Le stelle di neutroni e i buchi neri di massa stellare sono oggetti celesti che si formano quando stelle otto volte più massicce del Sole esauriscono il loro carburante. Il processo che porta alla loro formazione si chiama collasso gravitazionale, e avviene quando la pressione generata dagli elementi prodotti dalle reazioni termonucleari – una forza che spinge verso l’esterno – non è più in grado di controbilanciare la gravità – che tende ad attirare la materia verso l’interno. Come conseguenza, si ha una contrazione dell’oggetto astronomico che induce una titanica esplosione chiamata supernova – la morte in pompa magna della stella –, che spazza via i gusci esterni dell’astro. Ciò che resta del nucleo stellare diventa una stella di neutroni, se la massa iniziale della stella è compresa tra le 10 e le 25 masse solari, oppure un buco nero, se la massa della stella è superiore a 25 masse solari. Gli astronomi chiamano in gergo questi epiloghi stellari oggetti compatti. Si tratta di oggetti esotici, cadaveri stellari che deformano lo spazio, il tempo e la materia che li circonda: veri e propri laboratori di fisica in cui si realizzano condizioni estreme, il cui studio è fondamentale per indagare le leggi fisiche che li governano; oggetti che sono stati al centro di un recente congresso organizzato dall’Inaf la scorsa settimana a Cefalù.
Un team di astronomi dell’Università di Sydney, in Australia, di questi resti di stelle massicce ha prodotto per la prima volta una mappa della distribuzione spaziale. Non una mappa qualsiasi, bensì la mappa delle stelle di neutroni e dei buchi neri prodotti dalla morte di antiche stelle della nostra galassia. I risultati dello studio sono stati pubblicati lo scorso agosto sulla rivista Monthly Notices of the Royal Astronomical Society.
Scovare questi antichi resti stellari è complicato per almeno due motivi. Il primo ha a che fare con l’evoluzione della nostra galassia: nel corso di 13.6 miliardi di anni la Via Lattea si è evoluta, il che significa che la loro distribuzione non si sovrappone perfettamente all’attuale distribuzione delle stelle nella nostra galassia. Il secondo motivo è legato alla loro localizzazione: i buchi neri e le stelle di neutroni possono infatti essere “calciati” a grandi distanze e in direzioni casuali dalla forza dell’esplosione della stella che li ha generati, finendo ai margini della galassia o perfino nello spazio intergalattico.
Utilizzando simulazioni al computer, i ricercatori hanno modellato le posizioni iniziali di milioni di stelle massicce nella Via Lattea primordiale, ottenendo una mappa che mostra dove questi resti di stelle morte potrebbero essere finiti.
«Uno dei problemi nel trovare questi oggetti antichi è che, fino ad ora, non avevamo idea di dove cercarli», spiega Peter Tuthill, astrofisico all’Università di Sydney, tra gli autori dell’articolo. «Le stelle di neutroni e i buchi neri più antichi sono stati creati quando la galassia era più giovane e aveva una forma diversa. Nell’arco di miliardi di anni la Via Lattea ha subito complessi cambiamenti, modellare tutto questo per cercare i resti di stelle morte è stato uno degli obiettivi principali dello studio».
La mappa risultante mostra un “mondo di sotto” di buchi neri e stelle di neutroni che si annida in ogni angolo della Via Lattea, e anche oltre. “Galactic underworld”, così l’hanno definito i ricercatori.
«L’estensione di questo sottomondo galattico è oltre tre volte maggiore rispetto all’altezza della Via Lattea stessa. E un incredibile 30 per cento degli oggetti è stato completamente espulso dalla galassia», sottolinea David Sweeney, dottorando dell’Università di Sydney e autore principale dello studio.
«Vedere questa mappa è stato un po’ uno shock», aggiunge Sanjib Sharma, ricercatore all’Università di Sydney e anche lui tra i firmatari della ricerca. «Lavoro ogni giorno con le immagini della galassia visibile che conosciamo oggi e mi aspettavo che il sottomondo galattico fosse a grandi linee simile, sebbene leggermente diverso. Ma non mi aspettavo un cambio di forma così radicale».
Nella versione galactic underworld della mappa della nostra galassia vista dall’alto, i caratteristici bracci a spirale infatti spariscono completamente, in parte a causa dell’età della maggior parte dei resti e in parte per gli effetti di sfocatura prodotti dalle supernove che hanno creato i resti, spiegano i ricercatori.
Ancora più interessante, però, è la vista laterale della mappa: mostra che la più grande concentrazione di resti stellari si trova vicino al centro della galassia. Ciò sarebbe dovuto all’energia cinetica iniettata dalle supernove, che ne induce la distribuzione in un alone attorno alla Via Lattea visibile. Il resto delle stelle morte è sparpagliato su tutti i lati della galassia.
I ricercatori hanno inoltre stimato che questo cimitero di antichi buchi neri e stelle di neutroni contenga solo circa l’un per cento della massa totale della nostra galassia e che il residuo stellare più vicino a noi dovrebbe trovarsi a soli 65 anni luce dal Sole, più o meno nel nostro cortile stellare, in termini galattici.
«La parte più entusiasmante di questa ricerca è ancora davanti a noi», conclude Sweeney. «Ora che sappiamo dove guardare, stiamo sviluppando tecnologie per cercarli, questi resti. Il “sottomondo galattico” non rimarrà avvolto nel mistero per molto tempo».
Fonte: Media INAF