Coma Berenices – Chioma di Berenice

Esplorando il cielo primaverile, ci si imbatte in spazi di cielo apparentemente privi di stelle soprattutto quando osservati in presenza di inquinamento luminoso. Come si suol dire, l’apparenza inganna, ecco allora che vale la pena spingere lo sguardo un po’ più in profondità per cogliere la bellezza dove sembra non essercene. Esploreremo questa volta insieme una piccola costellazione dalla storia straordinaria, la Chioma di Berenice.Chioma1Coma Berenices - Hevelius, Uranographia, XVII sec.Chioma2Testa di Alessandro conservata presso la Ny Carlsberg Glyptotek di Copenaghen La narrazione della costellazione precedente, il Leone Minore, ci aveva condotti nell’Egitto delle piramidi e dei Faraoni. Ripartiremo proprio da lì, dunque, solo in una epoca differente.
La storia antica dell’Egitto è molto articolata e fatta di numerose guerre ed invasioni. Tra queste ultime, una in particolare cambiò per sempre la storia del delta del Nilo, l’arrivo di un piccolo grande re macedone, Alessandro Magno. Nel IV secolo a.C. l’Egitto aveva già perso da tempo la sua indipendenza, piegando le ginocchia davanti alle lance dell’impero persiano. Alessandro Magno venne quindi visto come un liberatore dall’antico popolo dei faraoni. Tuttavia, alla sua morte, avvenuta nel 323 a.C. all’età di soli 33 anni, gli enormi territori conquistati dai macedoni vennero suddivisi, al termine di scontri fratricidi, tra i suoi generali. L’Egitto fece quindi parte del regno tolemaico, istituito da Tolomeo I Sotere nel 305 a.C. e resistito fino al 30 a.C., anno della morte della regina Cleopatra, la quale vide comunque la sconfitta del suo regno per opera delle legioni romane. Nel mezzo di questo regno trova quindi posto la nascita della costellazione della Chioma di Berenice. 
Questa costellazione non è legata ad un racconto mitologico, perché questa è una storia vera.
Siamo nel 246 a.C. ed il regno d’Egitto vede assurgere al trono il trentenne Tolomeo III Evergete che dopo poco tempo, lo stesso anno, sposò Berenice II. Dopo le nozze, sempre lo stesso anno, Tolomeo si dovette impegnare in una guerra tutt’oggi ricordata come la “terza guerra siriaca” contro l’impero seleucide. Chioma3Impero Seleucide, 323a.C.-60a.C.Come il regno tolemaico, anche l’impero seleucide è parte di quel che rimase dopo la morte di Alessandro. Iniziato con Seleuco I, questo impero occupava i territori di Mesopotamia, Siria, Persia e Asia minore. Tra i due regni non mancarono mai gli screzi, in particolare per definire il controllo dei territori di Palestina e Libano. Dopo le prime due guerre siriache, tra i regni si stabili un breve periodo di pace suggellato dal matrimonio tra il sovrano seleucide Antioco e la figlia del sovrano egiziano, Berenice. Antioco, tuttavia, era già sposato in precedenza, per poter dare quindi onore all’accordo con gli egiziani, ripudiò la sua precedente moglie, Laodice, dalla quale aveva avuto gia un figlio. A causa della morte prematura di Antioco, l’impero cadde nel caos. Tra intrighi e sotterfugi, la fazione dalla parte di Laodice iniziò a reclamare l’ascesa al trono del figlio di costei, la regina ripudiata la cui mano sembra avesse avvelenato il re. Berenice, per proteggere il figlio, erede legittimo al trono, si recò ad Antiochia, mandando messaggeri in Egitto richiedendo il supporto del fratello Tolomeo III. Chioma4Berenice II, Gliptoteca di Monaco di BavieraA scatenare definitivamente la terza guerra siriaca fu la morte di Antioco, figlio di Berenice ed erede al trono. Berenice II, fece quindi voto agli dei di sacrificare la sua meravigliosa chioma in cambio del ritorno del suo amato sposo. Quando pochi anni più tardi Tolomeo fece il suo vittorioso ritorno in patria, la regina si tagliò i capelli, depositandoli nel tempio dedicato alla madre di Tolomeo, Arsinoe. Il mattino seguente, tuttavia, la chioma era scomparsa.
Fu il matematico ed astronomo alessandrino Conone di Samo a ritrovarla. Il voto della regina non solo era stato soddisfatto degli dei, essi avevano apprezzato così tanto il sacrificio della regina da portare nel cielo i suoi meravigliosi capelli. Fu proprio lì, tra le costellazioni del leone, dell’Orsa Maggiore e del Boote che il sapiente Conone rinvenne la chioma scomparsa. Tanto colpì l’immaginazione, questa storia, che un poeta di origine cirenaiche, Callimaco, vissuto però lungo tempo ad Alessandria d’Egitto e contemporaneo dei fatti narrati, dedicò un poema all’intera vicenda. Il fatto ancor più curioso e straniante è che la narrazione, in prima persona, viene raccontata dalla chioma stessa, terminando poi con il rammarico della capigliatura che, elevata nel cielo, deve rinunciare alle amorevoli cure che la sua padrona mortale le riservava. Purtroppo, l’opera non è giunta integra fino a noi, essendo tuttavia tra le opere più rinomate del poeta, un suo successore ne ha raccolto i versi, ponendoli nel suo Carme 66, si trattava di Catullo.

...tu vero, regina, tuens cum sidera divam placabis festis luminibus Venerem, unguinis expertem non siris esse tuam me, sed potius largis affice muneribus. sidera corruerint utinam! coma regia fiam, proximus Hydrochoi fulgeret Oarion! [...tu poi, regina, quando guardando le stelle placherai la divina Venere con luci festose, non permettere che io, priva di unguento, sia tua, ma colmami piuttosto di ricche offerte. Oh cadessero le stelle! Diventerò chioma regale, Orione risplendesse vicino ad Acquario.]

