Una delle sfide che si pone oggi l’astrofisica moderna è la caratterizzazione chimica delle atmosfere degli esopianeti. L’obiettivo di questi studi è di individuare la firma di molecole che ci diano informazioni sui processi geochimici e biologici che avvengono su mondi oltre il Sistema solare. Da questo punto di vista, una molecola considerata di particolare interesse è il metano. Il suo potenziale astrobiologico è dovuto al fatto che la maggior parte di questa molecola nella nostra atmosfera è di origine biologica. L’interesse dal punto di vista geochimico è invece dovuto al fatto che nelle atmosfere esoplanetarie la molecola viene distrutta rapidamente e in modo irreversibile dalla radiazione solare; si pensa dunque che ci siano dei processi geochimici che riforniscono l’atmosfera della molecola.
Individuare il metano nell’atmosfera di un pianeta non è semplice, soprattutto se la molecola è presente in piccole quantità. Un modo per ovviare questo problema è studiare l’atmosfera di un mondo in cui il metano è il principale assorbitore di luce visibile, magari un mondo relativamente vicino, e cercare di ottenere l’impronta digitale completa della molecola, così da poterla utilizzare poi per individuare il composto nelle atmosfere di altri mondi. È ciò che ha fatto un team di ricerca guidato dall’Università di Lisbona, utilizzando come laboratorio naturale la luna di Saturno, Titano, un corpo nella cui atmosfera il metano è l’unico grande assorbitore di luce visibile.
Nella studio, i cui risultati sono pubblicati su Planetary and Space Science, i ricercatori hanno utilizzato gli spettri di assorbimento della luce visibile della luna ottenuti dallo strumento Uves, uno spettrografo installato sul Very Large Telescope dell’Eso, in Cile. Tali spettri di assorbimento mostrano delle righe prodotte dalla luce proveniente dal Sole che è stata assorbita dai gas presenti nell’atmosfera della luna. Righe che, come fossero le linee d’un codice a barre, etichettano inequivocabilmente l’elemento che ne è responsabile. Analizzando questi spettri, Rafael Silva, ricercatore presso l’Università di Lisbona, e colleghi hanno identificato e caratterizzato al loro interno 97 righe di assorbimento del metano a lunghezze d’onda inferiori a 620 nanometri; righe mai identificate prima d’ora e che sono indispensabili per scovare la molecola in altre atmosfere.
In questo tipo di indagini, la sfida è riuscire a distingue le righe di assorbimento di molecole presenti nell’atmosfera di Titano dalle righe di assorbimento delle molecole presenti nell’atmosfera solare. Come Titano, anche l’atmosfera della nostra stella contiene molecole che possono assorbire luce visibile e produrre righe di assorbimento. Per ottenere informazioni precise sulla molecola che si vuole studiare bisogna dunque “eliminare” queste ultime righe. Il motivo? potendosi trovare nelle stesse posizioni spettrali delle righe del metano, ne rendendo difficile l’identificazione.
L’approccio utilizzato dai ricercatori per raggiungere lo scopo sfrutta il noto effetto Doppler dovuto alla velocità radiale Titano-Sole. A seconda che il Sole si muova verso di noi o si allontani da noi, la sua luce rispetto a Titano sarà spostata verso il blu o verso il rosso. Un tale spostamento si traduce in un cambiamento nella posizione delle righe di assorbimento nello spettro della stella.
Sfruttando quattro distinte notti di osservazione di Titano e utilizzando il relativo spostamento Doppler della luce solare, i ricercatori sono riusciti a distinguere tra le righe di assorbimento solare, la cui posizione è cambiata nel tempo, e le righe di assorbimento di Titano. Il confronto visivo tra i distinti spettri di osservazione notturna ha mostrato infatti le righe solari spostate per effetto Doppler rispetto a quelle originate da Titano.
La scoperta delle righe di assorbimento nel visibile del metano non è l’unico risultato di questo studio. L’analisi degli spettri di assorbimento di Titano ha permesso infatti ai ricercatori di rilevare la presenza negli strati alti dell’atmosfera, a circa 600 chilometri di altitudine, della molecola del tricarbonio, un gas incolore individuato per la prima volta nella chioma di una cometa, successivamente trovato nelle nubi interstellari diffuse ma mai prima d’ora in una atmosfera planetaria. Nonostante siano molto specifiche per questo tipo di molecole, le righe di assorbimento che il team ha associato al tricarbonio sono poche e di bassa intensità. Per questo motivo i ricercatori effettueranno nuove osservazioni per cercare di confermare questa rilevazione.
Data la rilevanza geochimica e astrobiologica del metano, questo studio è di particolare importanza per i futuri studi delle atmosfere esoplanetarie, concludono i ricercatori. La ricerca mostra anche i vantaggi di utilizzare un obiettivo planetario vicino per testare nuovi metodi di caratterizzazione di composti atmosferici minori.
Fonte: Media INAF