Sono le strutture legate gravitazionalmente più grandi dell’universo: stiamo parlando degli ammassi (o clusters) di galassie, ovvero enormi raggruppamenti di galassie che possono contare fino a migliaia di membri. Era il 1933 quando l’astronomo svizzero Fritz Zwicky studiando proprio un ammasso di galassie – il Coma Cluster (o Ammasso della Chioma) – si accorse di alcune anomalie gravitazionali non imputabili alla materia ordinaria. Questa fu la prima evidenza osservativa a favore dell’esistenza di un tipo di materia rivelabile unicamente grazie ai suoi effetti gravitazionali: la materia oscura. Da allora il Coma Cluster è uno degli ammassi meglio studiati in virtù della sua relativa vicinanza alla Via Lattea (si trova a circa trecento milioni di anni luce dalla Terra, in direzione della costellazione della Chioma di Berenice), che ne consente una caratterizzazione dettagliata.
Ora, a distanza di novant’anni, l’Ammasso della Chioma torna a far parlare di sé. Alcuni astronomi, guidati da Javier Román del Kapteyn Astronomical Institute di Groningen (Paesi Bassi) e dell’Università di La Laguna a Tenerife (Spagna), hanno infatti scoperto un lunghissimo “flusso” di stelle (stream, in inglese) all’interno dell’ammasso, dieci volte più esteso della Via Lattea. Si tratta di una gigantesca ma sottile struttura costituita da stelle che non appartengono alle galassie dell’ammasso ma sono situate tra una galassia e l’altra.
In generale, flussi di stelle di lunghezza inferiore sono comuni in corrispondenza delle galassie negli ammassi. Le frequenti interazioni gravitazionali possono infatti alterarne la morfologia, generando questi veri e propri fiumi di stelle “strappati” dalle galassie a cui una volta appartenevano. Quello che non si era mai visto era un flusso di stelle situato tra una galassia e l’altra.
«Ci siamo imbattuti in questa sorta di “corrente stellare” per puro caso», afferma Román. «Stavamo studiando gli aloni di stelle che si trovano attorno alle galassie più estese», che a differenza di questi flussi stellari hanno una forma pressoché sferica (con le dovute eccezioni). Episodi di questo genere non sono rari in astronomia, dove le scoperte avvenute per serendipità rivelano spesso fenomeni più accattivanti di quelli che si stavano indagando.
Lo studio è stato appena pubblicato su Astronomy & Astrophysics. La scoperta risulta particolarmente intrigante in quanto strutture stellari di questo tipo sono piuttosto fragili a causa delle mutue interazioni fra le galassie in un ammasso, che costituiscono una minaccia per la sopravvivenza di flussi stellari così estesi. Tale caratteristica rende queste strutture particolarmente difficili da osservare. L’ipotesi avanzata dagli autori è che queste stelle si trovassero inizialmente all’interno di una galassia nana, letteralmente smembrata dall’interazione con gli altri membri dell’ammasso.
Per quanto rari, questi flussi di stelle sono previsti dalle simulazioni numeriche, come spiegato da Reynier Peletier, coautore dell’articolo. «Ci aspettiamo di trovarne ancora. Per esempio, utilizzando il futuro Extremely Large Telescope (Elt) da 39 metri e con i dati raccolti dal telescopio Euclid». Con strumenti di questo tipo, aggiunge Peletier, «saremo capaci di risolvere le singole stelle sia dentro che in prossimità delle correnti stellari».
Soprattutto, l’utilizzo di questi telescopi potrà fornire nuove informazioni sulla materia oscura presente in queste strutture, la cui natura rimane ancora avvolta nel mistero.
Fonte: Media INAF