Una costellazione minuta, la chioma di Berenice, sconosciuta forse a chi non si interessa di astronomia e certo non famosa come la ben più nota regina Cassiopea, vistosa ed elegante che sempre indica la stella polare.
A differenza della rivale, però abbiamo questa volta esplorato una storia vera, complessa a suo modo, ricca di avvenimenti affascinanti ed avvincente, ancor più perché concreti. Ammantati non tanto dalla magia del mito quanto dalla poesia degli antichi. Se poi, dopo questo viaggio nel tempo, avessimo ancora desiderio di riscoprire i fatti antichi che ci hanno condotto ad ammirare le stelle di primavera, un altro libro riporta gli avvenimenti qui narrati, anche se in maniera non esplicita ma tuttavia chiara: la Bibbia. Chioma5Profeta Daniele, Affresco di Michelangelo Buonarroti, Cappella Sistina, Musei VaticaniNel Libro di Daniele possiamo infatti ritrovare al capitolo 11 la narrazione di come cadde l’impero persiano ad opera di Alessandro Magno e di come in seguito i territori macedoni si suddivisero e lottarono tra loro.

2 Ora ti farò conoscere la verità. In Persia sorgeranno ancora tre re; poi il quarto diventerà molto più ricco di tutti gli altri e quando sarà diventato forte con le sue ricchezze, solleverà tutti contro il regno di Grecia.
3 Allora sorgerà un re potente che dominerà sul grande impero e farà quello che vorrà.
4 Ma appena si sarà affermato, il suo regno sarà infranto e sarà diviso verso i quattro venti del cielo; non apparterrà alla sua discendenza e non avrà una potenza pari a quella di prima; perché sarà smembrato e passerà ad altri, non ai suoi eredi.
5 Il re del mezzogiorno diventerà forte, ma uno dei suoi capi diventerà più forte di lui; dominerà, e il suo dominio sarà grande.
6 Dopo diversi anni essi si alleeranno e la figlia del re del mezzogiorno verrà dal re del settentrione per fare un accordo. Lei non conserverà la forza del suo braccio e nemmeno la sua discendenza resisterà; sarà messa a morte assieme ai suoi seguaci, ai figli e al marito.
7 Ma dalle sue radici sorgerà un rampollo che entrerà con un esercito nelle fortezze del re del settentrione, combatterà contro di lui e ne sarà vincitore.
8 Egli porterà in Egitto come preda di guer
ra perfino i loro dèi, le loro immagini di metallo fuso e i loro preziosi arredi d'argento e d'oro; e per diversi anni si terrà lontano dal re del settentrione.

La chioma di Berenice, non una semplice costellazione.

 

di Fabrizio Benetton

 

Bibliografia:
Grande guida dell’astronomia, Libreria Geografica in collaborazione con A.S.I.,
Wikipedia – the free enciclopedia (Versione Italiana ed Inglese)
https://www.versionitradotte.it/catullo/carme-66/
laparola.net

