L’Orsa Maggiore – Ursa Major

UrsaMajor 1Ursa Major - Hevelius, Uranographia, XVII sec.Quando ci si trova davanti ad un qualche cosa di noto, ma osservato da una prospettiva nuova e differente rispetto a quanto si è abituati, ad esempio un paesaggio, oppure un cielo stellato, la prima necessità è quella di orientarsi.

Identificare i punti cardinali e poi trovare gli elementi noti di maggior spicco ci permettono di entrare in confidenza con lo scenario che abbiamo di fronte per poi andare via via a dirimerne i dettagli, talvolta osservando aspetti del tutto nuovi.
Non deve quindi sorprendere se, osservando un cielo stellato, da una posizione boreale (emisfero nord), si senta subito la necessità di trovare l’orsa maggiore, Ursa Major per i latini.
Essendo le sue stelle molte e spesso deboli, ci accontenteremo delle più famose, quelle che compongono il Grande Carro.
Questo asterisma, è noto da tempi antichissimi.
In tutti i popoli del emisfero boreale esiste una leggenda od un mito legato a quelle sette stelle e gli aneddoti, recenti o del passato, si sprecano.
Il fatto che anche i nativi americani la conoscessera, è un indicatore che gia durante le glaciazioni, quando lo stretto di Bering era percorribile, le popolazioni che percorrevano il nostro pianeta già facevano riferimento all’orsa per indicare quel preciso gruppo di stelle.
UrsaMajor 3Arcade e CallistoSecondo uno dei miti greci più noti, l’orsa rappresenterebbe Callisto, una ninfa votata ad Artemide, la dea della caccia. Come tutte le sue seguaci, Callisto aveva fatto voto di castità, voto infranto quando Zeus la sedusse facendole dare alla luce Arcade.
Artemide, accecata dall’ira trasformò Callisto in orsa e la mise sui passi di Arcade, che era divenuto, crescendo, un abile cacciatore.
Arcade, ignaro di avere di fronte la madre, stava per ucciderla quando intervenne Zeus portando entrambi nel cielo e facendo divenire Arcade l’orsa minore.
Secondo altre fonti invece, fu Zeus a trasformare Callisto in orsa per salvarla dalle ire di Artemide. Era, ingelosita, fece in modo che fosse Artemide, ignara della trasformazione, a dare la caccia all’orsa, fino all’intervento salvifico di Zeus.
Come possiamo vedere, le sfumature del mito si confondono in alcuni aspetti, ma nella cultura greca, sempre ritorna la trasformazione di Callisto in una Orsa, dettaglio particolare, dotata di una lunga coda.
In altre culture l’orsa viene rappresentata invece come un Cammello dal lungo collo oppure come una renna.
Restando nella cultura greca da cui discende anche la nostra, è interessante notare come ad esempio Omero abbia citato in entrambe le sue opere questa meravigliosa costellazione:

UrsaMajor 4Orsa Maggiore - Il cielo di Caprarola, Palazzo FarneseE le Pleiadi, e l’Iadi, e la stella
D’Orïon tempestosa, e la grand’Orsa
Che pur Plaustro si noma. Intorno al polo
Ella si gira ed Orïon riguarda,
Dai lavacri del mar sola divisa.
Iliade lib. XVIII, v. 671

Ei le Pleiadi stava, e di Boote
Il tardo tramontar, e la grande Orsa
Che altri chiamano Plaustro e che si volge
Quindi rimpetto ad Orïon, la sola
Dell’Oceano da' lavacri intatta.
Odissea lib. V, v. 270

