L’Istituto nazionale di astrofisica (Inaf) rilascia oggi le immagini di cinque galassie dell’universo locale, riprese con il telescopio italiano Vst (Vlt Survey Telescope) gestito da Inaf in Cile. Le nuove immagini mostrano queste iconiche galassie nei minimi dettagli, immortalandone la forma, i colori e la distribuzione delle stelle fino a grandi distanze dal centro. Due di esse, la galassia irregolare Ngc 3109 e la irregolare nana Sestante A, si trovano ai confini del cosiddetto Gruppo Locale, di cui fa parte anche la nostra galassia, la Via Lattea, e si trovano a circa quattro milioni di anni luce da noi. Altre due galassie, la splendida galassia a spirale nota come Girandola del Sud (ma anche Ngc 5236 o M 83) e la irregolare Ngc 5253, si trovano, rispettivamente, a circa quindici e undici milioni di anni luce dalla nostra, mentre la quinta e più lontana, la galassia a spirale Ic 5332, dista circa trenta milioni di anni luce.
Le osservazioni sono state realizzate in tre filtri, o colori, nell’ambito della survey Vst-Smash (Vst Survey of Mass Assembly and Structural Hierarchy), un progetto guidato da Crescenzo Tortora, ricercatore dell’Inaf a Napoli, per comprendere i meccanismi che portano alla formazione delle tante e diverse galassie che popolano il cosmo.
Le cinque galassie di cui oggi vengono diffuse le immagini sono parte di un campione di 27 galassie che il team sta studiando con il Vst, telescopio dotato di uno specchio dal diametro di 2,6 metri, costruito in Italia e ospitato dal 2012 presso l’Osservatorio Eso di Cerro Paranal, in Cile. Queste galassie sono state selezionate accuratamente nella porzione di cielo che, nel corso dei prossimi anni, sarà osservata anche dal satellite Euclid dell’Agenzia Spaziale Europea (Esa) per fornire una controparte ottica più dettagliata (fino a lunghezze d’onda corrispondenti al colore blu) ai dati spaziali raccolti dallo strumento Vis (a lunghezze d’onda corrispondenti al colore rosso) e dallo strumento Nisp nel vicino infrarosso. Il gruppo ha presentato la survey in un articolo pubblicato sulla rivista The Messenger dell’Eso.
«Cerchiamo di capire come si formano le galassie, in funzione della loro massa e del loro tipo morfologico. Questo significa chiedersi come si formano le stelle in situ, all’interno delle galassie, ma anche come vengono accumulate (ex situ) attraverso processi di merging, cioè di fusione, con altre galassie» spiega Tortora, alla guida di un team internazionale che coinvolge molti ricercatori e ricercatrici di svariate sedi Inaf. «Per fare questo, dobbiamo tracciare i colori di queste galassie fino alle regioni periferiche, per poter investigare la presenza di strutture molto deboli appartenenti a queste galassie, e popolazioni di galassie poco brillanti che vi orbitano attorno. Questo è utile per poter tracciare i residui delle interazioni galattiche, e quindi vincolare il processo gerarchico della formazione delle strutture cosmiche».
L’analisi dei dati raccolti è ancora all’inizio, ma le osservazioni si sono già dimostrate efficaci, permettendo al team di esaminare le galassie fino a brillanze superficiali molto basse, che fino a qualche anno fa erano difficili da osservare. Il telescopio Vst, grazie al suo grande campo di vista di un grado quadrato, pari a circa quattro volte l’area della luna piena nel cielo, è stato lo strumento fondamentale che ha permesso di realizzare queste immagini in un tempo relativamente breve – osservando il campo intorno a queste galassie, nei tre filtri, con 10 ore di osservazioni per grado quadrato. In confronto, realizzare una sola di queste immagini con il telescopio spaziale Hubble avrebbe richiesto molti puntamenti consecutivi.
«È la prima volta che tutte queste galassie vengono osservate in maniera così profonda e dettagliata, e con dati omogenei», aggiunge Tortora. «Negli anni a venire, solo Euclid raggiungerà le nostre profondità ottiche, ma non potrà contare sulla vasta copertura nelle lunghezze ottiche del Vst. Il Vera Rubin Observatory, invece, pur osservando in regioni spettrali simili alle nostre, raggiungerà profondità simili solo dopo molti anni di osservazione. Questo rende Vst uno strumento che può ancora dire la sua, e dà speranze per interessanti risultati all’interno della nostra survey», conclude.
Fonte: Media INAF