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Leo minor – Leone Minore

Non sempre il cielo risulta appariscente, tanto meno quando ci troviamo immersi nell’inquinamento luminoso delle città. Non sempre ci troviamo davanti a stelle luminose, per la maggior parte sono troppo deboli per essere percepite dall’occhio umano senza l’ausilio di lenti. Non sempre le costellazioni presentano un antico e nobile lignaggio.LeoMinor1Leo Minor - Hevelius, Uranographia, XVII sec.
Questo è il caso della costellazione del Leone Minore, il quale ricopre una piccola porzione di cielo incastonata tra le zampe del Orsa Maggiore ed il dorso del Leone. Le stelle principali sono quattro e tutte deboli, la più luminosa, Praecipua, è di magnitudine 3,9 e quindi percepibile solo da cieli poco inquinati, le altre hanno tutte magnitudine superiore. Ufficialmente, la costellazione, al pari di altre già incontrate in questa rubrica, viene inventata da Johannes Hevelius nel 1687, la cui storia l’abbiamo scoperta raccontando della costellazione della Lince.
LeoMinor2Giovanni Antonio da Varese detto Il Vanosino - volta celeste sala del Mappamondo Palazzo Farnese di Caprarola 1573-1575Prima di Hevelius, non esisteva una costellazione posizionata lì dove ora si trova il Leone Minore, tuttavia gli artisti andavano talvolta ad occupare quello spazio celeste per collocarvi rappresentazioni di miti oramai dimenticati oppure, semplicemente, lasciavano delle pennellate di blu cielo a colmare il vuoto. Il primo caso è ben rappresentato da Giovanni Antonio da Varese, detto il Vanosino, che affrescò la volta di palazzo Farnese a Caprarola, nella sala del mappamondo tra il 1573 ed il 1575.
Come si può notare, in alto a sinistra, là dove successivamente apparve il Leone Minore, troviamo Zeus, a cavalcioni di un’aquila ed armato di folgore nell’atto di scagliarla. Contro chi starà mai rivolgendo la propria ira il padre degli dei?
LeoMinor3Dettagli della volta del Cielo di Caprarola, palazzo Farnese.Ebbene, l’ira di Zeus era rivolta contro Fetonte, rappresentato nella parte opposta della volta. Presunto figlio di Apollo, Fetonte volle misurare le proprie capacità sottraendo di nascosto il carro del padre, carro che aveva la funzione di trasportare il sole nel cielo. A causa della sua inesperienza e del carattere focoso dei cavalli, il giovane perse il controllo ed il sole si avvicinò paurosamente alla terra. LeoMinor4Giuliano d’Arrigo detto Pesello volta della cupola nella sacrestia di S Lorenzo a Firenze 1442-46Il mito ci racconta di come le acque si ritirarono, le campagne si arsero e persino la pelle degli uomini si scurì. Questa è ovviamente la rappresentazione in chiave mitologica di cosa succede talvolta nel periodo estivo quando l’arsura sembra eccessiva e non finire mai. A porre fine al tragico tentativo dell’inesperto giovane accorse Zeus che lanciando una folgore, fece precipitare definitivamente il carro, che cadde nel Po (oppure nel fiume Eridano), ponendo fine alla corsa del carro eliaco.
Un’altra meravigliosa rappresentazione della volta celeste, precedente ad Hevelius, che non riempie però lo spazio occupato dalla nostra piccola costellazione, è la volta della cupola della sagrestia nella chiesa di San Lorenzo a Firenze. In questa magnifica rappresentazione, dove ben si riconoscono le costellazioni del mito antico, mancano ovviamente tutte quelle inventate successivamente.
Possibile davvero che prima di Hevelius, nessuno abbia mai avuto l’idea di dedicare quella porzione di cielo a qualche potente protettore? Già in passato abbiamo incontrato casi simili, dove addirittura la stessa area celeste aveva nomi diversi a seconda del paese di riferimento (si veda a tal proposito la costellazione della Lucertola). Non siamo questa volta riusciti ad identificare un caso del genere, od almeno, non da Tolomeo in poi. Esiste pur tuttavia una traccia molto antica, risalente a diversi millenni or sono. Questa volta, non si tratta di antichi astronomi babilonesi né greci, si tratta invece di fare un salto nell’antica cosmologia egizia. LeoMinor5Il cielo di Dendera, Tempio di Hator, oggi custodito al LouvrePer gli antichi egizi, il rapporto con il cielo era di natura estremamente pratica.
La volta celeste serviva principalmente a dettare l’alternanza delle tre stagioni (esondazione – crescita – raccolto) e marcare lo scorrere del tempo. A questo si aggiungeva poi la funzione narrativo-mitologica ma con un approccio decisamente meno spinto se comparato con i greci e dettato da osservazioni meno meticolose se comparato con l’astronomia Babilonese.
Il cielo o zodiaco di Dendera, qui riportato, è una mappa completa del cielo antico. Tuttavia, la sua realizzazione risale all’epoca dopo Cristo. Si tratta di un bassorilievo che adorna il soffitto del porticato di una cappella dedicata ad Osiride, nel tempio di Hathor nella località di Dendera. Tempio voluto dall’imperatore romano (nonché faraone) Tiberio Giulio Cesare Augusto nel I sec. Dopo Cristo.
Qui vediamo raffigurate le 12 costellazioni dello zodiaco che anche se rappresentate in foggia diversa hanno dei tratti inconfondibili come ad esempio le costellazioni di scorpione, sagittario e capricorno.
Per ritrovare mappe celesti veramente antiche, si rende necessario rivolgere lo sguardo da un’altra parte, paradossalmente verso il basso, verso il regno dei morti. Diverse tombe e sarcofaghi presentano segni grafici di carattere astronomico, come il soffitto della camera funeraria di Seti I. Datata circa dodici secoli prima di Cristo, questa tomba presenta un cielo, rappresentato di un blu intenso, che riporta le costellazioni principali della cultura egizia. Sebbene alcune possano sembrare riconoscibili, molte hanno un carattere esotico.
LeoMinor6Cielo della tomba di Seti I - ripreso da Jean Pierre DalberàDegne di particolare interesse per la nostra narrazione, sono tre costellazioni: il Bue, il Falco ed il Leone. Se quest’ultima lascia pochi spazi ai dubbi interpretativi, le altre due hanno una connotazione inusuale, tuttavia il tema del bue si accomuna sempre a quello del carro o dell’Orsa Maggiore. Resta quindi la domanda relativa alla figura frapposta tra le due più importanti. Secondo gli studiosi, seppure per motivi sconosciuti, il falco occupa la porzione di cielo oggi nota come Leone Minore. Falco che rappresenta Horus. La leggenda narra che dalla terra (divinità maschile Geb) e dal cielo (la madre Nut) ebbero origine cinque figli: Osiride, Iside, Seth, Nefti e Kepri. Osiride ed Iside divennero i primi faraoni e governavano rettamente le terre del Nilo, guadagnandosi così l’odio ed il risentimento del fratello Seth. Geloso del fratello, durante una festività, sfidò il Faraone ad entrare in un sarcofago appositamente costruito. Una volta chiuso, il sarcofago venne gettato nel Nilo, causando così la morte di Osiride. Iside andò in cerca del marito disperso e quando lo trovò lo trasse fuori dalle acque, ma oramai era troppo tardi. Al ritrovamento del marito, Iside tentò di resuscitarlo invano, nel tentativo rimase però fecondata. Presto nacque il figlio dei primi faraoni, Horus. Seth scoprì del ritrovamento dell’odiato fratello e non contento di averlo ucciso, ne divise il corpo in sette parti, lanciate poi in luoghi remoti dell’Egitto. Sette dee minori andarono quindi alla ricerca delle parti del corpo, le trovarono e ricomposero, mummificarono infine il corpo cosicché l’anima di Osiride potesse andare in cielo. Nel frattempo, il figlio cresceva nascosto ed al sicuro. Horus divenne poi l’eroe egizio per eccellenza, destinato a lottare con lo zio Seth, responsabile della morte del padre, il dio dalla testa di falco portò ordine nel caos e nacque con lui una nuova era di pace e prosperità per l’Egitto.
Una porzione di cielo minuta, poco luminosa e che ad un primo sguardo appare piuttosto povera di interesse, può celare anch’essa una storia ricca di magia e fascino. Anche una costellazione da poco come il Leone Minore, può celare un racconto degno di Shakespeare.

