La missione Cheops dell’Agenzia spaziale europea (Esa) ha confermato l’esistenza di quattro esopianeti caldi in orbita attorno ad altrettante stelle nella Via Lattea. Le dimensioni di questi pianeti sono comprese tra la dimensione della Terra e quella di Nettuno, e orbitano attorno alle loro stelle più vicino di Mercurio attorno al Sole.
Questi cosiddetti mini-Nettuni sono diversi da qualsiasi pianeta del Sistema solare e costituiscono il “collegamento mancante” tra i pianeti simili alla Terra e quelli simili a Nettuno. Si tratta di oggetti molto comuni e piuttosto misteriosi: sono più piccoli, più freddi e più difficili da trovare rispetto ai cosiddetti gioviani caldi, dei quali esistono moltissimi esempi. Mentre i gioviani caldi orbitano attorno alla loro stella in poche ore o giorni, e in genere hanno temperature superficiali superiori a 1000 °C, i mini-Nettuni caldi impiegano più tempo a orbitare attorno alle loro stelle e hanno temperature superficiali più fredde, di soli 300 °C circa.
Il primo segno dell’esistenza di questi quattro nuovi esopianeti è stato trovato dalla missione Tess della Nasa. Tuttavia, Tess ha indagato ciascuna stella solo per 27 giorni, nei quali ha individuato un accenno relativo a un solo transito per ognuno, confermato da un passaggio successivo nella missione estesa.
Gli scienziati hanno calcolato i periodi orbitali più probabili e hanno indicato a Cheops le stelle nel momento in cui si aspettavano il transito dei pianeti. È così che anche Cheops è stato in grado di misurare un transito per ciascuno degli esopianeti, confermando la loro esistenza, scoprendo i loro veri periodi orbitali e facendo il passo successivo verso la loro caratterizzazione.
I quattro pianeti appena confermati hanno orbite comprese tra 21 e 53 giorni attorno alle quattro diverse stelle. La loro scoperta è importante perché avvicina il nostro campione di esopianeti conosciuti a orbite più lunghe, che troviamo nel Sistema solare.
Una delle domande in sospeso sui mini-Nettuni è di cosa sono fatti. Si ipotizza che abbiano un nucleo ferroso-roccioso con spessi strati esterni di materiale più leggero. Diverse teorie prevedono diversi strati esterni: hanno oceani profondi di acqua liquida, un’atmosfera gonfia di idrogeno ed elio o un’atmosfera di puro vapore acqueo?
Scoprire la loro composizione è importante per comprendere la storia della formazione di questo tipo di pianeta. I mini-Nettuni ricchi d’acqua probabilmente si sono formati nelle regioni ghiacciate del loro sistema planetario prima di migrare verso l’interno, mentre da combinazioni di roccia e gas si potrebbe inferire che siano rimasti nello stesso posto in cui si sono formati.
Le nuove misurazioni di Cheops hanno contribuito a determinare il raggio dei quattro esopianeti, mentre la loro massa si può determinare utilizzando le osservazioni dei telescopi terrestri. Combinando la massa e il raggio si ottiene una stima della densità complessiva, che può a sua volta dare una prima stima della massa del nucleo ferro-roccioso. Sebbene queste nuove informazioni sulla densità rappresentino un importante passo avanti nella comprensione dei mini-Nettuni, non sono sufficienti per offrire una conclusione per quanto riguarda gli strati esterni.
I quattro esopianeti recentemente confermati orbitano attorno a stelle luminose, il che li rende candidati perfetti per un follow-up da parte del telescopio spaziale James Webb o della futura missione Ariel dell’Esa. Queste missioni spettroscopiche potrebbero scoprire cosa contengono le loro atmosfere e fornire una risposta definitiva alla composizione dei loro strati esterni.
È necessaria una caratterizzazione completa per capire come si sono formati questi corpi. Conoscere la composizione di questi pianeti ci dirà con quale meccanismo si sono formati e questo a sua volta ci aiuterà a comprendere meglio le origini e l’evoluzione del Sistema solare.
I risultati delle osservazioni dei quattro esopianeti sono stati pubblicati ieri in quattro articoli su Astronomy & Astrophysics e Monthly Notices of the Royal Astronomical Soci
Fonte: Media INAF