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Lampo radio “boom boom boom”

Era il 21 dicembre 2019. Di lì a dieci giorni le autorità sanitarie cinesi avrebbero fatto sapere al mondo che nella città di Wuhan s’era registrato un focolaio di casi d’una misteriosa forma di polmonite. Erano le 4:57 UT di sabato 21 dicembre 2019 quando, dall’altra parte del globo, in Canada, nella Columbia Britannica, un radiotelescopio interferometrico di nome Chime, in grado di captare segnali fra i 400 Mhz e gli 800 Mhz, registrava a sua volta una misteriosa sequenza d’eventi: un treno d’impulsi spaziati a intervalli regolari di 216.8 millisecondi. Nome in codice, mettendo in fila anno mese giorno, Frb 20191221A. Dove il prefisso Frb sta per fast radio burst, ovvero lampo radio veloce. Solo che questo era tutto tranne che veloce.

«Era insolito. Non solo era molto lungo, della durata di circa tre secondi, ma c’erano picchi periodici straordinariamente precisi, emissioni ogni qualche frazione di secondo – boom, boom, boom – come un battito cardiaco». A parlare è un astrofisico che di lampi radio veloci se ne intende, anche di quelli più strani, come quello “ripetente” che nel 2018 gli fece guadagnare la copertina di Nature. Si chiama Daniele Michilli, si è laureato alla Sapienza, oggi è ricercatore postdoc al Kavli Institute for Astrophysics and Space Research del Mit, il Massachusetts Institute of Technology, ed è alla guida del team che ha studiato Frb 20191221A. E anche in questo caso i risultati sono stati pubblicati su Nature.

Un lampo radio insolito, dunque. Il termine che usano gli scienziati per descriverlo è outlier: un soggetto anomalo, fuori posto, che nei grafici delle distribuzioni sta dove non si dovrebbe. Il suo segnale radio è insolitamente intenso: milioni di volte più luminoso di quello prodotto da una comune pulsar di quelle presenti nella Via Lattea. Ma soprattutto, mentre un normale lampo radio presenta un “lampo” soltanto, questo – come dicevamo – è un lungo treno d’impulsi. «È la prima volta che il segnale stesso è periodico», nota infatti Michilli. Cosa può mai averlo emesso?

«Nell’universo non sono molte le cose che emettono segnali rigorosamente periodici», osserva il ricercatore. «Nella nostra galassia sappiamo che lo fanno, per esempio, le pulsar e le magnetar, che in modo analogo a un faro generano un fascio collimato in rotazione. Riteniamo che questo nuovo segnale potrebbe essere una magnetar o una pulsar sotto steroidi».

Magnetar o super-pulsar che sia, quel che è certo è che si trova in una galassia molto lontana da noi: paliamo di miliardi di anni luce. E in un contesto tutt’altro che quieto. «Chime ha già rilevato molti Frb con proprietà diverse», ricorda a questo proposito Michilli. «Ne abbiamo visti alcuni provenire dall’interno di nubi molto turbolente, mentre altri sembrano trovarsi in ambienti puliti. Dalle proprietà del nuovo segnale, possiamo dire che attorno a questa sorgente c’è una nube di plasma che deve essere estremamente turbolenta».

Rarità – se non unicità – del segnale a parte, la regolarità del treno d’impulsi di Frb 20191221A è una caratteristica che fa gola a Michilli e colleghi anche per un altro motivo: se riuscissero a captare altri segnali periodici dalla stessa sorgente, potrebbero sfruttarne il “clock” per usarli come una sorta di orologio astrofisico. Conoscerne la frequenza e il modo in cui cambia quando la sorgente si allontana dalla Terra, per esempio, fornirebbe un metodo indipendente per stimare la velocità alla quale l’universo si sta espandendo.

 

Fonte: Media INAF

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