Gli astronomi lo chiamano “problema del piano delle galassie satelliti”. Ed è un problema che li affligge da mezzo secolo: una frazione consistente delle galassie nane satelliti della Via Lattea appare disposta lungo un piano, appunto. Come una sorta di eclittica, con la Via Lattea al posto del Sole e le galassie nane – undici, in particolare: quelle dette “classiche” – al posto dei pianeti.
E perché mai dovrebbe essere un problema? È presto detto: se nel caso dei pianeti la disposizione lungo un piano è la naturale conseguenza del fatto che si sono formati da un unico disco protoplanetario che ruotava intorno al Sole, nel caso delle galassie satelliti della Via Lattea un meccanismo che spieghi una simile disposizione non esiste. Il modello cosmologico più condiviso, il cosiddetto Lambda-Cdm, prevede infatti che le galassie satelliti orbitino tutt’attorno alla nostra galassia senza disporsi lungo un piano preferenziale – in modo isotropico, seguendo l’alone di materia oscura.
L’enigma dovrebbe essere stato ora chiarito grazie ai dati del telescopio spaziale Gaia dell’Esa e a un team di ricercatori delle università di Durham (Regno Unito) ed Helsinki (Finlandia): la spiegazione è che si tratta, potremmo dire, di una coincidenza. Detto altrimenti, quelle undici galassie satelliti ci appaiono allineate oggi, ma se le avessimo osservate un miliardo di anni fa – o se le osservassimo tra un miliardo di anni – ecco che la loro disposizione risulterebbe assai più disordinata, l’allineamento si dissolverebbe e l’isotropia si farebbe evidente.
Una conclusione importante soprattutto per i cosmologi, questa, perché il “problema delle satelliti” – «una cosa davvero sbalorditiva», dice il primo autore dello studio pubblicato oggi su Nature Astronomy, Till Sawala dell’Università di Helsinki – era fra quelli che contribuiscono a mettere in dubbio il modello del cosmo basato sulla materia oscura. Da quando il piano delle galassie satelliti era stato per la prima volta osservato, negli anni Settanta, gli astronomi avevano infatti tentato senza successo di ottenere strutture simili attraverso le simulazioni che consentono di tracciare al supercomputer l’evoluzione dell’universo dal Big Bang ai giorni nostri. Ritrovandosi così costretti a rimettere in discussione la teoria della formazione delle galassie basata sulla materia oscura fredda.
La svolta è arrivata grazie alla qualità e alla quantità senza precedenti dei dati di Gaia, una mappa a sei dimensioni di oltre un miliardo di stelle della nostra galassia e dintorni. Dati che hanno consentito di ricostruire con precisione le orbite delle galassie satelliti e di ottenerne la posizione nel passato e nel futuro, spostandosi virtualmente nel tempo per centinaia di milioni di anni. Ma anche le simulazioni cosmologiche hanno avuto bisogno di una messa a punto. Gli autori dello studio si sono infatti resi conto che i precedenti lavori basati su simulazioni erano fuorviati dal fatto che non tenevano conto in modo corretto delle distanze delle galassie satelliti dal centro della Via Lattea.
«Siamo stati in grado di rimuovere una tra le principali sfide alla teoria della materia oscura fredda, che continua a fornire una descrizione straordinariamente fedele dell’evoluzione del nostro universo», conclude uno dei coautori dello studio, Carlos Frenk, della Durham University.
Fonte: Media INAF