 

di Fabrizio Benetton

 

Bibliografia:
Grande guida dell’astronomia, Libreria Geografica in collaborazione con A.S.I.,
Wikipedia – the free enciclopedia (Versione Italiana ed Inglese)
L’atlante del cielo, di Edward Brooke-Hitching, ed. mondadori 2020
I miti Greci, di Robert Graves, ed. Longanesi 2021

Immagini:
Wikipedia – the free enciclopedia
Atlascoelestis.com – di Felice Stoppa
Ancient-Origins.net

 

Cancer - Cancro

cancer1Mappa del tropico del Cancro -WikipediaLatitudine 23° 26’ 11” Nord, tropico del Cancro. Ma perché questo parallelo è così importante da avere un nome proprio? Perché non è collocato a 25°? Perché Tropico del Cancro? Ovviamente, le risposte a tutte queste domande sono di natura astronomica.
Iniziamo con il capire il numero, 23° 26’ 11” o più facilmente memorizzabile, 23° ½. Si tratta dell’inclinazione dell’asse di rotazione terrestre rispetto al piano di rivoluzione attorno alla nostra stella. E perché è così speciale questo parallelo? cancer0Gemini - Hevelius, Uranographia, XVII sec.Per il fatto che rappresenta la posizione più a Nord raggiunta dal sole nell’arco di un anno e per gli abitanti dell’emisfero boreale significa anche l’inizio dell’estate e la prospettiva delle vacanze. Perché parlarne a marzo dunque? Semplicemente per il suo nome, Cancro.
Il riferimento è nuovamente astronomico e si riferisce al fatto che quasi duemila anni fa, Tolomeo incise in maniera indelebile i segni zodiacali nelle menti e nei cuori degli studiosi. Così indelebile è il segno creato da Tolomeo che tutt’oggi, aprendo un quotidiano, troviamo l’oroscopo che ci ricorda come chi fosse nato nel periodo dal 22 giugno al 22 luglio, sia del segno zodiacale del Cancro. Peccato solamente che in quella data, nel XXI secolo, il sole passi dalle parti della costellazione dei Gemelli, tra l’altro, in una posizione già molto vicino alla costellazione del Toro.
cancer2Ercole uccide l'Idra - Hans Sebald Beham, Philadelphia Museum of Art , 1545Questa notizia non sconvolgerà di certo chi è abituato a leggere questa rubrica; infatti, di precessione degli equinozi ne avevamo già parlato a gennaio 2023 nelle pagine dedicate all’Orsa Maggiore. Che ci piaccia o meno, il tema della precessione non può essere trascurato quando ci si vuole addentrare nelle storie del cielo, soprattutto quando si tirano in ballo le costellazioni dello zodiaco.
Facendo un breve riassunto, la precessione degli equinozi è quel fenomeno celeste, che a causa della rotazione dell’asse terrestre attorno alla verticale al piano di rivoluzione, rotazione che richiede 25772 anni, fa spostare ogni anno di 50,3” d’arco la posizione con cui osserviamo il sole attraversare l’eclittica, rispetto alle stelle più lontane. In parole povere, ogni anno, a parità di ora e giorno del calendario, le stelle sono spostate di 50,3” d’arco rispetto l’anno precedente.
Ecco, quindi, che al giorno d’oggi, 2000 anni dopo Tolomeo, la costellazionecancer3Lekythos attica a figure nere con il mito di Eracle e l'Idra del Cancro domina il cielo tra febbraio e marzo, quindi con uno scarto di circa 30° rispetto all’epoca degli antichi romani. Considerando infine che i 12 segni zodiacali coprono l’intera circonferenza dell’eclittica, ogni segno copre all’incirca 30°, ecco quindi spiegato come mai il sole si trovi nei gemelli al solstizio d’estate.
Chiarito quindi il legame che ancora una volta si cela tra cielo e terra, è doveroso far notare come il Cancro sia una costellazione poco appariscente, quasi insignificante ad occhio nudo, rispetto ai gemelli, al toro od al possente leone.
Anche la mitologia riserva al Cancro una narrazione di secondo piano, una di quelle narrazioni quasi difficili da credere. Si racconta infatti che un granchio fosse stato mandato da Era a distrarre Ercole mentre era già ingaggiato nell’arduo combattimento contro l’Idra, il mostro dalle molte teste con la capacità di rigenerarsi. Il prode granchio, sebbene con un compito ingrato, si lanciò contro l’eroe, il quale senza tanto degnare di attenzioni il nuovo assalitore, lo calpestò uccidendolo immediatamente. Come ricompensa per la fedeltà dimostrata, lo sfortunato crostaceo venne posto nel cielo tra le altre stelle del firmamento. Se anche il mito del granchio può sembrare poco affascinante, è bene tuttavia sapere che, al suo interno, la costellazione cela un mito ben più intrigante che ci parla di un dio dell’Olimpo abbastanza discutibile: Dioniso (o Bacco), il dio del vino, delle feste e dei piaceri.
cancer4Sileno a cavallo di un asino sostenuto da due fauni, Incisione del XVI sec., Giulio BonasoneLa leggenda narra di come i Giganti, dopo la sconfitta dei Titani si ribellarono a Zeus iniziando a scagliare massi e tizzoni ardenti contro il monte Olimpo ed i suoi abitanti. Venne presto ingaggiata una strenua battaglia dove tuttavia Zeus, con l’aiuto dei fratelli e figli, stava avendo mal partito.
Solo un mortale, vestito di pelle di leone, poteva assestare il colpo di grazia nella lotta contro un Gigante. Quel mortale era Ercole. Inviata quindi Atena a convocare l’eroe, la battaglia infuriò ferocemente fino a quando si creò una situazione di stallo. A risolvere la situazione, il mito racconta, furono due asinelli cavalcati da Dioniso e Sileno (satiro e tutore di Dioniso), secondo altre versioni invece furono Dioniso ed Efesto a giungere alla battaglia a cavallo di asini. Il ragliare degli animali mise in fuga i giganti i quali, non avendo mai visto una bestia simile, temevano si trattasse di qualche mostro feroce. Fu così che messi in fuga, caddero l’uno dopo l’altro sotto la clava di Ercole. Come ricompensa per il forte cuore delle due bestie che mutarono le sorti della battaglia, Dioniso le pose in cielo assieme ad una mangiatoia. Queste stelle portano i nomi Asellus Borealis (γ Cancri) e Asellus Australis (δ Cancri) laddove Asellus è un termine latino diminutivo di asìnus, cioè Asino. Dioniso, tuttavia, gli concesse anche una mangiatoia, che in greco si traduce “Phatne”.
Fu poi Tolomeo a convertire il termine in latino, un termine che noi ben conosciamo come “Praesaepe”. Anche se in italiano, “praesepe” diventa mangiatoia, questo non dovrebbe stupire, visto che il Presepe o presepio della tradizione cristiana, rappresenta la nascita del Gesù bambino, il quale venne poi posto a dormire in una mangiatoia. cancer5Presepe di Greccio, Affresco del 1295, Giotto, Basilica Superiore di AssisiÉ sempre poi interessante ricordare che la primissima rappresentazione del presepe cristiano, venne realizzata da San Francesco il 25 dicembre 1223 a Greccio in provincia di Rieti. Secondo le fonti francescane, infatti, il desiderio di Francesco si riassume in queste parole: “in qualche modo vedere con gli occhi del corpo i disagi in cui si è trovato per la mancanza delle cose necessarie a un neonato, come fu adagiato in una greppia e come giaceva sul fieno tra il bue e l’asinello “. Per l’occasione venne infatti allestita una mangiatoia con il fieno, un bue ed un asino. Li, in questo misero spazio, venne poi celebrata l’eucarestia da un sacerdote. Quindi la prima rappresentazione del presepe cristiano si può riassumere in… una mangiatoia.
Per gli astrofili, il presepe rappresenta invece un famoso oggetto del profondo cielo, meglio noto come M44. Si tratta di un ammasso aperto distante da noi circa 577 anni luce, anche se le stelle che lo compongono sono date circa un miliardo di anni (il sole ne ha circa 5 miliardi e la terra circa 4,5) tanto da essere accomunate spesso alle Iadi, ammasso aperto nel Toro datato in maniera analoga.
Il cancro, pur essendo una costellazione molto debole e poco appariscente, racchiude però in sé una sovrabbondanza di significati e collegamenti anche in contrapposizione tra loro. Ciò che dovrebbe stupire maggiormente dovrebbe essere la dissonanza tra la mangiatoia degli asinelli di Dioniso, divinità dei vizi, e la mangiatoia del Presepe, umile riparo del figlio di Dio, venuto per salvare i peccatori dai vizi e condurli verso le virtù. D’altronde ormai lo abbiamo imparato, l’astronomia, ed il significato di cui gli uomini rivestono il cielo, ha permeato la storia dell’umanità, i suoi miti e le leggende, rendendo il legame tra noi e le stelle indissolubile.
Come diceva infatti la ormai compianta Margherita Hack: “siamo fatti di stelle”. Ma questa, è un’altra storia.

