Un tempo di vita di alcune centinaia di milioni di anni è quanto l’universo ha concesso alla galassia Gs-9209. Nonostante questo, è riuscita a mettere insieme velocemente una massa di 400 miliardi di soli e, all’epoca in cui gli astronomi l’hanno osservata, mentre nell’universo tutto stava appena cominciando, era già vecchia. Era quiescente, per usare il termine di chi studia l’evoluzione delle galassie, e che indica una galassia che ha già finito il suo combustibile per formare nuove stelle ed è destinata a evolvere passivamente diventando sempre più rossa e debole. Tanto che, prima di Webb, era impossibile studiarla in dettaglio. Gs-9209 è una galassia dieci volte più piccola della Via Lattea, ma compatta, perché contiene circa lo stesso numero di stelle. Gli astronomi l’hanno osservata appena 1.25 miliardi di anni dopo il Big bang, e ne hanno parlato in un articolo pubblicato ieri su Nature.
Non è la prima volta che il telescopio James Webb, con la sua capacità di guardare in profondità nel cosmo, ci stupisce mostrandoci galassie mature nell’universo primordiale. Infatti, da quando il telescopio ha iniziato a osservare si è diffusa l’idea che durante le prime fasi di vita dell’universo, l’evoluzione di alcune galassie abbia seguito un ritmo molto veloce.
Negli ultimi anni, altri studi avevano visto in Gs-9209 una potenziale galassia primordiale, massiccia e già passiva, ma prima di Webb non esistevano strumenti che riuscissero a osservarla in dettaglio e rivelarne con precisione la natura, né la distanza. A Webb, invece, sono bastate poche ore di integrazione con lo strumento NirSpec, il 16 novembre 2022. I dati spettroscopici hanno permesso non solo di stimarne con precisione la distanza, ma anche di calcolarne la massa, di verificare che essa non stesse più formando nuove stelle e, infine, di ricostruire la storia passata.
Il primato di Gs-9209 è che si tratta della più lontana nel suo genere, ovvero la più lontana galassia sferoidale e passiva. Dall’analisi, poi, è emerso che la sua formazione è avvenuta tra 600 e 800 milioni di anni dopo il Big Bang, dopodiché il processo di formazione di nuove stelle al suo interno si è fermato. All’epoca in cui è stata osservata, per la precisione, gli autori hanno stimato che avesse interrotto la formazione di nuove stelle da circa 500 milioni di anni.
Infine, la galassia primordiale contiene anche un buco nero supermassiccio. È quasi una regola per le galassie averne uno, è vero, ma la particolarità è che questo è molto più grande di quanto ci si aspetterebbe per una simile galassia. Una scoperta che ha aperto subito la possibilità che vi sia proprio questo oggetto dietro l’interruzione della formazione di nuove stelle.
«Lo stato di quiescenza in cui si trova Gs-9209 è strettamente correlato alla presenza, nel centro della galassia, di un buco nero supermassiccio con una massa tra mezzo miliardo e un miliardo di volte la massa del Sole», spiega Andrea Cimatti, direttore del Dipartimento di fisica e astronomia “Augusto Righi” dell’Università di Bologna, tra gli autori dello studio. «Si tratta di una massa cinque volte più grande di quanto ci si potrebbe aspettare in relazione al numero di stelle presente nella galassia: un dato che potrebbe spiegare perché il processo di formazione stellare si è interrotto».
Secondo gli autori, infatti, crescendo il buco nero supermassiccio al centro ha rilasciato enormi quantità di radiazioni ad alta energia, che hanno riscaldato e spinto il gas fuori dalla galassia. Gas che serve da combustibile essenziale per la formazione stellare.
La particolarità di questa galassia, comunque, non è che una bella sorpresa per gli studiosi dell’evoluzione delle galassie, in quanto conferma alcune delle ipotesi finora formulate sulla nascita delle galassie sferoidali. Quelle che conosciamo nell’universo vicino e a cui diamo questo nome sono in generale molto massicce, popolate da stelle molto vecchie e rosse (con età fino a 13 miliardi di anni) e con un buco nero supermassiccio al centro. Per spiegare queste caratteristiche, quindi, era necessario ipotizzare che la formazione stellare fosse avvenuta molto tempo fa e molto rapidamente, e che qualche processo l’avesse poi improvvisamente arrestata. Esattamente quanto accaduto, secondo questo studio, a Gs-9209.
Fonte: Media INAF