Com’è ben noto l’asteroide near-Earth (3200) Phaethon ricade nella categoria degli asteroidi attivi, una classe eterogenea di asteroidi che non sono comete “classiche”, ma da cui viene emessa materia nello spazio in modo episodico. Phaethon è un asteroide di circa 5 km di diametro che percorre un’orbita inclinata di 22° sul piano dell’eclittica con perielio a 0,14 au e afelio a 2,4 au (dove au sta per unità astronomiche). Come hanno dimostrato le immagini del Solar Terrestrial Relations Observatory (Stereo) riprese nel 2009, l’asteroide è attivo solo quando si trova in prossimità del perielio, a circa 21 milioni di km dal Sole: in questa circostanza aumenta la propria luminosità in modo anomalo per un paio di giorni. Successivamente fu scoperta anche la presenza di una tenue coda. Dopo la scoperta della coda si pensava che fosse composta da polveri, ma analizzando le osservazioni di Stereo del 2022 si è scoperto essere composta per lo più di sodio. In ogni caso, per via della similitudine orbitale, Phaethon era ritenuto già da Wipple fin dal 1983 il corpo progenitore della corrente di meteoroidi responsabile dello sciame delle Geminidi, che ha il suo massimo il 14 dicembre di ogni anno. La scoperta diretta dell’attività superficiale dell’asteroide non ha fatto altro che rafforzare questa connessione.
Ci sono diversi meccanismi fisici che possono essere invocati per spiegare l’attività di Phaethon. In passato sono stati esaminati gli effetti delle temperature estreme che l’asteroide sperimenta al perielio, con valori che possono raggiungere i 1000 K. Questi studi avevano mostrato che il ciclo dell’escursione termica può frammentare i massi superficiali dell’asteroide che diventerebbero così una sorgente di polvere e detriti che potrebbero essere espulsi dalla superficie alimentando il flusso di meteoroidi associato. Per via di questa attività peculiare si considerava Phaethon come una “cometa di roccia”. Tuttavia, è improbabile che la sola fratturazione termica produca un’accelerazione sufficiente per consentire a polvere e frammenti di superare la velocità di fuga e abbandonare Phaethon. Nel 2021 fu pubblicato un paper che considerava il sodio come l’elemento responsabile dell’attività di Phaethon. L’idea di base è che la sublimazione del sodio presente nella matrice rocciosa del corpo faccia un po’ le veci del vapore d’acqua in una cometa tradizionale. Questo meccanismo spiegherebbe anche il motivo della scarsità di sodio nelle meteore delle Geminidi: il sodio verrebbe perso nello spazio permettendo a polvere e frammenti di lasciare la superficie dell’asteroide. La scoperta che la coda sviluppata da Phaethon al perielio è composta per lo più di sodio neutro avvalora questa ipotesi.
Per cercare di capire meglio quali meccanismi possano essere all’opera su Phaethon per giustificare l’espulsione di meteoroidi nello spazio, ricercatori dell’Università di Helsinki hanno cercato di determinarne la composizione della superficie, confrontandone lo spettro con quello di meteoriti note. Phaethon ha un’albedo geometrica piuttosto bassa e appartiene al tipo tassonomico B, compatibile con quello delle meteoriti del tipo condrite carbonacea: si tratta di meteoriti che non hanno subito processi di metamorfosi importanti a partire dalla loro formazione, contengono una miscela di condrule e sono chimicamente primitive. Le condriti carbonacee costituiscono meno del 5 per cento di tutti le meteoriti conosciute e sono classificate in almeno otto gruppi petrologici, in base alle loro proprietà mineralogiche, di composizione elementare e isotopiche. Purtroppo non ci sono bande di assorbimento notevoli nello spettro di riflettanza nell’ottico o nel vicino infrarosso di Phaethon che possano essere associati a dei composti, e questo è un ostacolo per l’identificazione della mineralogia superficiale. La situazione cambia se si considera lo spettro di emissione nel medio infrarosso: per questo i ricercatori hanno utilizzato i dati raccolti nel passato dallo Spitzer Space Telescope.
