Le stelle di neutroni, con una massa superiore a quella dell’intero Sistema solare confinata in una sfera quasi perfetta di appena una dozzina di chilometri di diametro, sono tra gli oggetti astrofisici più affascinanti conosciuti. Tuttavia, le condizioni estreme del loro interno rendono la loro composizione e struttura molto incerta. La collisione di due stelle di neutroni, come quella osservata nel 2017, offre un’opportunità unica per svelare i misteri che nascondono.
Quando, in un sistema binario, le stelle di neutroni spiraleggiano l’una verso l’altra per milioni di anni, emettono onde gravitazionali; tuttavia, l’emissione più intensa si verifica al momento della fusione e nei millisecondi immediatamente successivi. Ciò che rimane dalla fusione – un oggetto massiccio e in rapida rotazione – emette onde gravitazionali intense ma in un intervallo di frequenze molto ristretto. Questo segnale contiene informazioni cruciali sulla equazione di stato della materia nucleare, che descrive il comportamento della materia a densità e pressioni estreme.
Un gruppo di astrofisici della Goethe University di Francoforte – coordinato da Luciano Rezzolla, che è stato insignito recentemente del Prace Hpc Excellence Award per il suo rilevante contributo all’interpretazione teorica delle prime immagini di un buco nero supermassiccio – ha ora scoperto che, sebbene l’ampiezza del segnale delle onde gravitazionali dopo la fusione diminuisca nel tempo, diventa sempre più “puro”, tendendo verso un’unica frequenza, proprio come un gigantesco diapason che risuona dopo essere stato colpito.
Hanno chiamato questa fase long ringdown e hanno identificato una forte connessione tra le sue caratteristiche uniche e le proprietà delle regioni più dense nei nuclei delle stelle di neutroni. «Proprio come i diapason di materiali diversi hanno toni puri diversi, i resti descritti da equazioni di stato diverse risuoneranno a frequenze diverse. La rilevazione di questo segnale ha quindi il potenziale per rivelare di cosa sono fatte le stelle di neutroni», afferma Rezzolla.
Utilizzando simulazioni avanzate di stelle di neutroni in fusione con equazioni di stato accuratamente selezionate, i ricercatori hanno dimostrato che l’analisi del long ringdown può ridurre significativamente le incertezze nell’equazione di stato a densità molto elevate – dove attualmente non sono disponibili vincoli diretti. «Grazie ai progressi nella modellazione statistica e alle simulazioni di alta precisione sui più potenti supercomputer tedeschi, abbiamo scoperto una nuova fase del long ringdown nelle fusioni di stelle di neutroni che ha il potenziale di fornire nuovi e stringenti vincoli sullo stato della materia nelle stelle di neutroni», afferma Christian Ecker, primo autore dello studio. «Questa scoperta apre la strada a una migliore comprensione della materia densa delle stelle di neutroni, soprattutto se in futuro verranno osservati nuovi eventi».
Sebbene gli attuali rivelatori di onde gravitazionali non abbiano ancora osservato il segnale post-fusione, gli scienziati sono ottimisti sul fatto che i rivelatori di nuova generazione, come l’Einstein Telescope che dovrebbe diventare operativo in Europa entro il prossimo decennio, renderanno possibile questa tanto attesa rilevazione. «La ragione per cui attualmente non si può rilevare questo segnale è perché è ad alta frequenza, 2.5-3.5 kHz», spiega Rezzolla. «A queste frequenze i rivelatori attuali sono dominati dal rumore del laser e questi segnali non sono visibili (è per questo che non abbiamo visto il post-merger del famoso evento Gw170817). È per questa ragione che i rivelatori di terza generazione come Einstein Telescope, in cui l’Italia spera di giocare un ruolo importante, saranno necessari per vedere questi importanti segnali».
Quando ciò avverrà, il long ringdown servirà come potente strumento per sondare gli enigmatici interni delle stelle di neutroni e rivelare i segreti della materia al suo estremo.
Fonte: Media INAF