Un gruppo di ricerca guidato dallo University College London (Ucl) ha utilizzato tecniche di intelligenza artificiale per dedurre con maggiore precisione l’influenza e le proprietà dell’energia oscura da una mappa dell’universo che copre gli ultimi sette miliardi di anni. Lo studio, condotto dalla collaborazione Dark Energy Survey e sottomesso alla rivista Monthly Notices of the Royal Astronomical Society la settimana scorsa, ha raddoppiato la precisione con cui è stato possibile dedurre dalla mappa le caratteristiche fondamentali dell’universo, compresa la densità dell’energia oscura. Questa maggiore precisione sta permettendo ai ricercatori di escludere modelli di universo che in precedenza potevano essere plausibili.
«Utilizzando l’intelligenza artificiale per “imparare” dagli universi simulati al computer, abbiamo aumentato di due volte la precisione delle nostre stime sulle proprietà chiave dell’universo», dice Niall Jeffrey, primo autore dello studio. «Per ottenere questo miglioramento senza queste nuove tecniche, avremmo bisogno di una quantità di dati quattro volte superiore. Ciò equivarrebbe a mappare altre 300 milioni di galassie».
«I nostri risultati sono in linea con la migliore previsione attuale dell’energia oscura come costante cosmologica, il cui valore non varia nello spazio o nel tempo. Tuttavia, consentono anche una certa flessibilità per una spiegazione diversa. Per esempio, potrebbe ancora essere che la nostra teoria della gravità sia sbagliata», spiega il co-autore Lorne Whiteway.
In linea con la precedente analisi della mappa rilasciata dalla Dark Energy Survey, pubblicata per la prima volta nel 2021, i risultati suggeriscono che la materia nell’universo è distribuita in modo più uniforme – meno grumoso – rispetto a quanto previsto dalla teoria della relatività generale di Einstein. Tuttavia, la discrepanza in questo studio risulta essere meno significativa rispetto all’analisi precedente, poiché le barre di errore sono più grandi.
La mappa della Dark Energy Survey è stata ottenuta attraverso il metodo del weak gravitational lensing, ovvero osservando come la luce proveniente da galassie lontane sia stata piegata dalla gravità indotta dalla materia interposta nel suo percorso verso la Terra.
La collaborazione ha analizzato le distorsioni nelle forme di 100 milioni di galassie per dedurre la distribuzione di tutta la materia, sia oscura che visibile, in primo piano rispetto a quelle galassie. La mappa risultante ha coperto un quarto del cielo dell’emisfero meridionale.
Per il nuovo studio, i ricercatori hanno utilizzato un supercomputer per eseguire simulazioni di diversi universi basate sui dati della mappa della materia della Dark Energy Survey. Ogni simulazione era basata su un diverso modello matematico dell’universo. Da ciascuna di queste simulazioni hanno creato mappe di materia. Poi, hanno usato un modello di apprendimento automatico per estrarre da queste mappe le informazioni rilevanti per i modelli cosmologici. Un secondo strumento di apprendimento automatico, che ha imparato dai numerosi esempi di universi simulati con diversi modelli cosmologici, ha esaminato i dati reali osservati e ha fornito le probabilità che qualsiasi modello cosmologico sia il vero modello del nostro universo.
Questa nuova tecnica ha permesso ai ricercatori di utilizzare molte più informazioni dalle mappe di quanto sarebbe stato possibile con il metodo precedente.
La prossima fase dei progetti sull’universo oscuro – tra cui la missione Euclid dell’Agenzia spaziale europea, lanciata l’estate scorsa – aumenterà notevolmente la quantità di dati in nostro possesso sulle strutture su larga scala dell’universo, aiutando i ricercatori a determinare se l’inaspettata uniformità – smoothness, in inglese – dell’universo è un segno che gli attuali modelli cosmologici sono sbagliati o se esiste un’altra spiegazione. Attualmente, questa uniformità è in contrasto con quanto è previsto dall’analisi del fondo cosmico a microonde, il residuo “fossile” del Big Bang.
Fonte: Media INAF