Era il 1610 quando nel Sidereus Nuncius Galileo Galilei scriveva (non proprio con queste esatte parole) che “La Via Lattea non è altro che una congerie di innumerevoli stelle, disseminate a mucchi; ché, in qualunque regione di essa si diriga il cannocchiale, subito una ingente folla di stelle si presenta alla vista, delle quali parecchie si vedono abbastanza grandi e molto distinte, ma la moltitudine delle piccole è del tutto inesplorabile”.
Poco più di quattrocento anni dopo, assistiamo al completamento della più grande mappa a infrarossi della Via Lattea, dopo oltre 13 anni di osservazione delle sue regioni centrali. A compiere questa impresa è il progetto Vista Variables in the Vía Láctea e il suo complementare Vvv eXtended, le cui survey – rispettivamente Vvv e Vvvx – sono state guidate da Dante Minniti, dell’Unab e del Center for Astrophysics and Related Technologies (Cata), e da Philip Lucas dell’Università di Hertfordshire, nel Regno Unito.
I risultati di molti anni di analisi dati sono riportati in uno studio pubblicato oggi su Astronomy & Astrophysics. L’articolo è stato redatto da 146 coautori provenienti da 15 paesi diversi in quattro continenti. Molti sono gli autori Inaf coinvolti: Alonso Luna e Alessio Caratti o Garatti dell’Inaf di Napoli, Vittorio Francesco Braga e Maria Gabriela Navarro dell’Inaf di Roma, Luigi Bedin, Mattia Libralato e Massimo Griggio dell’Inaf di Padova e Nicola Masetti dell’Inaf di Bologna.
All’inizio è stata un’avventura imbarcarsi in questo grande esperimento che rappresentava un compito gigantesco, essendo allora il più grande progetto osservativo per volume di dati dell’European Southern Observatory (Eso), incaricato di effettuare osservazioni con il telescopio Vista situato presso l’Osservatorio Paranal, nel nord del Cile. Le osservazioni sono iniziate nel 2010 e si sono concluse nella prima metà del 2023, per un totale di 420 notti in cui sono state ottenute circa 200mila immagini, monitorando più di 1,5 miliardi di oggetti e generando circa 500 TB di dati scientifici.
Questo enorme set di dati copre un’area del cielo equivalente a 8600 lune piene e contiene un numero di oggetti circa 10 volte superiore a quello della precedente mappa pubblicata dallo stesso team nel 2012. Include stelle neonate, spesso all’interno di bozzoli di polvere, e ammassi globulari, densi gruppi di milioni di stelle più antiche della Via Lattea. Osservando la luce infrarossa, Vista può anche individuare oggetti molto freddi, che brillano a queste lunghezze d’onda, come nane brune o pianeti vagabondi, ossia pianeti che non orbitano attorno a una stella. Osservando più volte ciascuna porzione di cielo, il team è stato in grado non solo di determinare la posizione di questi oggetti, ma anche di seguire come si muovono e se la loro luminosità cambia.
«Il Vvvx ci offre la possibilità di coprire un lungo periodo di tempo (circa 10 anni) di osservazione continua nelle regioni più densamente popolate della nostra galassia grazie alle osservazioni nell’infrarosso, che penetrano il gas e la polvere concentrati in queste zone», commenta Navarro a Media Inaf. «Questa copertura temporale ci permette di misurare come varia la luce degli oggetti e le loro posizioni, ovvero la variabilità e la dinamica, che rappresentano informazioni preziose per comprendere meglio come si è formata la Via Lattea, come è evoluta e tutti i processi che stanno avvenendo al suo interno».
Le survey hanno prodotto innumerevoli applicazioni per la comunità astronomica interessata allo studio della struttura galattica, delle popolazioni stellari, delle stelle variabili, degli ammassi stellari e di molto altro. Tra le scoperte più importanti vi sono ammassi globulari, stelle iperveloci, stelle variabili RR Lyrae al centro della nostra galassia (la più antica popolazione conosciuta), stelle nane brune e pianeti binari fluttuanti, oggetti variabili sconosciuti che chiamiamo Wit (acronimo di “What Is This?”), migliaia di galassie lontane osservate attraverso il disco della Via Lattea, oggetti stellari neonati violentemente variabili, eventi di microlensing gravitazionale nel cuore della nostra galassia e stelle variabili Cefeidi ai suoi antipodi..
«Questo studio inoltre permette l’esplorazione e la caratterizzazione di sorgenti, presenti nel Piano Galattico o al di là di esso, che emettono raggi X e gamma e che sono impossibili da osservare in ottico a causa del forte assorbimento dovuto alle polveri interstellari. Con la survey Vvvx è quindi possibile studiare in dettaglio la natura e il comportamento di questi oggetti fortemente compatti, ovvero stelle di neutroni e buchi neri, integrando i dati alle alte energie con quelli nelle bande infrarosse», commenta Masetti a Media Inaf.
Queste scoperte hanno già prodotto più di 300 pubblicazioni scientifiche. L’elaborazione delle immagini, l’analisi dei dati e l’esplorazione scientifica continueranno per molti anni a venire, regalandoci sicuramente molte altre scoperte. Questo lavoro lascia una grande eredità alla comunità astronomica, che continuerà a utilizzare i dati in una serie di progetti futuri, molti dei quali saranno integrati con le future osservazioni del telescopio spaziale Nancy Roman della Nasa, che sarà lanciato alla fine del 2026.
Nel frattempo, l’Osservatorio del Paranal dell’Eso si sta preparando per il futuro: Vista sarà aggiornato con il nuovo strumento 4Most e il Very Large Telescope (Vlt) dell’Eso riceverà lo strumento Moons. Insieme, questi strumenti forniranno gli spettri di milioni di oggetti qui analizzati. Attendiamo, curiosi e fiduciosi.
Fonte: Media INAF