Cosa succede quando due buchi neri si fondono, lo sappiamo abbastanza bene. L’enorme quantità di energia sprigionata, anche sotto forma di onde gravitazionali, negli ultimi anni è stata rivelata grazie a interferometri come Ligo e Virgo. Ma da dove vengono i buchi neri che si fondono e come si arriva, esattamente, a un simile scontro? Se aprite la pagina della rivista Astronomy and Astrophysics, e cercate fra gli articoli in arrivo (o forthcoming), potreste trovare una prima risposta. Si tratta di uno studio condotto da ricercatori dello University College of London e dell’università tedesca di Potsdam che hanno osservato il sistema binario di stelle più massiccio di sempre, destinato a diventare una coppia di buchi neri e, infine, a fondersi in un unico mostro cosmico fra circa 18 miliardi di anni.
Tutto ha inizio da un sistema binario di stelle massicce, dunque. Nulla di strano, perché gran parte delle stelle nell’universo si trova in coppia, e quelle massicce non fanno eccezione. Il sistema in questione si trova in un ammasso stellare giovane all’interno della Piccola Nube di Magellano, a circa 210 mila anni luce dalla Terra. Le due stelle orbitano l’una intorno all’altra ogni tre giorni e – questa la particolarità – costituiscono il sistema binario a contatto più massiccio mai osservato. Significa che le due stelle “si toccano”, scambiandosi massa. In particolare, la stella più piccola, più luminosa e più calda, con una massa pari a 32 quella del Sole, sta attualmente perdendo massa in favore della sua compagna più grande, 55 volte più massiccia della nostra stella.
Gli astronomi le hanno osservate usando il telescopio spaziale Hubble e lo spettrografo Muse al Very Large Telescope dell’Eso, in Cile, e poi hanno cercato le informazioni mancanti in dati di archivio di altri telescopi spaziali e terrestri. Ne hanno calcolato la velocità radiale, cioè il loro movimento di allontanamento e avvicinamento lungo la linea di vista dalla Terra, la massa, la luminosità, la temperatura e infine le orbite. L’analisi spettroscopica ha indicato che gran parte dell’involucro esterno della stella più piccola è stato asportato dalla sua compagna più grande: il raggio di entrambe le stelle ha infatti superato il lobo di Roche – cioè la regione intorno a una stella in cui il materiale è legato gravitazionalmente a essa – e si nota che parte del materiale della stella più piccola sta traboccando e si sta trasferendo alla stella compagna.
Tutti i parametri osservativi calcolati sono serviti poi a nutrire i modelli di evoluzione teorica, usati per delineare il futuro del sistema: fra circa 700mila anni la stella che viene attualmente alimentata esploderà come supernova e diventerà un buco nero che continuerà a nutrirsi della compagna. Dopo circa 200mila anni, però, anche la stella superstite diventerà un buco nero. I due buchi neri continueranno a orbitare, l’uno intorno all’altro e con un periodo di alcuni giorni, per miliardi di anni. Lentamente perderanno energia attraverso l’emissione di onde gravitazionali, cosa che ridurrà il periodo orbitale a pochi secondi e li porterà, infine, a fondersi insieme. Accadrà, secondo i modelli, tra 18 miliardi di anni, e l’evento causerà un enorme rilascio di energia e di onde gravitazionali, che potrebbero teoricamente essere rilevate con strumenti sulla Terra.
Solo teoricamente, però, dato che come dicevamo l’evento di fusione non avverrà prima di 18 miliardi di anni. Vedere le due stelle a questo punto della loro evoluzione, comunque, è utile per capire come si formano le binarie di buchi neri che poi danno origine alle onde gravitazionali rivelate con Ligo e Virgo. I buchi neri che si vedono fondersi oggi, infatti, si sono formati miliardi di anni fa, quando l’universo aveva livelli inferiori di ferro e altri elementi pesanti.
Gli elementi pesanti prodotti dalle stelle aumentano mentre l’universo invecchia e le stelle completano i loro cicli evolutivi, e la loro diffusione nel cosmo rende meno probabile la fusione di buchi neri. Le stelle con una percentuale maggiore di elementi più pesanti, infatti, emettono venti più forti e si separano prima. Nell’universo vicino e moderno, quindi, la Piccola Nube di Magellano è un ambiente insolito: contiene circa un settimo del ferro e degli altri metalli pesanti rispetto alla Via Lattea, e quindi assomiglia molto di più agli ambienti che si trovavano in passato, nell’universo. Si trova molto vicina, però, cosa che permette agli astronomi di studiarla in gran dettaglio e con diversi strumenti da terra e dallo spazio. E chissà che non se ne trovino altri, di sistemi simili, magari in uno stato evolutivo più avanzato e prossimo alla fusione.
Fonte: Media INAF