Fra le meteoriti del tipo condrite carbonacea confrontate con Phaethon, quelle che hanno la maggiore somiglianza con lo spettro di emissione nel medio infrarosso dell’asteroide sono le CY. Si tratta di meteoriti che hanno subito un’alterazione a causa della presenza di acqua. Oltre all’alterazione acquosa, queste meteoriti registrano anche uno o più eventi metamorfici termici con temperature elevate che hanno disidratato i fillosilicati, causato la ricristallizzazione dell’olivina e fuso i solfuri di ferro. Nel caso di Phaethon il best match si ha con meteoriti CY che hanno subito un metamorfismo con temperature comprese fra 770 K e 1020 K: la temperatura d’alterazione di queste meteoriti appare compatibile con quelle che sperimenta Phaethon durante il passaggio al perielio. Questa stretta somiglianza con le CY ha eliminato altri meteoriti candidate a “parenti”, come le CK e le CV che erano state proposte in lavori precedenti da altri ricercatori. Con queste informazioni è stato possibile modellare lo spettro di best-fit in emissione nel medio infrarosso di Phaethon usando una miscela di olivina ricca di magnesio per il 36,5 per cento, troilite (solfuro di ferro) per il 41,8 per cento, calcite (carbonato di calcio) e magnesite (carbonato di magnesio) per un complessivo 7 per cento, infine alcuni idrossidi. Usando un modello termofisico sviluppato dagli stessi autori in una ricerca precedente e tenendo conto del periodo di rotazione di Phaethon (circa 3,60 ore), è stato possibile calcolare le temperature sia in superficie, sia sotto di essa, per stimare i tassi delle reazioni di decomposizione dei minerali di Phaethon, precursori delle CY. Tutto questo al variare della latitudine sull’asteroide.
Alle temperature simili a quelle che sperimenta Phaethon quando passa al perielio, i carbonati producono anidride carbonica, i fillosilicati rilasciano vapore acqueo e i solfuri gas di zolfo. Dato che le reazioni di decomposizione avvengono a temperature leggermente diverse, il sottosuolo di Phethon potrebbe essere costituito da diversi strati fatti di materiale che ha subito vari stadi di riscaldamento. Il gas prodotto dalle varie reazioni di decomposizione può interagire con il materiale solido e formare minerali esotici. Facendosi strada fino in superficie attraverso crepe nelle rocce, questi getti di gas sarebbero in grado di espellere piccoli meteoroidi nello spazio, aiutati anche dalla fratturazione termica, creando così la corrente di meteoroidi delle Geminidi.
E il sodio che ruolo ha in tutto questo? Secondo gli autori dello studio, ipotizzando che la polvere non sia davvero responsabile dell’attività di Phaethon, l’aumento della luminosità e la formazione della coda al perielio sarebbero dovute all’emissione delle righe proibite a 630 nm e a 636 nm dell’ossigeno causato dalla fotodissociazione del vapore acqueo e dell’anidride carbonica emessi dalla superficie. In pratica, secondo gli autori, al perielio l’emissione a 589 nm del sodio neutro sarebbe secondaria, mentre prevarrebbe l’emissione di due righe proibite dell’ossigeno con lunghezza d’onda molto simile. In base alle stime del modello termofisico, su tutta la superficie di Phaethon, il tasso di produzione di gas arriverebbe a 1032 – 1034 mol/s, ossia diversi ordini di grandezza maggiori del tasso di produzione del sodio.
Gli autori ritengono che l’unico meccanismo in grado di spiegare la presenza di un flusso di meteoroidi associati a Phaethon sia l’espulsione della polvere attraverso la produzione di gas da decomposizione termica. In questo scenario il ruolo del sodio verrebbe parecchio ridimensionato, tornando quindi ad uno schema più “classico”. Come stanno realmente le cose? Probabilmente ce lo dirà la missione spaziale Destiny+ (Demonstration and Experiment of Space Technology for INterplanetary voYage with Phaethon fLyby and dUst Science), che verrà lanciata dalla Jaxa (l’agenzia spaziale giapponese) nel 2025 con lo scopo principale di scoprire il meccanismo di emissione di meteoroidi di Phaethon.
Fonte: Media INAF