Secondo la teoria dell’inflazione cosmologica, quasi 14 miliardi di anni fa – nelle primissime fasi del Big Bang – un’energia misteriosa ha guidato l’espansione esponenziale dell’universo. Quell’antica energia condivideva le caratteristiche principali dell’attuale energia oscura, che rappresenta il più grande mistero del nostro tempo. Infatti, sappiamo che costituisce la maggior parte dell’universo – circa il 70 per cento – ma non sappiamo cosa sia.
«Se ci domandiamo in quale punto dell’universo riscontriamo una gravità così forte come all’inizio dell’universo, la risposta è al centro dei buchi neri», fa notare Gregory Tarlé, professore di fisica all’Università del Michigan e coautore dello studio. «È possibile che ciò che è accaduto durante l’inflazione avvenga al contrario: la materia di una stella massiccia diventa di nuovo energia oscura durante il collasso gravitazionale, come un piccolo Big Bang riprodotto al contrario».
In un nuovo studio pubblicato su Journal of Cosmology and Astroparticle Physics, Tarlé e colleghi rafforzano l’ipotesi di questo scenario con i recenti dati del Dark Energy Spectroscopic Instrument (Desi), uno strumento composto da 5mila occhi robotici montati sul telescopio Mayall dell’Osservatorio Nazionale di Kitt Peak. «Se i buchi neri contengono energia oscura, possono accoppiarsi e crescere con l’universo in espansione, causandone l’accelerazione», dichiara Kevin Croker, primo autore dello studio, dell’Arizona State University. «Non riusciamo a capire nei dettagli come questo avvenga, ma possiamo vedere le prove che sta accadendo».
In sostanza, dai dati del primo anno della survey quinquennale di Desi si evince che la densità dell’energia oscura è aumentata nel tempo. Questo risultato, riferiscono i ricercatori, fornisce un indizio convincente a sostegno dello scenario suddetto, perché l’aumento osservato nel tempo è in linea con l’aumento del numero e della massa dei buchi neri.
Per cercare le prove dell’energia oscura proveniente dai buchi neri, il team ha utilizzato decine di milioni di galassie distanti misurate da Desi. Lo strumento scruta miliardi di anni nel passato e raccoglie dati che possono essere utilizzati per determinare con precisione la velocità di espansione dell’universo. A loro volta, questi dati possono essere utilizzati per dedurre come la quantità di energia oscura stia cambiando nel tempo. Il team ha confrontato questi dati con il numero di buchi neri che si formano alla morte di stelle massicce nel corso della storia dell’universo.
«I due fenomeni sono risultati coerenti l’uno con l’altro: man mano che si creavano nuovi buchi neri alla morte di stelle massicce, la quantità di energia oscura nell’universo aumentava nel modo giusto», riporta Duncan Farrah, professore associato di fisica all’Università delle Hawaii e coautore dello studio. «Questo rende più plausibile l’ipotesi che i buchi neri siano la fonte dell’energia oscura».
La ricerca si inserisce in una letteratura in crescita che studia la possibilità di un accoppiamento cosmologico nei buchi neri. Uno studio del 2023, che ha visto la partecipazione di molti degli autori di questo articolo, ha riportato l’accoppiamento cosmologico nei buchi neri supermassicci all’interno dei centri galattici. Quello studio ha incoraggiato altri team a cercare l’effetto in tutti i luoghi in cui è possibile trovare i buchi neri nell’universo.
Una differenza fondamentale del nuovo lavoro è che la maggior parte dei buchi neri in questione sono più giovani di quelli esaminati in precedenza. Questi buchi neri sono nati in un’epoca in cui la formazione stellare era ben avviata, anziché appena iniziata. «Questo si verifica molto più tardi nell’universo e si basa sulle recenti misurazioni della produzione e della crescita dei buchi neri osservate con i telescopi spaziali Hubble e Webb», afferma Rogier Windhorst, scienziato del Jwst e professore alla Arizona State University.
A prescindere dalle osservazioni future, il lavoro che si sta svolgendo ora rappresenta un cambiamento epocale nella ricerca sull’energia oscura, sostengono i ricercatori. «Fondamentalmente, se i buchi neri sono energia oscura, accoppiati all’universo che abitano, non è più solo una questione teorica», conclude Tarlé. «Ora è una domanda sperimentale».
Fonte: Media INAF