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Alla ricerca dei quark oscuri al Cern

La natura elusiva della materia oscura rimane uno dei più grandi misteri della fisica delle particelle. Costituisce circa un quarto dell’universo, ma non interagisce in modo significativo con la materia ordinaria. La sua esistenza è stata confermata da una serie di osservazioni astrofisiche e cosmologiche, tra cui le straordinarie immagini del telescopio spaziale James Webb. Tuttavia, fino a oggi non è stata riportata alcuna osservazione sperimentale della materia oscura. Finora la maggior parte delle ricerche è andata a caccia di eventi in cui viene prodotta una particella di materia oscura “debolmente interagente” insieme a una particella nota del Modello standard. Ma niente.

È anche per questo che si fa ricerca di base, per sondare i misteri più profondi dell’universo. «Il Large Hadron Collider del Cern è il più grande esperimento mai costruito e le collisioni di particelle che creano condizioni simili al Big Bang possono essere sfruttate per cercare indizi della materia oscura», afferma Deepak Kar, della Scuola di fisica dell’Università del Witwatersrand a Johannesburg, in Sudafrica. Lavorando all’esperimento Atlas del Cern, Kar e Sukanya Sinha (ora ricercatrice post-dottorato presso l’Università di Manchester), hanno sperimentato un nuovo modo di cercare la materia oscura e hanno pubblicato la loro ricerca sulla rivista Physics Letters B.

«Negli ultimi decenni sono state condotte numerose ricerche della materia oscura con i collisori, che finora si sono concentrate sulle particelle massive debolmente interagenti, dette Wimp», spiega Kar. «Le Wimp sono una classe di particelle che si ipotizza possano spiegare la materia oscura, poiché non assorbono né emettono luce e non interagiscono fortemente con altre particelle. Tuttavia, poiché finora non sono state trovate evidenze di Wimp, ci siamo resi conto che la ricerca della materia oscura necessitava di un cambiamento di paradigma».

Poiché le particelle di materia oscura non possono essere viste dal rivelatore Atlas, quello che i ricercatori cercano è uno sbilanciamento nel momento trasverso (chiamato anche energia mancante). Tuttavia, alcuni modelli teorici prevedono un settore oscuro fortemente interagente, con quark e gluoni oscuri come repliche di quark e gluoni del Modello standard, che interagiscono fortemente tra loro ma possono interagire con il Modello standard solo attraverso opportuni “mediatori”.

«I quark oscuri si legano in adroni oscuri che possono essere stabili o instabili», spiega a Media Inaf  Federica Fabbri, membro della collaborazione Atlas e ricercatrice all’Università di Bologna. «La componente instabile decade in particelle visibili in Atlas mentre la parte stabile risulta invisibile, ed è un possibile candidato per la materia oscura. La combinazione di queste componenti dà origine a getti semi-visibili. Questi getti vengono solitamente creati in coppie, con l’energia mancante allineata con la direzione di uno dei due jet».

«Ciò rende la ricerca di getti semi-visibili molto impegnativa, in quanto questa firma può anche essere frutto di errori sistematici nella misura», continua Fabbri. «In questi casi infatti l’energia mancante è allineata con il getto standard mal-ricostruito. Per aggirare questo problema la nuova analisi di Atlas cerca eventi in cui i getti semi-visibili siano prodotti insieme a getti aggiuntivi del Modello standard. In questo modo, grazie alla presenza di due getti semi-visibili, la direzione dell’energia mancante viene disallineata da quella di uno dei due getti e questo fornisce la possibilità di definire quantità specifiche per identificare eventi con jet semi-visibili».

Dopo aver tenuto conto di tutti i processi del Modello standard che contribuiscono a questa topologia di eventi, non hanno trovato alcun accenno di getti semi-visibili, anche se il nuovo risultato pone i primi limiti a questo specifico scenario di produzione di tali getti. La ricerca è più sensibile a valori intermedi della frazione invisibile ed esclude masse mediatrici fino a 2,7 TeV. I ricercatori sono stati anche in grado di riportare il numero di eventi di dati osservati corrispondenti ai requisiti di selezione degli eventi. Questo pone importanti basi per le future ricerche sulla materia oscura, consentendo ai fisici di costruire modelli di getti semi-visibili che tengano conto dei vincoli esistenti su questa firma.

C’è ancora molto da esplorare. «I ricercatori della collaborazione Atlas e Cms stanno iniziando uno studio sistematico di tutti i possibili modi in cui questo tipo di materia oscura può presentarsi all’interno del loro esperimento, che potrebbero portare a nuove analisi come quella considerata in questa ricerca. Man mano che gli esperimenti Atlas e Cms continueranno ad ampliare il loro gigantesco set di dati, forniranno nuove opportunità di esplorazione e nuove opzioni per estendere la ricerca di getti semi-visibili», conclude Caterina Doglioni, ricercatrice della Collaborazione Atlas. 

 

Fonte: Media INAF

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