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Le trasparenze di Saturno svelate da Cassini

In natura la materia non si comporta tutta allo stesso modo. Nei confronti di una radiazione incidente, ad esempio, essa si comporta in maniera diversa a seconda della densità, dello spessore e della composizione degli atomi che la costituiscono, interagendo o meno con la luce. Materiali diversi hanno per cui proprietà ottiche diverse.

Una grandezza fisica che viene utilizzata per esplicitare questo concetto è la profondità ottica tau, una sorta di misura della trasparenza di un materiale, o se preferite del suo esatto opposto: l’opacità. Una profondità ottica bassa, nello specifico inferiore a 1, significa che il materiale è quasi trasparente alla radiazione, cioè interagisce poco o niente con la luce, e si definisce otticamente sottile. Viceversa, una profondità ottica maggiore di 1 indica che il mezzo è opaco alla radiazione, c’è cioè molta interazione luce-materia, e si definisce otticamente spesso. In pratica, più basso è il valore di tau, più il mezzo è trasparente alla radiazione. Viceversa, più alto è il suo valore, più il mezzo diventa opaco alla radiazione.

Ma perché parlare di tutto questo? Per una questione di anelli: gli anelli di Saturno. Utilizzando i dati raccolti dalla sonda Nasa/Esa/Asi Cassini, un team di ricercatori della Lancaster University, in collaborazione con l’Istituto svedese di fisica spaziale (Irf), ha infatti stimato la profondità ottica dei principali anelli del gigante gassoso.

La navicella spaziale Cassini è stata lanciata nel 1997 ed entrata in orbita attorno a Saturno il primo luglio 2004. Durante la sua missione, la sonda ha condotto un’estesa indagine del sistema di Saturno, studiando con un dettaglio senza precedenti il pianeta, i suoi anelli e le sue lune, prima di tuffarsi nell’atmosfera del “Signore degli anelli” e mettere fine alla sua epica missione con quello che è conosciuto come il Gran Finale di CassiniGeorgios Xystouris, ricercatore alla Lancaster University, e colleghi hanno utilizzato parte dei dati raccolti dalla sonda durante la missione per misurare il valore di Tau e determinare così la profondità ottica degli anelli del pianeta.

I dati utilizzati nella ricerca, i cui risultati sono stati pubblicati su Monthly Notices of the Royal Astronomical Society, sono quelli ottenuti dal Langmuir probe (Lp), una piccola sfera di titanio progettata e costruita per studiare le proprietà del plasma della magnetosfera di Saturno. Non tutti i dati registrati dallo strumento, bensì solo quelli raccolti durante i periodi in cui, lungo la sua orbita, la sonda era eclissata da Saturno.

Ma che c’entrano il plasma di Saturno e le eclissi di Cassini con la profondità ottica degli anelli? Lo strumento Lp è stato costruito per misurare le correnti elettriche portate da particelle cariche incidenti. Queste particelle potevano provenire dal plasma in cui era immersa la sonda, ma anche dall’eventuale fotoemissione della superficie della sonda quando irradiata da parte del Sole. Poiché la fotoemissione rilascia elettroni nello spazio circostante la sonda, questi possono essere raccolti come un’ulteriore popolazione di particelle rispetto a quelle di plasma e misurati come corrente di fotoemissione. Analizzando questa corrente, i ricercatori hanno notato che, a ogni eclissi di Cassini da parte di Saturno, vi erano variazioni nei dati: variazioni che diventavano particolarmente marcate quando Cassini era all’ombra degli anelli principali. L’unica spiegazione plausibile di questa variazione è l’effetto della differente trasparenza degli anelli. I ricercatori hanno quindi utilizzato i dati in questione per calcolare la profondità ottica degli anelli di Saturno.

«Poiché Lp era una sonda metallica, ogni volta che è stata illuminata dal Sole la sua luce ha fornito allo strumento energia sufficiente per rilasciare elettroni. Questo è l’effetto fotoelettrico», spiega Xystouris, primo autore della pubblicazione, «e gli elettroni che vengono rilasciati nel processo sono i cosiddetti “fotoelettroni”. Concentrandoci sui dati di questa corrente, ci siamo resi conto che le variazioni osservate durante le eclissi erano collegate alla quantità di luce solare che ciascun anello ha lasciato passare. Alla fine, utilizzando le proprietà del materiale di cui era fatta la sonda Langmuir e la luminosità del Sole nelle vicinanze di Saturno, siamo riusciti a calcolare la variazione nel numero di fotoelettroni per ciascun anello e a stimare la profondità ottica degli anelli di Saturno».

Andiamo ora ai risultati dello studio. Prendendo in considerazione la resa fotoelettronica dello strumento Lp e la struttura degli anelli stessi, i ricercatori hanno trovato che l’anello più opaco è l’anello B, seguito dall’anello A, dall’anello C e dall’anello D.  Più in dettaglio, per l’anello D -– l’anello più interno di Saturno – i ricercatori hanno calcolato una profondità ottica molto vicino a zero tau, tipica di oggetti quasi trasparenti alla radiazione, mentre per l’anello C il valore è di circa 0.1 tau. In entrambe i casi, sottolineano i ricercatori, si tratta di valori che sono in accordo con quelli ottenuti da studi precedenti. Diversa è invece la situazione per l’anello A, la cui profondità ottica è maggiore del valore ottenuto negli studi precedenti: da 0.5 tau si passa a 1 tau. Per quanto riguarda l’anello B, i ricercatori hanno calcolato i valori di tau relativi alle cinque regioni in cui è suddiviso l’anello. In questo caso, le misure della profondità ottica della regione B2 (2) e B3 (1.5) sono in accordo con le misure precedenti. Per B1, B4 e B5, i valori sono invece diversi: per B1 si passa da 1 a circa 2 tau; per B4 si passa da un valore maggiore o uguale a 2 a un valore compreso tra 1 e 2 tau; per B5, infine, si passa da 1.75 a un valore compreso tra 2 e 3 tau.

«In nostro è un lavoro nuovo ed entusiasmante», conclude Xystouris. «Abbiamo utilizzato uno strumento costruito per studiare il plasma per ottenere informazioni su una caratteristica planetaria. Questo è un uso unico della sonda Langmuir».

 

Fonte: Media INAF

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