Cosa c’era dietro le aurore che si sono viste – eccezionalmente – nelle scorse settimane in Italia? Il Sole, innanzitutto, che con la sua tempesta geomagnetica annunciata dalla comparsa di una regione attiva di macchie solari sempre più estesa sin da inizio maggio. «Le caratteristiche che vediamo osservando il Sole, come la corona che molti hanno visto durante la recente eclissi solare, le macchie solari e le eruzioni solari, sono tutte associate al suo campo magnetico», dice Keaton Burns, ricercatore al Dipartimento di matematica del Mit e coautore dell’articolo uscito oggi su Nature, e che mette in discussione tutto quel che finora era stato ipotizzato circa l’origine del campo magnetico solare. Continua, infatti, dicendo: «Dimostriamo che perturbazioni isolate vicino alla superficie del Sole, lontano dagli strati più profondi, possono crescere nel tempo fino a produrre le strutture magnetiche che vediamo». In altre parole, il campo magnetico del Sole nascerebbe nei suoi strati più esterni, vicino alla superficie.
Il meccanismo che innesca il campo magnetico solare si chiama dinamo (sì, come quella che si usa nelle biciclette più tradizionali per accendere i faretti), ed è generato dai moti del flusso del plasma nei diversi strati della nostra stella. Il Sole è infatti una gigantesca palla di plasma che ribolle vicino alla superficie. In questa regione, che si chiama “zona di convezione” e si estende per circa 200mila chilometri sotto la superficie, si ha un flusso continuo di plasma dal basso verso l’alto e poi di nuovo verso il basso, in una sorta di moto circolare perenne.
«Una delle idee di base per l’avvio di una dinamo è che ci sia una regione in cui ci sia del plasma che si muove accanto ad altro plasma e che il movimento di taglio converta l’energia cinetica in energia magnetica», spiega Burns. «Si pensava che il campo magnetico del Sole fosse creato dai moti in fondo alla zona di convezione (e quindi, in profondità, ndr)». Per capirlo, finora si facevano complicatissime simulazioni che descrivevano il moto di questo plasma a diverse profondità. I risultati, però, non riuscivano a trovare riscontro nelle osservazioni di macchie solari, brillamenti ed eruzioni solari generate dal campo magnetico. In questo studio, invece, i ricercatori hanno raccolto modelli della struttura del Sole dalle osservazioni eliosismiche, con l’idea di comprendere la struttura interna e i processi partendo dalle vibrazioni registrate sulla superficie. «Poi – continua Burns – ci siamo chiesti: ci sono perturbazioni, o piccoli cambiamenti nel flusso di plasma, che potremmo sovrapporre a questa struttura media e che potrebbero crescere fino a causare il campo magnetico del Sole?».
Hanno cercato di rispondere sfruttando il Progetto Dedalus, una struttura numerica in grado di simulare molti tipi di flussi fluidi con alta precisione: l’algoritmo ha scoperto nuovi modelli che potrebbero crescere e dare origine a un’attività solare realistica. Hanno trovato, in particolare, modelli che corrispondono alle posizioni e ai tempi delle macchie solari osservate dagli astronomi fin da Galileo nel 1612. In queste simulazioni, alcuni cambiamenti nel flusso di plasma limitate ad appena il 5-10 per cento degli strati superficiali del Sole (fino a circa 32mila chilometri di profondità), sono sufficienti a generare strutture magnetiche. Al contrario, i cambiamenti negli strati più profondi (oltre 200mila chilometri di profondità) producono campi solari meno realistici.
Capire l’origine del campo magnetico solare, oltre ad essere una questione “in sospeso” da secoli con la nostra stella, è anche l’unica via per saper prevedere i brillamenti, le macchie e tutti quei processi che causano le tempeste magnetiche che colpiscono la Terra. Quando le eruzioni solari e le espulsioni di massa coronale si dirigono verso la Terra, infatti, oltre a stupirci con effetti speciali come le aurore, possono danneggiare gravemente le infrastrutture elettriche e di telecomunicazione, compresi gli strumenti di navigazione Gps. Anche le recenti tempeste solari di questo mese, ad esempio, hanno messo fuori uso sistemi di navigazione utili ad attività di sussistenza per l’uomo, come quelli usati per le attrezzature agricole.
Fonte: Media INAF