 

di Fabrizio Benetton

 

Bibliografia:
Grande guida dell’astronomia, Libreria Geografica in collaborazione con A.S.I.,
Wikipedia – the free enciclopedia (Versione Italiana ed Inglese)
I miti Greci, di Robert Graves, ed. Longanesi 2021
Storie del cielo – Il giro del mondo in 365 notti - https://www.storiedelcielo.it/
Stories of Astronomers and Their Stars – David Falkner – The Patrick Moore Practical Astronomy Series – Springer book
Fonti Francescane, Vita prima, di Tommaso da Celano, Capitolo XXX, paragrafo 468

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Ercole uccide l'Idra - Hans Sebald Beham, Philadelphia Museum of Art , 1545
Presepe di Greccio, Affresco del 1295, Giotto, Basilica Superiore di Assisi

 

Gemini - Gemelli

gemelli1Gemini - Hevelius, Uranographia, XVII sec.Castore e Polluce, questi sono i nomi dei due fratelli che compongono la costellazione dei gemelli. Costellazione che nel mese di febbraio risplende a sud prima della mezzanotte.
I loro nomi corrispondono inoltre alle stelle più brillanti della costellazione, Castore è Alfa Geminorum mentre Polluce è la stella Beta, rappresentando le teste dei due giovani.
Castore e Polluce, benché fratelli, non erano esattamente gemelli. La leggenda narra infatti che nacquero dall’unione di Leda, regina di Sparta, con Zeus sotto forma di cigno (altra costellazione di cui parleremo in seguito).
Nello stesso giorno, Leda si unì anche al suo legittimo sposo, il re Tindaro. Da questa doppia unione, la regina partorì non bimbi, bensì due uova. Da queste uova, inoltre, non nacquero solamente i due maschietti, da ogni uovo nacquero un bimbo ed una bimba.
gemelli2Leda ed il Cigno, Olio su tavola, fine XV sec., Giorgio da Castelfranco detto Giorgione, musei civici PadovaIl mito ci racconta che da un uovo nacquero Castore e Clitennestra (futura moglie di Agamennone, mitico capo degli Achei nell’Iliade), discendenti mortali di re Tindaro. Figli immortali di Zeus sarebbero invece Polluce ed Elena, considerata in futuro la donna più bella del mondo, la famosa moglie di Menelao (anch’esso re di Sparta) il quale in seguito al rapimento della moglie ad opera di Paride, principe di Troia, non si diede pace finché, dopo dieci anni di guerra, non riportò a casa la consorte.
Data l’origine dei giovani, Castore e Polluce sono noti anche come Dioscuri, che significa dal greco figli del dio. Famosi per le loro gesta epiche, tra cui ricordiamo il viaggio degli argonauti durante il quale aiutarono Giasone a recuperare il vello d’oro, erano venerati nel mondo greco, latino ed etrusco come protettori dei marinai, ma anche come protettori dei guerrieri e dei cavalieri.
I Dioscuri erano l’orgoglio di Sparta. Castore era un guerriero e domatore di cavalli senza eguali mentre il fratello, Polluce (o Polideuce) era il miglior pugile dei suoi tempi.
Il mito ci racconta che vissero tante avventurose imprese e che erano sempre tra l’amicizia e la discordia con i loro cugini, anch’essi gemelli, Ida e Linceo. Le versioni sulla morte dei gemelli sono numerose, ma sempre prevedono un colossale litigio tra le due coppie di fratelli con Castore che uccide Linceo e viene quindi ucciso da Ida. A terminare lo scontro ci penserà infine Polluce che vendicherà il fratello a spese di Ida.
gemelli3Castore e Polluce, statue lungo le scalinata del Campidoglio, RomaPolluce, distrutto dalla perdita del fratello, implorò suo padre Zeus di non lasciarlo sopravvivere senza Castore. Essendo però il primo figlio di un dio, mentre il secondo discendete dal mortale Tindaro, quando Polluce ascese al cielo, rinuncio alla sua immortalità, a meno di poterla condividere con il gemello. Zeus allora gli concesse di condividere la sorte del fratello e così da allora, trascorrono metà del tempo in cielo e metà negli inferi. Per premiare il loro amore fraterno, il padre degli dei dell’Olimpo, pose la loro immagine tra le stelle del firmamento come la costellazione dei gemelli.
Tuttavia, la loro effigie si è moltiplicata e diffusa nel tempo. Castore e Polluce simboleggiavano insieme le virtù dei guerrieri ed erano quindi immagini di forza e coraggio. Non a caso ancora oggi possiamo vederne numerose statue in luoghi simbolo di potere.
Due esempi molto celebri sono le statue a custodia del campidoglio (Roma) come anche le statue all’ingresso del palazzo reale di Torino.
La costellazione dei gemelli è inoltre collocata sull’eclittica, il percorso apparente del sole nel corso dell’anno, motivo per il quale la costellazione appartiene al gruppo dei segni zodiacali. Tuttavia, vi è un fatto collegato a questo asterismo (gruppo di stelle) che lo rende per gli astrofili molto speciale.
Era il 13 marzo 1781, di certo non una notte buia e tempestosa alla Dumas, quando un astrofilo di 43 anni, di professione musicista ma con la passione per l’autocostruzione dei telescopi e l’osservazione attenta del cielo, scoprì il pianeta Urano.
gemelli4Sir William Herschel (1738-1822) ed il suo stemma nobiliareDi luminosità e dimensioni troppo contenute per essere noto già dai tempi antichi, la scoperta è un altro tassello dell’epoca dei telescopi inaugurata da Galileo Galilei il secolo precedente.