Divisa dai lavacri del mare… ossia, che mai si immerge nel mare, o meglio, che mai sparisce dietro l’orizzonte.
Va infatti notato che, per la sua posizione, dalle latitudini del nord Italia, fatta salva la presenza di montagne od altri ostacoli del campo visivo, l’orsa maggiore, in particolare il grande carro, è circumpolare, ossia non tramonta mai.
Come per il sole, il tramonto di una costellazione indica il suo scomparire dietro la linea dell’orizzonte.
Ebbene, per il grande carro, questo non succede mai… per ora!
UrsaMajor 2Cambiamento del Polo Nord CelesteVa infatti ricordato che le costellazioni sono soggette alla precessione degli equinozi, ossia l’effetto legato alla rotazione dell’asse polare che impiega circa 25772 anni a compiere un ciclo.
Se ai nostri giorni l’orsa è per noi circumpolare, non sempre è stato così.
Nel nord america, per esempio, non esiste traccia di racconti mitologici che spieghino questa particolarità del non tramontare mai.
La causa, probabilmente è imputabile al fatto che le migrazioni avvennero quando la costellazione aveva una posizione molto più vicina all’equatore polare, addirittura 15° nel circa 16000 a.C.
Per tornare ad Omero, la cultura classica spiega l’impossibilità di Callisto di lavarsi nei mari per una richiesta di Era, che non voleva si potesse purificare e lavare così il suo adulterio.
Il grande carro, per la sua importante funzione di indicatore del nord era tra l’altro noto agli antichi romani come “Septem Triones” da cui deriva l’uso comune di indicare il nord con il termine “Settentrione”.
Per gli anglosassoni invece l’asterisma è meglio noto come “The Big Dipper”, ossia “Il grande mestolo”, mestolo che purtroppo, dalle nostre latitudini è destinato a rimanere sempre vuoto.
In epoca più recente, nel XVII secolo, sempre legata all’Orsa Maggiore si deve la scoperta della prima stella doppia della storia, Mizar.
UrsaMajor 5Il nome, di origine araba, fu cambiato nel XVI secolo da Merak in Mizar che significa “Cintura”.
È la terza stella nella coda del grande carro, visibile tipicamente anche dagli ambiti urbani ed è in realtà un sistema composto da 6 astri.
Fu certamente la prima stella doppia scoperta anche se l’attribuzione può essere ricondotta a due astronomi, Giovanni Riccioli (che nel 1651, pubblicando l’Almagestum Novum riferì in una nota che la stella centrale del Orsa Maggiore aveva un aspetto duplice) e Benedetto Castelli (che la scopri il 7 gennaio 1617 segnalandone l’osservazione al suo maestro Galileo Galilei).
Il sistema stellare viene normalmente indicato come composto da Mizar ed Alcor che sono distinguibili dagli occhi più acuti avendo una separazione di 707,7”.
A rendere ancor più affascinante questo sistema, è la presenza tra Mizar ed Alcor di un’ulteriore stella, esclusivamente prospettica, chiamata “Sidus Ludoviciana”.
Scoperta nel 1722 da Johann Georg Liebknecht, venne inizialmente ritenuta un pianeta e solo in seguito si scoprì essere una stella di magnitudine appartene 8, non osservabile quindi ad occhio nudo.
UrsaMajor 6Anche le altre stelle del Grande Carro hanno nomi propri, ed in particolare, Dubhe e Merak sono noti come “I Puntatori” in quanto nella nostra epoca indicano la stella Polare.
Sempre nel XVIII secolo, un cacciatore di comete francese, noto come Charles Messier, indicò ben 7 oggetti presenti nella costellazione dell’orsa.
Di questi il più singolare è probabilmente M40, si tratta infatti non di una nebulosità bensì di una stella doppia.
L’astronomo tuttavia non aveva preso un abbaglio.
Messier scrisse infatti nelle sue memorie che stava cercando una Nebulosa sopra la schiena dell’orsa, descritta da Hevelius nella sua opera “Figure delle Stelle” del 1660. Lo stesso Messier rimase stupito da questo errore, tuttavia decise di elencare quelle stelle nel suo catalogo di nebulosità in quanto già in passato avevano tratto in inganno gli astronomi.
UrsaMajor 7Hubble Deep FieldVenendo infine ad osservazioni svolte in anni molto più recenti, nel 1995 il telescopio spaziale Hubble, completò tra il 18 ed il 28 dicembre la serie di prese fotografiche note come Hubble Deep Field (HDF) che racchiudevano centinaia di galassie lontane ma racchiuse in una porzione minuscola di questa meravigliosa costellazione.
Dal cielo, questa costellazione ci racconta la sua storia, la nostra storia.
Un filo conduttore che per secoli ha rappresentato un chiaro punto di riferimento, una guida nella notte, per trovare la strada verso casa, la strada verso noi stessi.

