Le galassie sono il luogo di nascita della maggior parte delle stelle. Tuttavia, non è ancora chiaro come accrescano il “carburante” necessario per sostenere la loro crescita e come a loro volta riversino nell’ambiente elementi più pesanti dell’elio.
Ora, un team internazionale di astrofisici – tra cui l’italiano Fabrizio Arrigoni Battaia del Max Planck Institute for Astrophysics – ha osservato direttamente le regioni in prossimità di una galassia massiccia nell’universo primordiale, scoprendo che il gas intorno alla galassia è ricco di elementi pesanti, probabilmente “inquinato” dalla galassia stessa e dalle galassie satelliti incorporate. Inoltre, questo gas si sta muovendo a spirale verso la galassia, alimentando un’ulteriore formazione stellare.
Secondo i primi modelli di formazione delle galassie, il gas dovrebbe cadere isotropicamente sugli aloni di materia oscura, venire riscaldato a temperature molto elevate (milioni di gradi) e successivamente raffreddato, per poi andare a formare nuove stelle. Tuttavia, è ormai chiaro che questo cosiddetto accrescimento in “modalità calda” rappresenta solo una piccola frazione del carburante che alimenta la violenta formazione stellare nelle galassie massicce dell’universo primordiale. Le simulazioni cosmologiche idrodinamiche indicano infatti che lungo i filamenti si verifica un accrescimento in “modalità fredda” (migliaia di gradi), più efficiente nel trasportare il gas verso la galassia, che costituisce quindi un meccanismo per sostenere i grandi tassi di formazione stellare osservati.
A loro volta, le stelle inquinano l’ambiente circostante con elementi più pesanti dell’elio, chiamati genericamente “metalli”. I fenomeni più energetici (esplosioni di supernova) sono addirittura in grado di generare deflussi galattici, arricchendo il gas circumgalattico. Recenti simulazioni cosmologiche indicano che questo gas arricchito di metalli espulso dalla galassia potrebbe ricadere sulla galassia stessa, rappresentando un ulteriore meccanismo di rifornimento per sostenere l’intensa attività di formazione stellare. Pertanto, una galassia massiccia riciclerà sia il suo stesso gas inquinato da metalli, sia utilizzerà il gas incontaminato che sta affluendo. Finora però non erano state ottenute prove osservative dirette della presenza dei flussi di materiale riciclato.
Nello studio recentemente pubblicato su Science, i ricercatori hanno preso di mira un enorme sistema nell’universo primordiale, per cercare di capire come tali galassie accrescono il loro gas. Il sistema scelto, Mammoth-1, può essere osservato in un’epoca corrispondente a 11 miliardi di anni fa. Si tratta di un gruppo di galassie all’interno di gas circumgalattico freddo esteso su larga scala, che brilla luminoso nell’emissione Lyman-alfa dell’idrogeno.
Con i dati del Keck Cosmic Web Imager (Kcwi, telescopio Keck II) e le immagini a banda stretta del telescopio Subaru, il team ha rilevato l’emissione della riga circumgalattica dell’idrogeno, dell’elio e del carbonio che si estende per 300mila anni luce.
«Misurare in modo diretto i moti del gas nei dintorni di galassie in epoche passate è uno dei grandi problemi osservativi attuali, ma è fondamentale per verificare i modelli di formazione ed evoluzione di galassie», commenta a Media Inaf Battaia. «Fino ad ora siamo stati in grado di osservare principalmente emissione estesa della riga Lyman-alpha dell’idrogeno, ma il rilevamento di altre righe dell’idrogeno e di altri elementi (tutte più deboli rispetto alla Lyman-alpha), può dare informazioni più robuste sui moti del gas ed anche sulla sua metallicità. Nel nostro lavoro siamo riusciti ad osservare ben quattro righe in emissione (due dell’idrogeno, una per l’elio e una per il carbonio) attorno al sistema Mammoth-1. Lo studio simultaneo di queste righe ci ha permesso di ottenere una prima stima della metallicità del gas e ancor più fondamentale, del suo moto rispetto alla galassia e i suoi satelliti».
I dati Kcwi hanno infatti permesso al team di analizzare la cinematica del gas emittente nella regione osservata. Un confronto dettagliato dei dati con le simulazioni cosmologiche sviluppate presso il Max Planck Institute for Astrophysics e con un modello analitico è riuscito a spiegare i modelli di velocità osservati, che sono molto probabilmente dovuti all’afflusso di gas riciclato. Il modello cinematico indica che l’accrescimento di gas sta avvenendo a una velocità di circa 700 masse solari all’anno, molto più della velocità di formazione stellare misurata della galassia centrale (81 masse solari all’anno). L’afflusso di metalli potrebbe quindi sostenere completamente l’intensa formazione stellare nella galassia massiccia.
«Il gas esteso è stato contaminato dall’attività delle galassie e sembra scendere a spirale verso la galassia, insieme alle galassie satelliti, ed alla fine verrà riutilizzato per ulteriore formazione stellare», continua Battaia. «Siamo quindi testimoni del ciclo del gas su scale del mezzo circumgalattico. La galassia osservata ricicla gas precedentemente “inquinato” dalla sua stessa attività stellare per formare nuove stelle. Questo riciclo continuo di gas avviene ancor oggi nella nostra galassia, la Via Lattea, ma in quantità minore».
«Ora abbiamo bisogno di estendere il campione di osservazioni dell’emissione circumgalattica per darci maggiori informazioni sull’intricato ecosistema delle galassie. Il nostro approccio insieme agli imminenti set di dati, come quelli provenienti da strumenti come Muse/Vlt e Kcwi e da Jwst, ci consente di studiare direttamente il gas circumgalattico in dettaglio e quindi di comprendere meglio i processi fisici che governano il ciclo del gas attorno alle galassie», conclude il ricercatore.
Fonte: Media INAF