Frederick William Herschel, questo il nome dello scopritore, era nato ad Hannover il 15 Novembre 1738. Figlio di un musicista militare, ereditò la passione per la musica dal padre seguendone le orme. Nel 1757, all’età di 19 anni, a causa della guerra dei sette anni (scontro che vedeva i territori di Hannover alleati di Gran Bretagna e Prussia scontrarsi contro la Spagna, Francia, Austria, Svezia e Russia), emigrò in Inghilterra, a Bath, dove continuò la carriera di musicista e di insegnante di musica.
gemelli5Telescopio di Herschel - 160mm f13Nel 1772, assieme alla sorella Caroline cui aveva chiesto di raggiungerlo, iniziò ad appassionarsi per diletto all’osservazione del cielo. Come gli astrofili però ben sanno, il cielo stellato quando ti attrae poi non ti lascia più. Fu così che anche Herschel si fece catturare dal cielo e da quella che oggi viene chiamata in gergo la “strumentite”, ossia la rincorsa a strumenti astronomici sempre più performanti e luminosi con i quali poter vedere sempre più dettagli e sempre meglio. Scontento della qualità ottica degli strumenti dei suoi tempi, Herschel, supportato dalla sorella, si mise a costruirsi da solo i telescopi, prediligendo i telescopi a specchio di tipo newtoniano. Fu nel 1773 che iniziò a realizzare i primi specchi ed a costruirsi i telescopi.
William e Caroline iniziarono quindi ben presto a scandagliare il cielo, dapprima con l’obiettivo di mappare e catalogare le stelle doppie, attività che portò i fratelli a pubblicare i loro cataloghi negli anni 1782, 1785 ed 1821 per un totale di 821 stelle doppie catalogate.
La qualità ottica dei telescopi, superiore a quanto allora generalmente disponibile, permise ai fratelli Herschel di verificare e ridefinire diversi oggetti Messier e classificarli come ammassi stellari.
gemelli6Caroline Herschel aiuta durante la lucidatura di uno specchioL’attività dei fratelli Herschel sembrava non avere fine, tanto da iniziare ad interessarsi anche alle nebulose (ricordando che all’epoca anche le galassie erano catalogate come nebulose) arrivando a pubblicare due cataloghi, negli anni 1802 e 1820 per un totale di 7500 oggetti. Tali cataloghi costituirono in seguito il cuore del New General Catalog (noto come NGC) pubblicato da Dreyer nel 1888.
Fu quindi durante una delle sue sessioni di osservazione e misura dedicata alle stelle doppie che William si rese conto di aver scovato non una stella, né tanto meno una nebulosa, che fosse di fronte ad una cometa?
Nel dubbio fece la comunicazione alla società scientifica di Bath ed alla Royal Society. Con enorme stupore di tutto il mondo scientifico e non, ci rese conto che il musicista aveva scoperto l’esistenza di un pianeta cui prima si ignorava l’esistenza. L’eco mediatica, seppur nel XVIII secolo, fu immensa.
Herschel venne convocato a Windsor dove divenne Astronomo di corte presso re Giorgio III e ricevette enormi finanziamenti per la costruzione di nuovi telescopi e per proseguire i suoi studi. Nel corso della sua vita costruì ben più di 400 telescopi, molti dei quali su commissione.
Di questi vale la pena citarne due: un telescopio di quasi 50” di apertura (circa 1,2m) e lunghezza focale di 12m che divenne poi lo stemma di Herschel (ricordiamo per confronto il Leviatano di Lord Rosse, 1,82m di apertura per 16m di lunghezza focale), e poi il telescopio “impossibile”.
La curiosa storia del telescopio “impossibile” riguarda la commissione fatta agli Herschel nel 1799, di un telescopio ad uso terrestre da installarsi nel castello di Walmer, nei pressi dello stretto di Dover, con l’intento di osservare il mare per prevenire attacchi nemici. William fece pervenire il telescopio smontato ma corredato di istruzioni di montaggio. La storia ci racconta di come né gli ufficiali di marina, né i consulenti né tanto meno il primo ministro in persona (William Pitt il giovane) riuscirono ad assemblare lo schema ottico, abbandonando presto il progetto.
gemelli7Del telescopio monumentale realizzato da William sappiamo che gli permise di effettuare nuove scoperte ma ben presto il costruttore stesso si convinse che era ingombrante e poco maneggevole, preferendo ottiche più contenute.
Sebbene venga ricordato principalmente per la scoperta di Urano, Herschel fu un musicista di talento, un abile costruttore di telescopi ed astrofilo appassionato. I suoi studi astronomici, basati sull’osservazione diretta degli oggetti e dei fenomeni gli fecero fare molte scoperte straordinarie ma anche alcune assunzioni bislacche. Di certo la sua vita da astrofilo fu vissuta come un pioniere con dei tratti quasi mitologici.
Potremmo riempire pagine e pagine trattando della vita e delle opere di Herschel, ma il nostro intento, di far assaggiare al lettore un po’ di storia legata alla costellazione dei gemelli è qui ora finito.
Lasciamoci quindi guidare dalle parole di William verso il cielo che sempre ci chiama ad essere osservatori attenti.

