Com’era la nostra galassia appena nata? Un biografo della Via Lattea che ne volesse ricostruire il volto e la storia sin dai primissimi istanti di vita si troverebbe in seria difficoltà: non esiste infatti un album fotografico al quale attingere, né un testimone pronto a raccontare. Gli astronomi che si cimentano in quest’impresa sono dunque costretti a ricorrere a un escamotage: sfruttare quella meravigliosa macchina del tempo che ci mette a disposizione la finitezza della velocità della luce per cercare galassie simili alla nostra ma molto distanti da noi, e dunque collocate là dove l’universo era ancora giovanissimo.
È ciò che è riuscito a fare ora un team guidato da Lamiya Mowla del Wellesley College (Usa) puntando il telescopio spaziale James Webb verso una remota galassia – osservata per la prima volta con il telescopio spaziale Hubble – che si è formata quando l’universo aveva circa 600 milioni di anni. Una galassia dal nome evocativo, Firefly Sparkle, dovuto all’emissione luminosa dei suoi ammassi stellari, che ricorda quella degli insetti bioluminescenti e che potremmo tradurre come “scintillare di lucciole”. Ed è proprio la fievolezza della luce emessa da questa galassia – fioca quanto possono esserlo, appunto, i tenui bagliori prodotti da una lucciola in una notte di inizio estate – a renderla idonea più di altre a rappresentare la Via Lattea neonata. Di galassie già presenti all’epoca di cui stiamo parlando ne conosciamo infatti parecchie, ma sono perlopiù molto grandi e luminose. Troppo grandi e luminose rispetto a quel che doveva essere la nostra galassia alla loro età. Firefly Sparkle è diversa: con una massa stellare pari a circa dieci milioni di volte quella del Sole, è grande più o meno quanto gli astronomi stimano fosse la Via Lattea in origine.
Non è un caso se Firefly Sparkle è fra le poche galassie così piccole a essere state osservate in dettaglio in epoche così remote. L’enorme distanza spaziotemporale che la separa da noi – misurata in redshift analizzandone lo spettro si trova a z= 8,296 – rende praticamente impossibile coglierne la debole luce. Per riuscirci, e per arrivare addirittura a distinguerne i dettagli, nemmeno Webb sarebbe stato sufficiente: è stata solo la fortunata presenza lungo la linea di vista di una lente gravitazionale a consentire il successo dell’impresa, riportata oggi su Nature.
Sotto lo sguardo senza rivali di Webb e della lente gravitazionale insieme, ecco così che Firefly Sparkle si è rivelata essere anzitutto non da sola bensì accompagnata da due piccole galassie vicine, battezzate da Mowla e colleghi “la migliore amica di Firefly” e “la nuova migliore amica di Firefly” (Firefly-Best Friend e Firefly-New Best Friend), situate rispettivamente a 6mila e 40mila anni luce da Firefly Sparkle, vale a dire meno delle dimensioni che ha la Via Lattea oggi. Non meno interessante, poi, anche al fine di ricostruire la possibile storia della Via Lattea, è che è stato possibile distinguere gli ammassi stellari al suo interno: gli astronomi ne hanno osservati dieci, per una massa totale, come dicevamo, pari a circa dieci milioni di volte quella del Sole. Questo fa di Firefly Sparkle, fra quelle osservate in un’epoca così remota, una delle galassie con la massa più bassa – simile appunto a quella che poteva avere la Via Lattea – per le quali sia stato possibile distinguere i singoli ammassi stellari.
Fonte: Media INAF