Come funzionino nel dettaglio i meccanismi di crollo del tasso di formazione stellare nelle galassie non è ancora del tutto chiaro e la qustione è da tempo al centro di un ampio dibattito all’interno della comunità scientifica. I potenti venti di gas che fuoriescono ad alta velocità dalla galassia eserciterebbero a un certo punto un’azione retroattiva – detta di feedback – sui processi di formazione stellare nella galassia stessa, smorzando il tasso di produzione di nuove stelle nel suo interno. Esistono una serie di discrepanze tra le previsioni teoriche e le proprietà osservate delle galassie nane o di piccola massa che un nuovo studio pubblicato questo mese su Astronomy & Astrophysics vorrebbe contribuire a chiarire.
Un’analisi sistematica della presenza di venti galattici in un campione di galassie nane locali povere di metalli, maggiormente affette da meccanismi di feedback rispetto a galassie più massicce, ha fatto emergere che l’efficienza di questo effetto indotto dall’attività di formazione stellare in queste galassie è minore rispetto a quanto atteso dai modelli teorici, aprendo la strada a nuove interpretazioni dei processi che portano alla produzione e distruzione di polvere e gas nel mezzo interstellare. Grazie ai dati dell’Osservatorio spaziale Herschel, il gruppo di ricerca ha studiato la luce emessa a una particolare lunghezza d’onda (158 μm, micrometri, milionesimi di metro) dallo ione CII del carbonio. La luce emessa dallo ione CII è in grado di fornire informazioni preziose sul tasso di formazione stellare all’interno delle galassie e il suo profilo spettrale può essere studiato per individuare i flussi di gas in uscita alimentati dall’attività di formazione stellare. Gli atomi di carbonio si presentano per lo più ionizzati proprio a causa della radiazione ultravioletta prodotta da stelle giovani immerse nelle nubi di polvere nel mezzo interstellare delle galassie.
«Abbiamo analizzato la riga spettrale del CII in 30 galassie nane locali, per cercare un eccesso di carbonio ad alte velocità rispetto all’emissione prodotta dall’attività di formazione stellare. Tale eccesso è infatti indicativo della presenza di venti galattici (tipicamente prodotti da esplosioni di stelle massicce) che esercitano un feedback all’interno del mezzo interstellare, spingendo il gas verso l’esterno della galassia», spiega a Media Inaf Michael Romano del Centro nazionale di ricerca nucleare (Ncbj) di Varsavia, in Polonia, primo autore dello studio firmato da un team internazionale di ricercatori. «I nostri risultati mostrano che il tasso con il quale il gas viene rimosso dal mezzo interstellare a causa dei venti galattici è comparabile con quello prodotto dal processo di formazione stellare, in contrasto con i modelli teorici che prevedono un effetto di feedback molto più efficiente. Ciò nonostante, circa il 40 per cento del gas trasportato dai venti è in grado di sottrarsi al potenziale gravitazionale di queste galassie e raggiungere il mezzo intergalattico, dove non potrà più essere utilizzato come carburante per la formazione di nuove stelle». Allo stesso tempo, l’emissione dello ione CII osservata sembra essere quasi due volte più estesa della loro emissione ultravioletta, suggerendo che una quantità significativa di gas atomico può ancora risiedere nel mezzo circumgalattico di queste sorgenti ancora legato al loro potenziale gravitazionale, e potrebbe probabilmente servire come carburante per la formazione di nuove stelle.
I processi di feedback, che siano guidati dall’attività di formazione stellare o da nuclei galattici attivi, possono influire in maniera drastica sull’evoluzione di una galassia, per esempio aumentando la temperatura del gas nel mezzo interstellare oppure generando forti venti in grado di trasportare polvere e metalli nel mezzo intergalattico. In entrambi i casi, questo effetto può portare a uno spegnimento della galassia, rimuovendo il carburante necessario alla formazione di nuove stelle. In galassie di piccola massa come quelle studiate in questo caso, questo effetto è ancora più accentuato a causa del loro minore potenziale gravitazionale, fatto che favorisce la formazione di venti galattici capaci di spazzare via gas e polveri più facilmente. Infatti, venti abbastanza forti possono superare il limite della velocità di fuga della galassia riuscendo a trasportare il materiale nel mezzo intergalattico, dove non potrà essere utilizzato per futuri eventi di formazione stellare. Capire come il feedback generato da esplosioni di stelle massicce, o di nuclei galattici attivi, possa influire sulle proprietà osservative delle galassie contribuisce a combinare osservazioni e modelli teorici per descrivere accuratamente i processi fisici che avvengono al loro interno.
Le simulazioni cosmologiche e i modelli di evoluzione chimica hanno bisogno di venti galattici molto efficienti per poter riprodurre le proprietà osservative di sorgenti a diverse età e distanze. Al tempo stesso, i valori di efficienza predetti da questi modelli possono essere molto diversi tra loro, non permettendo una descrizione accurata dei processi che portano alla formazione o alla distruzione della polvere e all’esaurimento delle scorte di gas nel mezzo interstellare.
«Vincoli osservativi sull’efficienza dei venti galattici, come quelli trovati nel nostro lavoro, ci permetteranno di calibrare gli attuali modelli teorici così da fornire una descrizione accurata dei processi fisici che regolano l’evoluzione delle galassie attraverso il tempo cosmico», aggiunge Ambra Nanni, ricercatrice dell’Ncbj e coautrice dello studio.
Si tratta di un risultato particolarmente interessante se si pensa che le galassie primordiali, formatesi dopo solo un miliardo di anni dal Big Bang, condividono proprietà fisiche paragonabili a quelle delle sorgenti nane locali e sono governate da meccanismi di feedback molto simili.
Fonte: Media INAF