“Non puoi aspettarti di vedere al primo sguardo. Osservare è per certi versi un’arte che bisogna apprendere. - William Herschel”

 

di Fabrizio Benetton 

 

Bibliografia:
Grande guida dell’astronomia, Libreria Geografica in collaborazione con A.S.I., edizione aggiornata 2020
Wikipedia – the free enciclopedia (Versione Italiana ed Inglese)
I miti Greci, di Robert Graves, ed. Longanesi 2021
Storie del cielo – Il giro del mondo in 365 notti - https://www.storiedelcielo.it/
Il telescopio “impossibile” di Herschel, Giuseppe Longo, https://www.saperescienza.it/rubriche/astronomia-e-spazio/il-telescopio-impossibile-di-herschel-29-6-15/
William Herschel ed il Bath Museum of Astronomy, di Laura Boyle, https://janeausten.co.uk/it/blogs/uncategorized/william-herschel-bath-museum-astronomy
Stories of Astronomers and Their Stars – David Falkner – The Patrick Moore Practical Astronomy Series – Springer book

Immagini:
Wikipedia – the free enciclopedia
Atlascoelestis.com – di Felice Stoppa
Bath Museum of Astronomy, https://janeausten.co.uk/it/blogs/uncategorized/william-herschel-bath-museum-astronomy

