Le proprietà e la morfologia dei resti di supernova sono il risultato dei complessi processi fisici che avvengono nella stella progenitrice sia nelle fasi che precedono l’esplosione sia durante l’evento stesso (dal rapido collasso del nucleo, che avviene in pochi secondi, fino all’emergenza dell’onda d’urto dalla superficie della stella). Sono inoltre influenzate dalle interazioni tra i frammenti della stella espulsi durante l’esplosione (gli ejecta) e le onde d’urto generate dalla supernova con le nubi interstellari (materiale eventualmente presente attorno alla stella) e circumstellari (materiale espulso dalla stella prima dell’esplosione). Queste nubi sono sempre presenti in quanto le stelle massive, soprattutto al termine della loro evoluzione, sono caratterizzate da intensi venti stellari ed eventi di perdita di massa impulsivi, che trasferiscono nel mezzo circostante diverse masse solari di gas.
Queste complesse interazioni possono anche influenzare l’evoluzione temporale delle supernove. Ad esempio, a seguito dell’impatto delle onde d’urto con il materiale circumstellare, si può osservare un aumento della luminosità della supernova in specifiche bande. È ciò che è accaduto, per esempio, alla supernova Sn 2014C, esplosa nella galassia Ngc 7331 a quasi 50 milioni di anni luce da noi. La supernova è stata osservata e monitorata con vari telescopi in diverse bande dello spettro elettromagnetico. In particolare, ai raggi X e nelle onde radio, Sn 2014C ha mostrato un aumento di luminosità circa 200 giorni dopo l’esplosione, suggerendo che l’onda d’urto avesse investito dense nubi circumstellari.
Un team di ricerca guidato dall’astrofisico Salvatore Orlando dell’Inaf di Palermo ha creato un modello dettagliato che riproduce le varie osservazioni di Sn 2014C, descrivendo le caratteristiche della stella, del suo vento e del materiale circumstellare prima, durante e dopo l’esplosione. Le proprietà osservate oggi nel resto di supernova sono spiegate dal modello, assumendo che la stella progenitrice avesse espulso i suoi strati esterni ricchi di idrogeno durante un intenso periodo di perdita di massa, iniziato circa 5000 anni prima dell’esplosione e terminato circa 4000 anni dopo. Al termine di questa fase, la stella progenitrice aveva espulso circa 2.5 masse solari di gas, che hanno formato una struttura a ciambella nel piano equatoriale della stella, estesa tra circa 2900 e 10000 unità astronomiche (un’unità astronomica equivale a circa 150 milioni di km, ossia la distanza media tra Terra e Sole). Il modello spiega anche la presenza di due componenti con temperature diverse nel resto di supernova osservate ai raggi X: la componente più calda è costituita dal materiale circumstellare investito dall’onda d’urto, mentre la componente a temperatura inferiore proviene dai frammenti stellari espulsi durante l’esplosione.
«Sn 2014C rappresenta un caso di studio affascinante nel campo delle supernove», spiega Orlando a Media Inaf, «poiché offre nuove prospettive sulle ultime fasi di vita delle stelle massicce. Nei primi giorni successivi all’esplosione, questa supernova era stata classificata come “povera di idrogeno” (di tipo Ib) in base alle sue caratteristiche spettroscopiche. Ciò indicava che la stella progenitrice aveva perso il proprio inviluppo di idrogeno prima dell’esplosione. Tuttavia, circa 200 giorni dopo il collasso del nucleo, Sn 2014C ha subito una sorprendente metamorfosi: si è improvvisamente arricchita di idrogeno, accompagnata da un marcato aumento di emissioni in banda X e radio, trasformandosi in una supernova di tipo IIn. Questa evoluzione suggerisce che la stella avesse espulso grandi quantità di materiale (soprattutto idrogeno) secoli o millenni prima dell’esplosione, un fenomeno spesso associato alla presenza di un sistema binario. La trasformazione osservata è stata quindi causata dall’interazione dell’onda d’urto della supernova con il materiale stellare precedentemente espulso».
«Studiare questa classe di oggetti, noti come supernove interagenti», continua Orlando, «permette di approfondire i processi estremi di perdita di massa che caratterizzano la fase finale della vita delle stelle massicce. La vera novità è che, per la prima volta, abbiamo potuto ricostruire in dettaglio la geometria e la distribuzione di densità del mezzo circumstellare attorno alla stella progenitrice e tracciare la sua storia di perdita di massa, grazie a un modello tridimensionale idrodinamico. Questo modello ha seguito l’evoluzione del sistema dalle fasi precedenti all’esplosione, durante la perdita di massa della stella, fino all’interazione della supernova con il mezzo circumstellare. In tal modo, sebbene non sia stato possibile osservare direttamente la struttura di questo materiale (vista anche la notevole distanze dell’oggetto), il modello ne ha consentito una ricostruzione dettagliata grazie ai vincoli offerti dai dati osservativi non risolti spazialmente. Questo approccio innovativo apre nuove prospettive per comprendere i processi che precedono l’esplosione delle supernove e offre indizi preziosi sui meccanismi di evoluzione delle stelle massicce».
Fonte: Media INAF