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Se la materia oscura interagisce con sé stessa

Al contrario di quanto stabilito dal modello standard, la materia oscura potrebbe possedere la proprietà di interagire con sé stessa. A dirlo è una ricerca pubblicata lo scorso aprile su Astronomy & Astrophyics e condotta da Riccardo Valdarnini del gruppo di astrofisica e cosmologia della Sissa. Utilizzando delle simulazioni numeriche, lo studio ha analizzato quanto succede in “El Gordo” (“Il grasso” in spagnolo), un gigantesco ammasso di galassie (un cluster, in inglese) in collisione lontano sette miliardi di anni luce da noi. I calcoli effettuati nella ricerca hanno spiegato che la separazione fisica tra i punti di massima densità della materia oscura da quelli delle altre componenti della massa, osservata in quel cluster, si può spiegare con un modello alternativo a quello standard, definito Sidm (Self Interacting Dark Matter). Con questa analisi viene quindi data una significativa evidenza a favore del modello Sidm secondo cui le particelle di dark matter si scambiano energia fra di loro attraverso collisioni, con interessanti ripercussioni in ambito astrofisico.

“El Gordo”: una gigantesca struttura cosmica per studiare la materia oscura

«Secondo il modello cosmologico standard, la materia che conosciamo, definita in gergo “barionica”, costituirebbe solo il 10 per cento della materia totale. Il restante 90 per cento sarebbe materia oscura» spiega l’autore della ricerca, Riccardo Valdarnini. «È generalmente ritenuto che questa materia sia non barionica, fatta da particelle che non collidono e rispondono solo alla gravità. Da qui la definizione “cold dark matter”. Ci sono tuttavia una serie di questioni aperte a cui ci pongono i dati osservativi che non sono state ancora spiegate con il modello standard. Per rispondere a queste domande, diversi autori propongono un modello alternativo, chiamato appunto Sidm». Provare le proprietà collisionali della materia oscura e, più in generale, le teorie alternative a quello standard è molto complicato. «Esistono però dei laboratori unici molto utili a questo scopo, distanti da noi molti anni luce», continua il ricercatore. «Sono i cluster massivi di galassie, ossia gigantesche strutture cosmiche che quando collidono fra di loro sono tra gli eventi più energetici dal Big Bang in poi. Tra questi “El Gordo”, con una massa di circa 10 milioni di miliardi di masse solari, è uno dei più grandi. Questo ammasso celeste, per le sue peculiarità, è stato oggetto di numero studi, sia teorici che osservazionali».

La materia oscura potrebbe essere collisionale

Secondo il modello standard, durante la fusione di questi grandi ammassi di galassie il comportamento della massa gassosa in collisione sarà diverso da quello delle altre due componenti, galassie e materia oscura. In uno scenario come questo, il gas dissiperà parte della sua energia iniziale. «Per questo, dopo la collisione, il picco della densità di massa del gas rimarrà indietro rispetto a quelli della materia oscura e delle galassie, che resteranno uniti», spiega Valdarnini. Con il modello Sidm, invece, si dovrebbe assistere a un fenomeno caratteristico: le posizioni dei punti di massima densità della materia oscura, i centroidi, si separerebbero da quelli delle altre componenti di massa con delle peculiarità che rappresentano una vera e propria “firma dei modelli Sidm”. In effetti, secondo le osservazioni, questo è proprio ciò che accade in “El Gordo”.

El Gordo: ecco cosa mostrano le osservazioni

«Partiamo dunque dalle osservazioni: “El Gordo” è costituito da due sub ammassi massivi», spiega Valdarnini, «rispettivamente denominati nord-occidentale (NW) e sud-orientale (SE). L’immagine ai raggi X del cluster “El Gordo” mostra un singolo picco di emissione ai raggi X nel sub-ammasso SE e due deboli code allungate dietro il picco X. Una caratteristica degna di nota è la posizione dei picchi delle diverse componenti di massa. A differenza di quanto osservato nel Bullet Cluster, un altro importante esempio di ammasso in collisione, il picco dei raggi X precede il picco di materia oscura del cluster SE. Inoltre, la galassia più luminosa del cluster (Bcg) non solo segue il picco dei raggi X, ma sembra anche essere spazialmente spostata rispetto al centroide di massa del cluster SE. Un altro aspetto degno di nota si osserva nel sub-ammasso NW, dove il picco della densità numerica delle galassie è spostato spazialmente rispetto al corrispondente picco di massa».

I risultati dello studio: la materia oscura collisionale come spiegazione di quanto osservato

Per spiegare quanto evidenziato, e avvalorare i modelli Sidm, nello studio pubblicato su Astronomy & Astrophyics Valdarnini si è avvalso di un ampio insieme di simulazioni, definite in gergo N-body/idrodinamiche. In questo modo ha effettuato uno studio sistematico mirato a riprodurre le caratteristiche osservate nel cluster “El Gordo”. «Il risultato più significativo di questo studio di simulazione è che gli spostamenti relativi osservati tra le posizioni dei diversi centroidi di massa del cluster “El Gordo” sono spiegati in modo naturale se la materia oscura interagisce con sé stessa», dice Valdarnini. «Per questa ragione, questi risultati forniscono una firma inequivocabile di un comportamento della materia oscura che mostra proprietà collisionali in uno scontro molto energetico fra ammassi. Esistono comunque delle incoerenze, in quanto da queste simulazioni si ottengono per la sezione d’urto Sidm valori al di sopra degli attuali limiti superiori ottenuti su scale di ammassi. Questo suggerisce che gli attuali modelli Sidm dovrebbero essere considerati solo come un’approssimazione al primo ordine, e che i processi fisici sottostanti che descrivono l’interazione della materia oscura nelle collisioni fra ammassi siano più complessi di quanto possa essere adeguatamente rappresentato dall’approccio comunemente assunto, basato cioè su un modello di urti fra particelle di materia oscura. Ma, senza dubbio, viene dato un significativo supporto alla possibilità di una materia oscura auto-interagente fra ammassi in collisione, come alternativa al paradigma standard della materia oscura non collisionale».

 

Fonte: Media INAF

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