di anni fa.
Il primo risultato della ricerca, condotta nell’ambito della Jwst Advanced Deep Extragalactic Survey (Jades) – un’indagine che sta esplorando l’universo primordiale attraverso l’imaging nell’infrarosso e la spettroscopia multi-oggetto – è che circa il 90 per cento delle galassie esaminate contiene enormi quantità di gas incandescente. Lo studio suggerisce, inoltre, che ciascuna galassia ha almeno una compagna: una galassia vicina con la quale interagisce o è in procinto di fondersi.
Secondo i ricercatori, la forte interazione o la fusione con queste galassie compagne sarebbe all’origine dell’accumulo nelle Eelg delle grandi quantità di gas osservate e del successivo surriscaldamento di questo gas, da cui dipenderebbe la formazione delle righe di emissione estrema negli spettri di queste galassie.
«Fino ad ora è stato difficile capire come queste galassie fossero in grado di accumulare così tanto gas», osserva Anshu Gupta, ricercatrice all’International Centre for Radio Astronomy Research (Icrar) della Curtin University e prima autrice dello studio in pubblicazione su Astrophysical Journal Letters. «I nostri risultati suggeriscono che ciascuna delle galassie in esame aveva almeno una galassia vicina. L’interazione tra queste galassie potrebbe causare il raffreddamento del gas e innescare un intenso evento di formazione stellare che potrebbe essere responsabile della caratteristica riga di emissione estrema».
«Sospettavamo che queste galassie fossero segnate da intense interazioni nell’universo primordiale», aggiunge Kim-Vy Tran, scienziata dell’Astro3D center e co-autrice dello studio, «ma solo con gli occhi acuti di Jwst abbiamo avuto la possibilità di confermare la nostra intuizione».
Più in dettaglio, l’ipotesi degli astronomi è che i processi di interazioni o fusione tra galassie Eelg e galassie compagne possano aver causato nelle prime un accumulo di gas, seguito da una fase di raffrenamento dello stesso. Questo evento potrebbe aver innescato intensi burst di formazione stellare in grado di eccitare gli atomi del gas circostante che, nel ritornare al loro stato fondamentale, hanno emesso grandi quantità di radiazione elettromagnetica: la stessa che gli astronomi vedono negli spettri di emissione sotto forma di righe molto intense.
Un altro aspetto interessante di questa ricerca è che sono emerse somiglianze nelle righe di emissione tra le primissime galassie e le galassie che si sono formate più recentemente, il cui studio è più semplice, concludono i ricercatori. Ciò significa che ora abbiamo più modi per rispondere alle domande aperte che riguardano l’universo primordiale, un periodo che è tecnicamente molto difficile da studiare.
Fonte: Media INAF