 

di Fabrizio Benetton

 

Bibliografia:
Grande guida dell’astronomia, Libreria Geografica in collaborazione con A.S.I., edizione aggiornata 2020
Wikipedia – the free enciclopedia (Versione Italiana ed Inglese)
Cielo e Costellazioni, la scienza racconta i miti, Paolo Colona, irideventi edizioni, 2010
L’atlante del cielo, di Edward Brooke-Hitching, ed. mondadori 2020
Alle frontiere del cosmo, 3-La vita di una stella; A cura di Gianluca Ranzini, Testi di Lorenzo Pizzuti.
I miti Greci, di Robert Graves, ed. Longanesi 2021
Storie del Cielo, Il giro del cosmo in 365 notti, seconda ed., di Ilaria Sganzerla
L’origine astronomica di alcuni miti greci - Paolo Colona - Atti del 20° Seminario di Archeoastronomia – ALSSA
SkyAndTelescope.org -Meet Mizar and Alcor: Thehorse and Rider, By Daniel Johnson, 27th Jan 2022

Immagini:
Wikipedia – the free enciclopedia
Hubble Space Telescope

Alla scoperta delle costellazioni

Chi è abituato a vivere in città lo sa, il cielo notturno è un velo bluastro tendente al rossiccio dove solo poche coraggiose stelle Alla_scoperta_delle_costellazioni_1.jpgriescono a fare capolino. La luna sì, quella si vede bene ma parlare di stelle sembra cosa ardua. Se però avete mai fatto esperienza di un cielo stellato, limpido, lontano dalle luci urbane, sapete a quale fenomeno strabiliante ci stiamo riferendo parlando delle costellazioni. Lo stupore lascia quasi increduli da quante sono le stelle visibili ad occhio nudo. Sono così tante che c’è da perdersi la in mezzo. Considerando quindi che per secoli gli uomini potevano assistere quasi ogni notte a questo spettacolo della natura, non ci deve sorprendere che i nostri antenati abbiano cercato di creare un ordine nella miriade di stelle, disposte del tutto casualmente. Il cervello umano tende a trovare serenità nell’ordine e nella pulizia, trova conforto nelle cose note e teme l’ignoto. Sentirsi perduti, nel mezzo di un bosco come anche in auto tra gli svincoli di una città che non si conosce, è una esperienza che mette ansia. Così qualcuno iniziò a studiare il cielo e dare nomi alle sue porzioni più riconoscibili. Le stelle infatti si presentano sempre disposte in maniera uguale, notte dopo notte, anno dopo anno. Seguendo questo filo logico, non ci deve sorprendere che in tutte le culture ed in tutte le epoche, il cielo sia costellato di figure umane od animali che rappresentano leggende oppure che ricordano le cose da fare in un determinato periodo del anno. 

Quel che semmai deve sorprendere e stupire è che esistano delle costellazioni ufficiali, riconosciute a livello internazionale. Sono 88 e coprono l’intera volta celeste. Ma facciamo un passo indietro, perché nessuno nasce astrofilo, cos’è una costellazione? Una costellazione è una definita porzione di cielo che contiene un insieme di stelle, più o meno luminose. È un po’ come parlare di una regione geografica, delimitata da dei confini che talvolta sono tracciati con il righello sulla mappa. Una costellazione non è la figura che si ottiene unendo i “puntini” come nei giochi di enigmistica. La figura si definisce infatti come “asterisma”.

Alla scoperta delle costellazioni 2Scene astronomiche che decorano la tomba di Seti (1294-1279 a.C.)Come sono nate quindi le costellazioni? E come si è arrivati alle attuali 88? Per scoprire le risposte a queste domande, dobbiamo fare un salto indietro nel tempo. Non sappiamo di quanto esattamente tornare indietro, sappiamo però che lungo il cammino della storia gli esseri umani hanno iniziato a dare nomi alle stelle. Sappiamo poi quando hanno iniziato a scriverli. Per noi europei, tutto ebbe inizio nell’antica mesopotamia circa 3000 anni a.C.. Qui lo studio del cielo era già considerato un’attività elitaria, i cui adepti erano sacerdoti o sacerdotesse che cercavano di predire gli eventi nefasati e di placare le eventuali ire degli dei. Le prime costellazioni dello zodiaco, giunte fino a noi, sono infatti già presenti in quegli anni. Da li poi la cultura del cielo si diffuse presto anche nel bacino del mediterraneo, dove le culture egizie e greche lo assimilarono.

