Fra tutti i sistemi planetari extrasolari noti un posto d’onore va senz’altro riservato a quello della stella Trappist-1, che si trova a circa 40 anni luce da noi. Quando si pensa alle stelle il pensiero va subito al nostro Sole, ma Trappist-1 è molto diversa. Prima di tutto la massa, solo 9/100 di quella solare, al limite inferiore per essere considerata una stella, e poi il diametro, paragonabile a quello del nostro Giove. Si tratta di una piccola stella molto densa, senza un nucleo perché interamente convettiva, che fonde tanto lentamente l’idrogeno in elio da avere un’aspettativa di vita di centinaia di miliardi di anni: una stella praticamente immortale. Tanta parsimonia nell’emissione di energia implica una bassa temperatura in superficie, in effetti arriva a soli 2286 °C e si merita l’appellativo di nana ultrafredda (di tipo spettrale M8V). Di conseguenza la stella emette pochissima luce nel visibile, ma tanta radiazione infrarossa, il contrario di quello che fa il Sole. Nell’infrarosso vicino Trappist-1 emette quasi cento volte più energia che nel visibile, mentre nell’infrarosso lontano questo rapporto sale a ben 2400. Attorno a questa debole nana rossa orbitano almeno sette pianeti, con massa e dimensioni non troppo diverse da quelle della Terra. Per puro caso il piano di questo sistema planetario giace sulla linea di vista, così i pianeti sono stati scoperti, a partire dal 2015, con il metodo del transito. Il calo di luminosità durante un transito permette di determinare le dimensioni del pianeta, inoltre – caso unico fino a ora – le variazioni dei tempi dei transiti dovuti alle interazioni gravitazionali reciproche fra i pianeti hanno permesso di determinarne anche la massa. I pianeti sono stati chiamati Trappist-1 b, c, d, e, f, g, h. Questi corpi si muovono su orbite praticamente circolari con periodi orbitali molto brevi di soli 1,51, 2,42, 4,04, 6,06, 9,21 e 12,35 giorni.
I pianeti sono anche vicinissimi alla nana rossa: i loro raggi orbitali vanno da 1,7 a 9,5 milioni di km. Se usiamo il metro terrestre può sembrare tanto, in realtà il sistema planetario di questa piccola stella rossa può essere comodamente ospitato tutto all’interno dell’orbita di Mercurio, il pianeta più vicino al Sole: quello di Trappist-1 è un sistema planetario in miniatura.
I pianeti e, f, g sono all’interno della zona di abitabilità della nana rossa, quel range di distanze che permette di avere acqua liquida in superficie, però anche le nane ultrafredde presentano un piccolo inconveniente: vivono molto a lungo, ma sono delle stelle a brillamento (flare): sulla loro superficie si verificano delle esplosioni magnetiche con emissioni di plasma e radiazione Uv e X, catalizzate dall’intenso campo magnetico della stella. Eventuali forme di vita presenti sui pianeti e, f, g se la passerebbero piuttosto male nel ricevere in modo improvviso e ripetuto nel tempo un’intensa dose di raggi Uv e X, senza contare che la nube di plasma emessa nel brillamento, allontanandosi nello spazio, potrebbe erodere le loro ipotetiche atmosfere. Nel complesso, l’energia totale ricevuta nell’ultravioletto estremo dai pianeti di Trappist-1 nel corso della loro vita varia da 10 a 1000 volte quella ricevuta dalla Terra.
Chiaramente ora gli astronomi sono interessati a scoprire se i pianeti di Trappist-1 sono dotati di atmosfera e – in caso affermativo – di quali gas siano composte. In questi ultimi anni il James Webb Space Telescope (Jwst) ha fatto osservazioni nell’infrarosso durante i transiti secondari dei pianeti b e c, ossia quando stanno per passare dietro al disco della stella. In questo modo è stato possibile misurare la temperatura dell’emisfero diurno di b, risultata di 235 °C, un valore compatibile con nessuna redistribuzione del calore nell’emisfero notturno e un albedo di Bond (riflettività), pari a zero. Per verificare se b è effettivamente privo di atmosfera recentemente è stato usato lo strumento Niriss (Near-Infrared Imager and Slitless Spectrograph) del Jwst e sono state fatte – per la prima volta – osservazioni spettroscopiche nell’infrarosso durante il transito principale, quando il pianeta b passa di fronte al disco della stella, permettendo così alla radiazione stellare di filtrare attraverso l’ipotetica atmosfera planetaria.
In osservazioni di questo tipo è cruciale la separazione fra il contributo dello spettro stellare e quello di assorbimento dovuto all’atmosfera planetaria vista in controluce. Per questo si possono usare vari metodi, ad esempio si può fare un fit dello spettro stellare fuori transito e usare questo per correggere lo spettro preso durante il transito. Questo approccio ha il vantaggio di usare lo spettro della stella, ma – qualsiasi sia il metodo usato – il fit viene fatto utilizzano spettri stellari teorici, che faticano a riprodurre lo spettro realmente osservato di Trappist-1. Per questo motivo la correzione dello spettro di trasmissione non è perfetta e le incertezze dei risultati ottenuti non sono trascurabili. Le osservazioni spettroscopiche del transito ci dicono che Trappist-1 b non ha un’atmosfera densa, sicuramente non una con una massa molecolare bassa, come potrebbe essere un’atmosfera composta di idrogeno. Con i dati attuali non possono essere del tutto escluse atmosfere rarefatte, prive di nubi, composte di metano, oppure biossido di carbonio, oppure vapore d’acqua oppure di azoto e metano come Titano. Questi risultati concordano con le osservazioni del Jwst fatte durante il transito secondario. Che Trappist-1 b non abbia un’atmosfera densa non deve sorprendere: si tratta del pianeta più vicino alla stella, ossia quello maggiormente soggetto alla “erosione” atmosferica da parte degli intensi brillamenti stellari. Questo risultato non coinvolge gli altri pianeti più lontani, che quindi potrebbero avere delle dense atmosfere: non smettiamo di puntare i nostri telescopi verso Trappist-1.
Fonte: Media INAF