In un viluppo di polvere apre gli occhi una stella. Colonne di materiale scagliato a velocità forsennata si innalzano e sbattono contro il gas che ha la ventura di trovarsi là, dove un fatto ordinario, nella straordinaria vita dell’universo, sta accadendo. Diffuse emorragie di particelle ionizzate, che si aprono al cosmo come la corolla spalancata di un fiore, si riversano in un’area larga decine di volte il Sistema solare. Una coltre di materia luminescente, riflesso della neonata stella, ammanta la scena di splendore. Al centro un polveroso disco in formazione, culla di mondi che saranno.
Questa è la fotografia dell’irruenta nascita di un astro e dei primi vagiti del suo sistema di pianeti. A fornircela è il James Webb Space Telescope, che ha catturato dettagli straordinari di HH-30, brillante regione che circonda una stella appena nata in una nebulosa oscura della Nube del Toro, in corrispondenza della nota costellazione. Oggetti di Herbig-Haro si chiamano, queste incantevoli regioni che si accendono quando il materiale eruttato da una stella in fasce sbatte contro il gas e le polveri nelle vicinanze. L’immagine presentata in questo articolo è stata scelta come “foto del mese” da parte della Nasa, dell’Esa e dell’Agenzia spaziale canadese (Csa)
C’è tanta luce, ma c’è anche tanta polvere in questa fotografia. L’occhio infrarosso di Webb è sensibile all’emissione di minuscoli granelli di polvere, grossi solo millesimi di millimetro. Più o meno le dimensioni di un batterio. I granelli di queste dimensioni formano un diffuso pulviscolo che avvolge la regione. Con l’interferometro Alma, in passato, è stato possibile osservare grani di polvere più grossi, delle dimensioni di poco più di un millimetro, e che si addensano in una stretta regione all’interno del disco protoplanetario. Telescopi diversi, se usati in sinergia, si rivelano strumenti formidabili per indagare l’universo, in quanto ciascuno di essi cattura dettagli invisibili agli occhi degli altri strumenti. Ognuno di essi ci consegna un pezzo. Mettere insieme questi pezzetti ci consente di ricostruire quel che sta accadendo o che è successo in passato, dalle piccole scale di asteroidi e comete alle stazze colossali degli ammassi di galassie.
HH-30 piace tanto agli astronomi perché il disco di pianeti in formazione è rivolto di taglio al nostro pianeta. Questo consente agli scienziati di studiare nel dettaglio come si aggregano e come si evolvono i granelli di polvere in queste strutture. Il disco protoplanetario di HH-30 è stato scoperto dal Telescopio spaziale Hubble nel 1995 e dista 450 anni luce dalla Terra.
Celata rimane ai nostri occhi la stella. Responsabile di un tale spettacolo, evidentemente non lesina di timidezza. Sepolta nella polvere del disco che la cinge, lo scarto, l’avanzo, quello che resta, che è stato escluso dall’aggregazione del rovente astro. Un avanzo non dissimile da quello che in un tempo lontano, quattro miliardi e mezzo di anni fa, ha cominciato ad addensarsi, a creparsi, a frammentarsi nei pianeti del Sistema solare. Incluso quello che ci ospita. Uno scarto, che per noi è tutto.
Fonte: Media INAF