Le piramidi di Giza per esempio contengono dei condotti che si ritiene fossero parte del rituale religioso, allineati con quelle che all’epoca erano le stelle più rilevanti: l’allora stella polare (Thuban, nella costellazione del drago), le stelle dell’orsa minore, di Orione e Sirio nel Cane Maggiore. Nella cultura dell’antica Grecia, poi si respira astronomia ovunque. Già gli antichi poemi di Omero infatti erano ricchi di concetti e miti di chiaro riferimento astronomico. Anche numerosi filosofi greci hanno inoltre dedicato approfonditi studi ai moti del cielo ed alla sua struttura, tra i più celebri Platone ed Aristotele. Ma per avere un vero trattato di astronomia, una pietra miliare della nostra cultura, servirà aspettare attorno al 150 d.C., solo allora comparirà il “Trattato Matematico” di Claudio Tolomeo, l’opera nota come l’Almagesto. Nella sua opera Tolomeo affrontava una trattazione matematica sul moto dei pianeti e presentava inoltre un catalogo stellare, probabilmente sviluppato da Ipparco di Nicea quasi tre secoli prima. L’importanza di Tolomeo è data dall’aver definito in maniera chiara ed univoca 48 costellazioni. Tale catalogo comprendeva le 12 ben note costellazioni zodiacali attraversate dal sole, cui ne aggiungeva 36 di particolare significatività. E tale rimase il cielo per circa quattordici secoli.

Per arrivare alle attuali 88 costellazioni dovettero accadere diverse rivoluzioni culturali. La prima è legata all’epoca degli esploratori e della cartografia. Alla scoperta delle costellazioni 3Rappresentazione del cielo TolemaicoI grandi navigatori del passato e gli esploratori che hanno permesso di conoscere ogni angolo del nostro pianeta, oltre che a creare le mappe terrestri dei luoghi che visitavano, hanno iniziato a creare anche le prime mappe del cielo australe, cielo forse non precluso agli antichi, ma di cui non abbiamo di certo menzione. La seconda rivoluzione è legata ad un famoso uomo di scienza della penisola italica che per primo pensò di usare un cannocchiale per osservare il cielo. Era Galileo Galilei. Grazie all’intuizione di Galileo, presto si diffuse tra gli studiosi del cielo l’uso del telescopio con tante importanti scoperte scientifiche che hanno certamente cambiato il nostro modo di vivere. Tuttavia, come spesso accadeva, gli astronomi, specie quelli più famosi, erano legati ad uomini di potere che ne finanziavano le attività di ricerca. Lo stesso Galileo dedicò i 4 satelliti principali di Giove alla famiglia Medici. Cosa sarebbe successo dunque se ogni uomo di scienza, per rendere omaggio al suo benefattore, gli avesse dedicato una stella od una intera costellazione? Probabilmente sarebbe nata una grande confusione con un proliferare di cataloghi e mappe stellari in contraddizione l’uno con l’altro. Ed è esattamente quello che successe. Senza toccare le costellazioni più note e famose, restavano comunque da esplorare numerose ed abbondanti porzioni di cielo che ad occhio nudo appaiono come quasi vuote, magari rappresentata da una sporadica stellina poco visibile, che se però osservata al telescopio rivela attorno a se altri astri.