Taurus - Toro

Toro1Taurus - Hevelius, Uranographia, XVII sec.Per i temerari che sanno affrontare il freddo, il cielo di gennaio regala delle gemme preziose. Le Pleiadi, le sette sorelle, come le Iadi figlie del gigante Atlante, sono tra gli spettacoli celesti più famosi e tra i primi che gli astrofili imparano a distinguere nel cielo autunnale ed invernale. La storia della costellazione del toro, delle Pleiadi, delle Iadi e di Aldebaran, non inizia tuttavia con i greci o con i babilonesi. Probabilmente il nome deriva da questi popoli abituati ad osservare il cielo; tuttavia, sappiamo per certo che il marchio delle Pleiadi era già noto in antichità, quando ancora gli esseri umani vivano di caccia e riposavano nelle caverne.
Questa storia inizia nelle grotte di Lascaux, nei pressi di Montignac, nella regione della Nuova Aquitania nel sud-ovest della Francia.
Toro2Grotte di LascauxIn un complesso di grotte di origine carsica si trovano infatti numerose pitture rupestri rappresentanti grandi animali, probabilmente le prede predilette dalla tribù di cacciatori che circa 15 secoli prima di Cristo popolavano le grotte. In particolare, c’è una caverna, nota come sala dei tori, dove troviamo raffigurati molti bovini e tra di essi spicca particolarmente un esemplare dotato di lunghissime corna, un occhio circondato da macchie puntiformi e sormontato da 6 pallini scuri. Dopo la scoperta nel settembre 1940, ad opera di 4 ragazzini, non è servito molto tempo prima che gli archeoastronomi collegassero la pittura alla costellazione del Toro, l’occhio luminoso ad Aldebaran, ed i pallini alle Pleiadi.
Toro3Il ratto d'Europa - Paolo Calliari detto Veronese - Olio su tela - XVIsec - sala del anticollegio, VeneziaUna costellazione antica quindi che porta fino a noi le storie del cammino che l’umanità ha percorso nei millenni sempre con un denominatore comune. Può cambiare la tecnologia, le usanze, il linguaggio e tante altre cose ancora sulla terra, ma siamo sempre tutti sotto lo stesso cielo. Un cielo vivo, non immutabile, ma che preserva nel corso dei secoli e talvolta dei millenni uno scenario incantevole che, come già detto più volte, ci parla del nostro passato e del nostro futuro, facendoci sognare storie ed avventure…
Una delle narrazioni più belle e celebrate della mitologia greca, ci parla poi di una fanciulla, Europa, talmente bella da far innamorare il potente Zeus. Si narra che in terra di Canaan, vivesse Agenore, figlio di Posidone, il quale aveva lasciato le terre d’Egitto ed una volta sposato ebbe 5 figli ed una figlia, Europa. Toro4Il ratto d’Europa, Tiziano Vecellio, 1562Europa era una fanciulla molto attraente, ed era solita passeggiare in riva al mare con le sue compagne. Nello stesso luogo Ermete (Ermes o Mercurio) sospinse la mandria di Agenore, mandria dove era comparso un misterioso quanto meraviglioso toro bianco, robusto ma con corna piccole, talmente bello che la fanciulla gli si avvicinò e giocò con lui, riempiendolo di fiori, fino a quando presa dall’entusiasmo gli salì in groppa. Il toro, che altri non era se non Zeus, si avvicino al mare al piccolo trotto per poi lanciarsi tra i flutti, prendendo a nuotare, tra lo sgomento della ragazza e delle sue ancelle. Giunto sulle spiagge di Creta, Zeus si trasformò ancora (secondo alcuni filoni prese sembianze di aquila) per possedere con violenza la fanciulla. Europa generò in seguito tre figli: Radamante, Sarpedonte e Minosse, il famoso re di Creta la cui consorte (essendosi accoppiata a sua volta con un toro) generò un figlio con la testa di toro, il Minotauro, per poi chiuderlo nel labirinto progettato da Dedalo.
La mitologia contiene molti episodi legati ai tori, animali che simboleggiano forza e virilità. Non solo gli antichi greci erano affascinati da questo animale, numerose altre culture loro contemporanee, come anche culture più moderne celebrano il potente bovino come simbolo di virilità. La lotta tra tori oppure tra uomini e tori è da tempi antichissimi una celebrazione della forza. In tempi moderni, seppur meno celebrata ed anzi da molti condannata, la corrida e le sue manifestazioni restano ancora un retaggio di questa antica sfida e dimostrazione di forza. La costellazione in questione però non celebra solamente la forza e la virilità, tra l’altro espressa come violenza deprecabile, cela infatti anche dei gioielli di grande pregio come citavamo all’inizio.
Toro5Le Pleiadi, opera di Elihu Vedder, 1885Le Pleiadi sono sette sorelle, figlie del titano Atlante e di Pleione, ninfa oceanina protettrice dei naviganti. Il nome sta ad indicare le colombe, o secondo altre versioni il nome deriva da “Plein” che significa navigare, essendo facilmente riconoscibili danno sicuramente una chiara indicazione e facilitando l’orientamento dei naviganti, anche se tuttavia è bene sottolineare che i greci erano soliti navigare nei mesi estivi. I loro nomi, seppur particolari, faranno sicuramente vibrare qualche corda in chi legge: Maia, Elettra, Taigete, Alcione, Celeno, Sterope e Merope. Secondo la leggenda, Elettra, Maia e Taigete furono violentate da Zeus, Alcione e Celeno giacquero con Poseidone mentre Sterope si accoppiò con Ares. Solo Merope ebbe un compagno mortale, Sisifo e per la vergogna che provava rispetto le sorelle, le abbandonò per sempre. Abbandono che va a spiegare come ad occhio nudo 6 stelle siano effettivamente facili da percepire, mentre la settima è più debole. Tornando però ad Elettra, la narrazione mitologica vuole che i suoi figli fondarono niente meno che Ilio (nota come Troia), la ricca città che controllava lo stretto dei Dardanelli (in Turchia), cantata dal celebre Omero e distrutta dagli achei con il trucco del cavallo ideato dal prode Ulisse. Vedendo la città dei suoi discendenti bruciare, Elettra si consumò di dolore e per la disperazione che provava, lei e le sue sorelle vennero tramutate in stelle.
Secondo un’altra narrazione, le Pleiadi erano compagne di Artemide, la dea cacciatrice. Orione, il celebre guerriero, inseguì le sorelle per tutta la terra fino a che gli dei, presi a compassione, trasformarono le sorelle dapprima in colombe e successivamente in stelle. Come riporta tuttavia Graves nel suo testo “I miti greci”, tale versione è falsa in quanto per essere compagne di Artemide, le Pleiadi avrebbero dovuto essere illibate, stato che, come gia raccontato, nessuna di loro possedeva. L’autore, tuttavia, si concentra solamente sulla coerenza narrativa. Il mito di Orione che insegue le pleiadi per tutta la terra è invece una narrazione di tipo astronomico.Toro6Costellazione del Toro e di Orione - Software Stellarium
Uscendo sotto il cielo stellato si nota subito infatti come le sette sorelle si collochino più ad ovest rispetto alla costellazione di Orione, presentando tuttavia una declinazione (24° Nord) di poco superiore rispetto alle stelle più a nord del cacciatore (stella csi1ori ha declinazione 20° Nord). L’effetto visivo appare proprio come se il cacciatore, con la clava (o spada) levata stia inseguendo le Pleiadi. Essendo poi Orione esattamente a cavallo della linea dell’equatore, significa che è visibile, almeno in parte, da ogni angolo della terra, dal polo Nord, al polo Sud, anche se da quest’ultimo, le Pleiadi non sono visibili. Ma tanto i greci, fin lì, non ci arrivarono mai.
Pensare dunque, che il cielo, così come lo ammiriamo noi, fosse ammirato millenni fa, seppur con qualche piccola differenza, sia dagli uomini antichi di Lascaux come anche da eroi leggendari come Minosse ed Ulisse, non può che aprire alla meraviglia ed allo stupore di questa enorme macchina del tempo che ci troviamo sopra la testa.
Lasciamoci sedurre dalla meraviglia del cielo.

 

di Fabrizio Benetton

 

Bibliografia:
Grande guida dell’astronomia, Libreria Geografica in collaborazione con A.S.I., edizione aggiornata 2020
Wikipedia – the free enciclopedia (Versione Italiana ed Inglese)
I miti Greci, di Robert Graves, ed. Longanesi 2021
Storie del cielo – Il giro del mondo in 365 notti - https://www.storiedelcielo.it/

Immagini:
Wikipedia – the free enciclopedia
Atlascoelestis.com – di Felice Stoppa
https://www.visitmuve.it/it/galleria-delle-opere/paolo-veronese-il-ratto-di-europa/
http://www.gardnermuseum.org/collection/artwork/3rd_floor/titian_room/europa?filter=artist:3150, Tiziano Vecellio (Pieve di Cadore, 1488 - 1576, Venezia)

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