Alla scoperta delle costellazioni 4Fetonte è un esempio di costellazione scomparsaPer mettere fine al caos e creare una linea guida unica ed univoca, l’Unione Astronomica Internazionale (IAU) nel 1922, a seguito di un lavoro filologico molto approfondito ha definito le 88 attuali costellazioni riconosciute. Mantenendo tutte le costellazioni di epoca tolemaica, sono state definite innanzitutto le porzioni precise di cielo occupate, inoltre sono state chiarite le costellazioni australi. Nonostante il lavoro accurato, è rimasto qualche sporadico caso di sovrapposizione, come ad esempio la stella “Alpha Andromeda” che è una stella propria anche della costellazione del Pegaso, “Delta Pegasi”. Dopo questa doverosa spiegazione, certo limitata e non esauriente, di come sono nate le costellazioni, siamo ora pronti per andare a conoscerne la storia una per una.

Buon viaggio.

 

di Fabrizio Benetton

 

Bibliografia:
Wikipedia – the free enciclopedia (Versione Italiana ed Inglese)
L’atlante del cielo, di Edward Brooke-Hitching, ed. mondadori 2020

Immagini:
Wikipedia – the free enciclopedia

Astronomia del passato nel nostro quotidiano

Per osservare il cielo, per stupirsi o meravigliarsi davanti al suo spettacolo, non serve essere scienziati o appassionati, basta alzare gli occhi. Per parlare di astronomia, non serve avere telescopi o strumentazione particolare, basta guardarsi attorno. Tutto ci parla di astronomia e di concetti legati al cielo, basta saper vedere ed ascoltare. Un esempio è che probabilmente dentro le nostre case ci sono almeno due strumenti astronomici di grande precisione e frutto di grande studio e scienza: il calendario e l'orologio. Tante volte vengono entrambi rinchiusi nella scatola nera che teniamo in tasca e chiamiamo smartphone. Talvolta viviamo con impazienza lo scorrere del tempo, sperando che passi veloce, talvolta lo viviamo come un tiranno e sentiamo di correre contro di esso.

Ma che cos’è il tempo? Il tempo è un concetto che se letto in chiave astronomica, rappresenta il movimento della terra. Un giorno è il tempo che intercorre tra due culminazioni del sole, visivamente diventa l’alternanza del giorno e della notte. Un anno, l’ordine di grandezza superiore, rappresenta la rotazione della terra attorno al sole, a voler essere pratici è il lasso di tempo tra due solstizi d’estate (o d’inverno).

Il calendario è una delle invenzioni più antiche e tuttavia tuttora utilizzata dalla civiltà moderna. Probabilmente non sapremmo farne a meno. Molte volte è stato rivisitato, modificato, migliorato o stravolto, tuttavia diversi concetti sono arrivati integri fino a noi. Innanzi tutto i mesi, 12 mesi, 12 come i pleniluni che possiamo osservare mediamente in un anno terrestre. Valore medio perché i giorni che impiega la terra a ruotare attorno al sole sono circa 365,2425 ed il periodo di rivoluzione sinodico (il tempo che impiega la luna a ruotare attorno alla terra) è di 29,53gg, quindi abbiamo mediamente 12,36 pleniluni in un anno.

Vediamo ora come le settimane sono nate. Sette è un gruppo di giorni che scandisce abbastanza bene le fasi lunari, permettendo di creare 4 gruppi di 7 giorni tra un plenilunio ed il successivo. Inoltre nella settimana ogni giorno richiama uno dei pianeti anticamente noti:Particolare della tomba di papa Gregorio XIIIParticolare della tomba di papa Gregorio XIII

  • Luna – Lunedì
  • Marte – Martedì
  • Mercurio – Mercoledì
  • Giove – Giovedì
  • Venere – Venerdì
  • Saturno – Sabato
  • (o Satur(n)-day per gli anglosassoni)
  • Sole – Domenica (o Sun-day)

dando così un significato anche astrologico ai diversi giorni.

Il calendario attualmente in uso nel nostro come in molti altri paesi è noto come Gregoriano, in quanto introdotto nel 1582 da Papa Gregorio XIII. Fino ad allora, il calendario ufficiale era quello Giuliano, istituito da Caio Giulio Cesare quindici secoli prima. Ma cosa portò alla necessità di riformare il calendario degli antichi romani? Qual’era il problema riscontrato? La necessità era quella di stabilire con certezza, per tutta la cristianità, la data della Pasqua, legata all’equinozio di primavera. Il problema che gli astronomi riscontravano e non sapevano risolvere era la durata media dell’anno. Secondo il calendario Giuliano la durata era di 365,25 giorni, questa approssimazione presenta però un errore, rispetto al calendario gregoriano di 10minuti e 48 secondi. La stima operata dagli antichi romani, aveva definito di avere un anno bisestile ogni 4, tale approssimazione però genera uno slittamento dei giorni rispetto alla effettiva posizione della terra nella sua orbita. Il sistema gregoriano, considera invece di sopprimere l’anno bisestile degli anni multipli di 100 tranne nel caso siano multipli di 400 (l’anno 2000 è stato infatti bisestile).

Per arrivare a questo straordinario risultato, fu creata da Papa Gregorio una commissione formata da una decina di clericali esperti non solo di astronomia ma anche di diritto, storia e matematica. Il risultato del loro operato lo possiamo ancora ammirare appeso nelle nostre case, anche se con fogge più moderne e spesso laiche. Curioso fu inoltre l’espediente utilizzato per introdurlo nella vita quotidiana. Venne infatti deciso che il giorno seguente a giovedì 4 Ottobre 1582, sarebbe stato venerdì 15 ottobre 1582.

Orologio astronomico di PadovaOrologio astronomico di PadovaStupisce, da questi aneddoti, non solo la complessità e l’importanza dello sforzo per definire in modo univoco e valido per tutti la data corrente, ma anche la precisione raggiunta, già in epoca romana, della misura del tempo, dei giorni ed addirittura dell’anno solare. Viene quindi da chiedersi come sia nata la misura del tempo e con quali mezzi. Per quanto riguarda l’orologio, in effetti, la questione si complica. Perchè le ore sono 24, i minuti 60 ed i secondi ancora 60? Questa definizione del tempo nasce sempre da un concetto astronomico. Considerando che l’anno è suddiviso da 12 pleniluni, tra il 4000 ed il 2000 avanti Cristo, gli studiosi dell’epoca definirono di dividere il giorno e la notte a loro volta in dodici parti ciascuna. Questa scelta tuttavia non è per nulla banale perché porta con se due enormi problemi da affrontare: il giorno e la notte non sono simmetrici e costanti, la durata del giorno e della notte variano continuamente con l’alternanza delle stagioni. Da qui nacque l’esigenza di creare strumenti precisi per scandire il tempo. Uno degli strumenti più antichi a noi noti è l’orologio ad acqua, inventato probabilmente attorno al 1500 a.C. ad opera degli egizi. Per avere i primi orologi meccanici bisognerà attendere il 1400 d.C. e da li in poi fu tutto un susseguirsi di migliorie meccaniche e di crescente precisione.

Ma perché è nata la suddivisione in 60 minuti di 60 secondi? La risposta risale ancora una volta all’antica numerazione babilonese, la quale si fermava per l’appunto al numero sessanta. Era cioè una numerazione sessagesimale, basata su di un sistema posizionale di 60 simboli. Lo stesso approccio venne applicato infatti alla notazione angolare che noi ancora oggi adoperiamo e studiamo a scuola. Un angolo giro è di 360°, ossia il numero arrotondato più prossimo ai 365 giorni di rivoluzione terrestre e multiplo di 60. Gli angoli poi infatti sono composti da 60’ e 60’’.

La nostra storia è colma di riferimenti astronomici più o meno palesi. Quel che la storia ci racconta è di un legame molto forte tra le civiltà antiche e l’osservazione del cielo, tanto da riempirlo di immagini e miti, narrazioni talvolta misteriose che celano spesso verità scientifiche. Tuttavia per poter entrare in questa narrazione, serve un po’ di coraggio, perchè l'avventura continua di notte, quando si svegliano orsi, leoni, tori, scorpioni, cacciatori, re e regine, mostri marini e divinità greche. L'astronomia non è solo materia di scienza, è anche un territorio ricco di mistero e di fantasia.

 

di Fabrizio Benetton

 

Bibliografia:
Wikipedia – the free enciclopedia (Versione Italiana ed Inglese)

Immagini:
Wikipedia – the free enciclopedia

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